-Capitolo 55-

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Pov. Alan

Era stata la notte più perfetta dell'universo. Ci eravamo fusi nuovamente in una cosa sola. Era stato ancora più intenso, più profondo. Speravo che il sentimento che contenevo dentro, le fosse arrivato e l'avesse avvolta totalmente. Le sue pupille celesti splendenti, avevano preso varie sfumature sul blu cobalto, persa in un mondo fatto di noi.
Per quanto non avessi voluto farlo, per quanto avrei voluto respingerla, perché dovevo, ormai era fatta. Mi ero ricongiunto con la mia Krys, perché dentro di lei c'era sempre, e come stanotte ne avevo avuto la conferma. Ero stato drogato di nuovo del suo sapore di donna, e l'amavo da impazzire.
L'unico pensiero che mi logorava e mi stringeva il petto in una morsa talmente forte da ridurlo in polvere da sparo, era ciò che la strega mi aveva detto, piombando in casa mia due giorni fa.

-Flashback due giorni prima-

Tentavo in ogni modo di non pensarla, ma ogni volta era sempre così presente. Tenerla a distanza stava uccidendo lentamente la mia anima, la annientava, il mostro che abitava dentro di me, se ne stava nutrendo, deperendomi pezzo dopo pezzo.
Mi dedicavo solo al lavoro, rimanevo in ufficio fino a notte fonda, ed il cibo non era più una soluzione. Mangiavo per inerzia. Lavoravo per inerzia. L'unica cosa che mi faceva stare bene era quando mi perdevo dentro ai miei ricordi, liberandomi con il cazzo teso e pulsante, nel pensiero di lei, e della sua fessura stretta intorno alla mia asta che esplodeva. Mi nutrivo dei suoi seni rotondi, pensando a quanto avessi amato leccare quei capezzoli piccoli e turgidi, e quanto fosse fresca dolce e salata al contempo.

Ero fermo davanti alla vetrata del salotto, ad ammirare il giardino, dove i fiori erano tutti sbocciati, potendone sentire l'odore che sprigionavano, di varie fragranze che si mescolavano, divenendo un tutt'uno.

Finché non sentii il pomello d'ottone, essere sbattuto con veemenza, contro la porta bianca.
Mi girai di scatto, come un soldato pronto alla guerra, e pronto alla notizia che lo avrebbe annientato interiormente.
La forza fisica non sopra vale mai quella mentale.
Mi avviai a lunghi passi ben distesi, verso l'androne, aprendo con un cigolio la porta bianca, rivelando il volto di Miranda, con le rughe che incorniciavano la sua età palese, ed una postura stizzita ma anche vittoriosa. Non perdeva mai quell'aura machiavellica e di malvagità. Era una donna spregevole, e lo sapevo fin troppo bene.

Portai il palmo sullo stipite della porta, con un tonfo sordo, ed esalare un respiro che mi avrebbe restituito il normale flusso del sangue, che sembrava stato messo in freezer.
Ma prima di parlare, come sempre mi anticipo la sua voce derisoria.
"Alan. Allora é andato bene il vostro viaggetto da innamorati?" Domandò sarcastica, innalzando il sopracciglio scuro, e superarmi sfiorandomi la spalla, senza aver avuto il mio invito, e gettò come una pezza vecchia, la borsa sul divano, facendo oscillare con rumori sconnessi gli oggetti all'interno.

Chiusi la porta con un'enfasi, da produrre un rumore secco e forte, e la maniglia sarebbe rimasta nella mia mano, se avessi rafforzato la presa maggiormente.
"Cosa sei venuta a fare?" Le chiesi aspro il vero punto, sorvolando sul suo sarcasmo di Merda. Sapeva che amavo Krys e sapeva che mi sarei ripreso Hope, anche al costo di farmi odiare per sempre.

Camminai verso il salotto, vedendola tranquilla ed a suo agio, avviandosi verso la credenza, per riempirsi un bicchierino di cristallo, con del vermut.
"Credo tu lo sappia bene" mi squadrò saccente, dando un sorso di quel liquido amaro come lei.

Abbassai il mento, per nascondere un sorriso di pura ira, per tornare tronfio su di lei, che sorseggiava ancora tranquilla, come se niente fosse, ma anzi, mise le braccia conserte, aspettando che le dicessi la sua motivazione.
"Non è qui con me, se è ciò che vuoi sapere. La vedrai a breve come ti avevo promesso" le spiegai asettico, passandomi una mano sul volto stanco, ed ero sicuro che i cerchi violacei, appena accennati sotto la rima cigliare, non nascondevano che il sonno non era più mio amico da un po'.

Sentii i passi sostenuto dei suoi tacchi, riecheggiare sul pavimento lucido, poggiando successivamente con veemenza il bicchierino di cristallo, sul tavolino da caffè.
"Ti ho lasciato una settimana, e tu ora mi vieni a dire questo? Sai Alan, non erano questi i patti. Ma se ti sei divertito per quei miseri giorni, posso capire che ti sia passato di mente, ma vedi..." si fermò un attimo, con la voce di chi nascondeva malignità, che sperperava con un dosaggio preciso, e sentivo il cuore iniziare a scalpitare per le parole velenose che tra poco mi avrebbero infettato gli organi.
"C'è una cosa che devi sapere...ma mi piace pensare di tenerti sulle spine..." le andai incontro senza farle finire i suoi trabocchetti, prendendola con forza per le spalle ed attaccandola al muro freddo, con la carta da parati verde bottiglia, portando l'avambraccio sotto il suo mento, come a bloccarla.
Vedevo i suoi occhi non perdere un attimo, quella luce di tenebra, e neanche il divertimento nel vedermi pieno d'ira, gli
occhi iniettati di sangue, e la voglia di soffocarla con le mani che tremavano e prudevano.
Strinsi un attimo gli occhi, scacciando via l'animale assetato di sangue, che stava correndo veloce dentro il mio corpo, lasciando irrazionalità.

"B...ra...vo. P...e...nsi, di ri...sol...vere, qua...lcosa" tentò di parlare con voce mozzata, vedendola innalzare di più il mento, come a sfidarmi anche se era inchiodata al muro, io ero inchiodato da qualcosa di più importante, e sapeva di tenermi in pugno. 
La guardai avvertendo le labbra che tremavano, da quanto erano strette tra loro, e gli occhi ancora spiritati, dove le pupille e le iridi, avevano formato un ammasso. Finché non rilasciai la presa, facendo tornare il mio braccio che pulsava ancora, lungo il fianco.

"Pensi d'incastrarmi con le tue frasi fatte a metà?" Le sputai in faccia burbero quelle parole, vedendola aggiustarsi il golf bordeaux, e vacillare con i suoi ricci neri.

"No. So però che mi darai ciò che mi spetta, tra due giorni. Non uno in più non uno in meno. E ti prometto che finirò la frase che tanto aspetti" terminò l'affermazione, con un tono che non mi piaceva. Un tono di chi sapeva che mi avrebbe distrutto, ma confidavo in una speranza che speravo di avere ancora.
"Non sperare troppo Alan" aggiunse sicura, prima di aggiustarsi la borsa sulla spalla e chiudere con un tonfo netto, la porta dietro le sue spalle.
Mi sarei ripreso Hope, e gliel'avrei dimostrato che sarebbe tornata da me. Perché solo io la conoscevo veramente, solo io sapevo tutto di lei. Solo io riuscivo ad accenderla, perché lei era la mia luce.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora