-Capitolo 53-

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Quanti potrebbero controllare e monopolizzare il battito cardiaco?! Nessuno. Ed era così in quel momento. Non riuscivo a far decrescere quel battito furioso e prepotente, che riscuoteva il mio corpo, preso da singhiozzi incessanti. Le lacrime salate bagnavano il mio volto, nel quale il trucco era divenuto solo acqua mischiata a lacrime gocciolanti.
Era lui che mi aveva salvata. Forse era frutto di una mia immaginazione, plasmata dal mio cervello infetto da cose non vere, ma la pazzia non si allontana così tanto dalla realtà.
Sferzavo nel buio, sentendo le gomme filare lisce sull'asfalto ruvido, illuminato dai lampioni che costeggiavano la lunga strada. Poche macchine a riempirla, per un'orario come quello. E contro ogni logica, contro il fatto che forse non sarei dovuta andare, la mia mano, cambiava marcia senza dar peso al cervello, che intanto si faceva il suo monologo, come un foglio con scritto le battute da recitare, ma saprai che comunque improvviserai alla fine.

Abbassai lentamente il finestrino dell'auto, lasciando entrare quel refolo di vento, per sentire quella lieve pelle d'oca addosso, che adesso esigevo.
Le gambe sudavano sul sedile di pelle, mentre il piede era frenetico di schiacciare con più veemenza il pedale dell'acceleratore. Non voleva perdere tempo, anche se io ne avevo bisogno, ma i suoi occhi mi stavano tenendo compagnia in maniera assidua.
Cosa avrei detto a Simon? Non lo sapevo, ma dovevo togliermi il dubbio che non fossi così soggiogata mentalmente.
Ogni chilometro che superavo sulla lancetta, indicava fastidiosamente, per la quiete che c'era nell'abitacolo, che mi avvicinavo a lui. A quegli occhi che avevano saputo rubarmi così bene l'anima e a far scalpitare il mio cuore, tanto da poter credere che uscisse dal petto, e si unisse al suo così bene, come una cosa sola. Oscura e pura al tempo stesso. Due parti opposte, due medaglie diverse, nel quale il bianco ed il nero s'incontrano sempre.

Avevo mandato frettolosamente, un messaggio vocale a Joy, dicendole di dirgli a Simon che sarei rimasta a casa sua a dormire, per spiegarle il mio improvvisi sbalzo d'umore, e che avevo il telefono scarico. Infatti lo spensi dopo la sua risposta positiva, sul non preoccuparmi, seguita da -Anche Kevin pensa che stai facendo la cosa giusta- ed era anche lui affetto da una grave forma di bipolarismo.

Sentii il cuore emettere due battiti consecutivi, e fermarsi un attimo come se avessi avuto un soffio al cuore, per poi ripartire di nuovo, quando focalizzai meglio la strada, che per tutto il tragitto era sfocata dai miei occhi bagnati, e dal vetro dove le gocce di pioggia, cadevano ritmiche ed incessanti, come rumore di sassolini che picchiavano forte.
Guardai il cancello in ferro aperto. Forse si aspettava il mio arrivo, o forse lo lasciava aperto come lui, ma per quanto fosse aperto non potevi arrivare dentro se non superavi la porta e i segreti che celava all'interno.
Era questo che mi affascinava di Alan. Sentirmi così unita con uno con cui non avevo nulla da spartire, ma legata con un acciaio inossidabile.

Sostai la macchina nel vialetto ghiaioso, dove le ruote stridettero appena, come inceppate nelle sabbie mobili.
Aprii lo sportello di fretta, senza curarmi del mio look ormai andato a farsi benedire. Non m'importava del trucco a chiazze, se sotto gli occhi avevo la matita ed il rimmel colato, sembrando che mi avessero tirato cazzotti ben assestati. Ciò che importava era guardarlo in quegli occhi di mille sfaccettature, e vedere, senza anche l'uso di parole, che ciò che mi logorava dentro era solo la pura verità.

Mi piantai con i tacchi sulla ghiaia scricchiolante, chiudendo lo sportello dietro di me, ed infilare le chiavi nella pochette, che richiusi, tenendola saldamente nella mano sudaticcia.
La pioggia scendeva fitta su di me, ma non me ne curavo, non sentivo neanche quanto potesse essere fresca, poiché il mio cuore era più freddo, ed aveva bisogno del suo calore, anche se non dovevo.
Guardai l'immensa villa, ed il profumo dei fiori ampliato dall'odore della pioggia, ad assalirmi i sensi che si stavano accendendo, come quei fari nel giardino. L'unica cosa che illuminava la casa.
Socchiusi le palpebre, un attimo, esalando un respiro profondo, talmente tanto da sentire il
corpo svuotarsi di quell'ossigeno.
Presi il coraggio che non avevo più, ora difronte a questa villa, dove all'interno si trovava l'uomo del mistero, e mi incamminai fino alla scalinata.
Mi sembrava ripetere la stessa scena, quando venni la seconda volta qui.
Creavo monologhi, convinta, poi ci ripensavo e tornavo indietro, e mi sentivo stupida e una perfetta rintronata. Ma ora era diverso, ora sapevo che gli appartenevo in un modo malato ed insensato. Ma questo corpo che ora era preso da spasmi, fremeva solo al pensiero di un suo tocco leggero.
Chiusi la mano libera, in un pugno debole, ma da sentire le unghia infilarsi nel palmo, e l'alzai, dando un primo tonfo.
Mi morsi il labbro fortemente, mentre mi davo della stupida mentale. Potevo tenermi i pensieri, ma non riuscivo, lo volevo, lo bramavo.
Gettai un'occhiata alla pochette, finché non sentii il cigolio tenue, della porta aprirsi lentamente, quasi estenuante, ed alzai lo sguardo ancora appena appannato, verso di lui.
Mi fissò imbambolato ed inebetito, come se avesse visto un'allucinazione. Scivolando con lo sguardo magnetico ed intrigante, lungo il mio corpo che entrava in connessione con la sua sfumatura argento. La barba più incolta e trasandata, i capelli pece scompigliati, come se non avesse fatto altro che torturarseli per una settimana. Aveva solo un pantalone nero della tuta addosso, con il cavallo basso, ed il suo torace scolpito dove le linee degli addominali erano sempre così perfettamente ricalcate, tanto da sentire già la mia intimità accendersi di quella fiammella che solo lui poteva spegnere.
Non credo sia il momento per certi pensieri, mia cara Hope!
Mi ridestai scuotendo la testa, per eliminare anche la mia vocina interiore, che mi riprendeva puntualmente, finché non sentii il suo respiro farsi corto e pesante, e la sua bocca carnosa, emettere uno sbuffo incredulo.
"Ho...Hope, ma che..." non lo lascia terminare, con il suo tono rauco e sorpreso, che mi era mancato come linfa vitale, ed aprii la pochette con prepotenza, tirando fuori il biglietto ripiegato accuratamente, che spiegazzai come una forsennata, sventolandoglielo sotto gli occhi, vedendolo innalzare un sopracciglio. Finché non lo prese, allungando le sue dita, e sfiorando involontariamente i miei polpastrelli, che avvertirono quella scossa, incatenando i nostri occhi in quell'esatto momento. Come a dirmi che anche lui l'aveva sentita, nonostante i suoi occhi di ghiaccio ora erano argentei ma spenti, solo una piccola pagliuzza dorata, faceva da scintillio. Forse gli ero mancata, ma non m'importava della pioggia che scendeva furente addosso a me, bagnandomi totalmente, tanto da avere i capelli appiccicati sulla fronte e sulle spalle esili, ed il vestito come una seconda pelle, mettendo in risalto le mie curve.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora