-Capitolo 19-

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Tornammo a casa, lasciando quella villa dietro le nostre spalle. Lasciando i segreti lontano ad ogni sfregamento delle ruote sull'asfalto ruvido. I suoi occhi di ghiaccio che splendevano grazie alla luna, qualcosa che incantava, e metteva soggezione. Lui riusciva a farmi confondere. Da quando era apparso nella mia monotonia tranquilla, stava sconvolgendo tutto. Ribaltava le carte in tavola. Mi sentivo alla sua mercé, ma non lo ero. Convincendomi di qualcosa in cui non ero pienamente sicura.

Il tragitto in macchina fu tranquillo. Ogni tanto sentivo gli sguardi di Miranda addosso a me. Forse mi aveva visto? La paura si stagliava addosso a me, come quelle onde che si adagiavano deboli sulla spiaggia.

Simon manteneva il suo sorriso fiero e soddisfatto, i tratti del volto rilassati.
Lasciò la macchina davanti al Garage, aprendo la porta per lasciarci entrare, e richiuderla debolmente alle sue spalle con un giro secco di mandata.
Guardai Miranda salire le scale confidandoci che sarebbe andata a coricarsi, stanca della serata, mentre si sfilava l'orecchino a pendolo smeraldo.

Entrai in camera, poggiandomi sul letto che cigolò appena, ed il materasso affondò sul mio lato sinistro, chinandomi per togliere la cavigliera delle scarpe.
"Una bella serata. Non trovi?" Alzai lo sguardo, vedendo Simon allentarsi con la mano destra il nodo della cravatta, chiudendo la porta con un tonfo dolce, quasi uno stridulo appena percettibile.

Ingoiai la saliva che sembrava venire a mancare, annuendo. Rivivevo le scene di noi due. Le sue parole taglienti. Mi erano arrivate come un treno ad alta velocità che si scontrava prepotente contro il mio cuore, ed il respiro mancava, quasi come in piena apnea. Ma lui non doveva interessarmi. Avevo il mio futuro marito nella stanza. Allora perché sentivo il cuore indolenzito?! Dovevo smetterla di pensarlo. Era come una dipendenza. I suoi occhi mi soggiogavano.
Mi sentivo come se mi spacciassi per un'altra persona. Divisa in due mondi diversi. Con carattere differenti. Era possibile una cosa simile? Sentire un groviglio ammucchiato nello stomaco, impossibile da districare, come nodi che fanno male se cerchi di snodare?! Le mie domande non avevano risposte, e forse non combattevo abbastanza per averle.

Lo guardai sfilarsi la giacca, e ripiegarla con una cura quasi inaudita, sulla spalliera della poltrona verde bottiglia in pelle. Il modo di togliersi i bottoni perlati dalle asole piccole, senza fretta. Ogni minimo dettaglio curato. Il cinturino di cuoio dell'orologio sul polso, mentre quello affisso sulla parete bianca, ticchettava ritmicamente e fastidiosamente i secondi, scandendolo e rendendomi la testa zuppa di pensieri.

"Qualcosa ti turba?" Mi domandò carezzevole, mentre lasciai il vestito cadere a terra, quanto i suoi occhi che m'ispezionavano la lingerie bianca di pizzo.

Scossi la testa come a dissentire, sentendo i capelli solleticarmi le spalle dolcemente.
"Niente che non va" affermai con un tono esile, titubante in alcune vocali, che non percepì per mia immensa fortuna.

La luce della casa difronte a noi e dei lampioni, si stagliò contro il vetro, infiltrandosi senza permesso, rendendo tutto più scuro.
Si avvicinò a me, poggiando un palmo aperto sul mio viso, per guardarmi negli occhi.
"Te l'ho già detto che sei bellissima?" Rivelò vibrante, disegnando tenere carezze con il pollice sul mio zigomo pronunciato.

"Me lo ricordi tutti i giorni" confessai con la gola arida. Le parole sembravano venirmi a mancare, e s'impastavano. Perché ero una traditrice. E ciò non sarebbe cambiato. Perché le dita squadrate, le sue mani grandi ruvidi e virili, le volevo sentire scorrere sul mio corpo nudo. Mentre quelle di Simon erano così lisce. Diverse.

"Non abbastanza per essere mia per sempre" ammise più vigoroso e con un tono grave, scendendo con la mano verso la spallina del mio reggiseno a balconcino, tirandola giù delicatamente.

"Simo..." non terminai che mi poggiò l'indice sulle labbra schiuse.

"Hope so di non essere perfetto, so che non ti rendo felice come vorresti ma..." non lo lasciai finire io stavolta. Mi sentivo davvero uno schifo. Allacciai le braccia intorno al suo collo, tirandolo verso di me.
Guardai le sue labbra ed i suoi occhi divenire più scuri, mentre con la mano mi slacciò il reggiseno, che cadde a terra in mezzo si nostri corpi vicini. Mi fece retrocedere, andando a finire delicatamente distesa sul letto, con il suo corpo sopra il mio, mantenendosi con i palmi puntati contro il materasso che affondò e cigolò leggermente.

"Ti amo" soffiò dolcemente e con tono basso quella parola che poteva farmi esultare e far fuoriuscire il cuore dal petto, ed invece mi causava solo un piccolo fremito e niente di più. Ma lui era l'uomo che sapeva amarmi. Avevo bisogno di lui. Era una certezza su mille punti interrogativi che mi accerchiavano.

"An...anche io" deglutii prima di rispondere con la voce smorzata, e chinandosi prese dolcemente possesso delle mie labbra. Le lingue si scontrarono amabilmente, mentre si tirò appena su sganciandosi la patta dei pantaloni sartoriali, e calarseli.

Arretrai nel letto, vedendo il lenzuolo formare pieghe come quelle onde basse. Le sue mani presero i lembi delle mutandine, sfilandole piano, per gettarle a terra. Finché non salì di nuovo sopra di me, portando entrambe le mani sul mio volto e tirandomi indietro alcune ciocche di capelli finite sul collo e sulla fronte, riprendendo a baciarmi. Sentii il glande richiedere accesso tra le mie labbra tremanti, ed indurirsi di più, fino a scivolare dentro di me in modo delicato senza farmi male.
Ansimai appena mentre i suoi gemiti deboli divennero più graffianti, sentendo i suoi baci farsi più urgenti.

Spingeva più forte dentro di me, e per una volta accantonai i pensieri, spegnendo il cervello dove lampeggiava una A.
Per quanto ci provassi, conficcai le unghia nelle spalle di Simon, immaginandomi lui sopra di me. Lui che mi mordeva il collo, che spingeva affondo, lasciandomi elevare ansimi più spossanti. I suoi occhi ghiaccio tra le mie gambe, con il suo sorriso incurvato e di pura soddisfazione. Le sue dita abili. Il modo di tenere la sigaretta e lasciarla scivolare tra quelle labbra carnose. Al solo pensiero morsi istintivamente quello inferiore di Simon che gemette, apprezzando il mio gesto.

Ed ero certa che di Alan non mi sarei liberata. Ero certa che si stava espandendo come una macchia d'olio, dentro di me. Mi bruciava le vene. Dovevo sapere chi era davvero. Cosa voleva da me. Ed avrei trovato ogni maniera. Perché i suoi occhi infestavano i miei sogni, come allucinazioni spaventose. E riuscivano a travolgere il mio corpo di un orgasmo appagante.

Guardai Simon tremare piano, accasciandosi su di me, mentre sentii i nostri respiri in affanno. Mi sentivo così persa. Preda di un cacciatore sconosciuto.
E il sorriso di Simon così sincero mi convinceva che quella sbagliata ero io. Che avrei giocato, ma nel totale silenzio.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora