Capitolo 49

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Edward
Novembre? Davvero?
-Ah.- La sento sospirare e le stringo più forte la mano. Non posso credere che abbia trascorso tutto questo tempo senza viverlo davvero.
-Ripeto, la mia proposta è ancora valida.-
-Ok amore, ma non sono più incinta, quale sarebbe il motivo per cui dovrei trasferirmi da te se mia madre non sa nulla di quello che ho passato?-
-Diglielo.- Si gira di scatto verso di me e spalanca gli occhi.
-Cosa ti risponderebbe? Che siamo stati imprudenti? E poi? Cosa ti potrebbe mai dire se lo hai anche perso? Dille la verità.- Abbassa lo sguardo puntandolo sulle sue scarpe.
-E come glielo dovrei dire? Sai mamma, fino a due mesi fa, che tra parentesi mi sono sembrati meno di tre settimane, ero incinta ma la gravidanza era comunque a rischio perché non mangio decentemente da sei anni dal momento che non mi trovo a mio agio con il mio corpo. Poi, però, il destino ha voluto che incontrassi la causa dei miei problemi proprio quando ero appena entrata al secondo mese di gravidanza e, chiaramente, come una grandissima cogliona sono svenuta e ho perso il bambino. Ora, non è che posso trasferirmi a cinque ore di distanza, così che possa cercare di riprendermi?- Sputa di getto sussurrando le parole con disprezzo mentre trattiene a fatica le lacrime. Le metto una mano sulla schiena e l'attiro a me in un abbraccio.
-Io voglio ritornare a stare con te tutti i giorni perché ho bisogno di te, ho bisogno dei nostri abbracci e dei nostri baci. Sento che mi sto perdendo un'altra volta, sto di nuovo cadendo, e non voglio passare altre giornate senza rendermene conto.- I suoi singhiozzi mi fanno capire che forse ha bisogno anche di altri aiuti per il suo problema con il cibo. Forse non sono io la persona più indicata per farla stare meglio se è di nuovo in questo stato. Mi siedo sulla prima panchina libera e la faccio sedere sulle mie gambe.
-Addy, trasferimento a parte, perché non inizi a parlarne con tua madre? Potrebbe esserti d'aiuto più di quanto non lo sia io per te.- Incastro le mie mani con le sue mentre parlo.
-La conosco, risolverebbe tutto portandomi da uno psicologo e non voglio che tutti sappiano di... quella cosa.-
-Ma forse sarebbe la soluzione migliore.- Cerca di alzarsi ma stringo la presa sulle sue mani e contino.
-Aspetta, non sto dicendo che hai bisogno di uno psicologo, semplicemente hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti.-
-È la stessa cosa.- I suoi occhi diventano visibilmente lucidi.
-No, assolutamente. Non deve essere per forza uno psicologo, basta che sia una persona adulta che possa darti consigli, per questo dicevo di dirlo a tua madre.- Non mi risponde e non mi guarda, ha gli occhi puntati verso la strada piena di passanti.
-Non lo so...- il suo sguardo è ancora perso e il tono di voce è debole.
-Tranquilla, hai tutto il tempo per pensarci. Qualunque cosa sceglierai, ricordati che ci sono io qui con te.- Mi guarda negli occhi e sorride.
-Grazie, grazie perché tu ci sei sempre quando ne ho bisogno. Sei il ragazzo migliore che avessi mai potuto avere.- Poggio le mie labbra sulle sue, dando inizio ad un bacio lento e pieno d'amore. Dopo un paio d'ore torniamo a casa di Addy per il pranzo e saliamo in camera della mia ragazza in attesa che sua madre ci chiami per dirci che è pronto. La stanza è completamente buia perché le tende coprono le finestre, per il resto sembra che non ci abiti nessuno perché è completamente in ordine, pulita e non c'è nulla fuori posto. Addy si avvicina alle finestre tirando via le tende e facendo entrare luce nella stanza. Sul letto c'è il pinguino gigante con un cappellino e un paio di occhiali da sole. Lo prendo in mano e la guardo interrogativa ma lei scoppia a ridere aprendo un cassetto del comodino. Svuota sul letto il contenuto e lo richiude.
-July ha detto che questi vestiti delle bambole sono tutti suoi e ogni giorno viene in camera per cambiarglieli. Evidentemente è salita quando noi stavamo fuori.- Sorrido rileggendo la scritta sulla maglietta. Ci ho pensato per ore prima di dare la risposta definitiva alla madre di Brad.
-Ehi, questa sera usciamo con i ragazzi?- Annuisce mentre le si illuminano gli occhi.
-Certo.- Si siede a cavalcioni sulle mie gambe e mi bacia senza nessun avviso. Le mie mani si posano sui suoi fianchi coperti dal tessuto della maglietta che faccio salire sempre di più. Se la toglie velocemente rimanendo con una canottiera scollatissima. Mi fa stendere mettendosi su di me e l'erezione nei pantaloni inizia a farsi vedere e sentire. Sorride e iniziamo a spogliarci con una lentezza estrema, troppo presi a baciarci e a toccarci.
-Ragazzi il pranzo è pronto tra dieci minuti. Vi aspetto in tavola.- Anne bussa alla porta e il suono della sua voce mi riporta alla realtà. Mi stacco dalla mia ragazza che ha una faccia scocciata e mi affretto a risponderle con un 'Scendiamo subito'.
-Mi ero dimenticata che hai paura di mia madre.- Ride sistemandosi la canottiera dopo avermi dato un ultimo bacio.
-No, è che non voglio farle una brutta impressione.-
-Ma se ti conosce da anni! Che impressione dovresti darle?- La sua risata aumenta mentre cerco di cambiare discorso chiedendole perché ha un termometro spezzato proprio vicino al cestino su cui mi è caduto l'occhio.
-Cosa? No, lascia stare... mia, ehm, mia sorella ha calpestato il te... il... il termometro mentre stava per terra.- Il suo viso è completamente rosso e cerca di non darlo a vedere piegandosi per mettersi le scarpe.

Addison
Porca miseria, era un test di gravidanza non un termometro.
-Andiamo?- Mi affretto ad arrivare al cestino per farlo sparire. Guarda ogni mio gesto e si avvicina verso di me quando lo prendo da terra.
-Andiamo.-
-Un attimo che lo butto... in bagno.- Apro velocemente la porta
-Perché? C'è un cestino proprio qui.- Mi prende il braccio e avvicina la mano a lui. Stringo la presa ma la apro di scatto quando sento un pezzetto di plastica che mi punge la mano. Lascio cadere i pezzi per terra mentre cerco un fazzoletto per togliere il poco sangue che è uscito dalla ferita.
-Perché? Sapevi già di averlo perso. Perché lo hai fatto?- Il suo tono è piatto e non trasmette niente di positivo. Non rispondo e gli tolgo dalle mani il test per poi buttarlo nel cestino del bagno ma non prima di averlo avvolto con la carta igienica.
-Non lo so, è che ormai mi ero quasi abituata all'idea di avere un figlio che ci ho messo un po' prima di realizzare di averlo perso definitivamente e volevo una conferma.- Non ho il coraggio di guardarlo in faccia, perché lo so che mi sono comportata da perfetta autolesionista considerando che quando ho visto la risposta negativa del test, sono stata ancora peggio. Cerco di uscire dalla stanza ma mi blocca un'altra volta e tira nuovamente il braccio verso di lui. Mi alza il mento in modo che lo guardi negli occhi ma continuo a non farlo.
-Ehi, perché non me lo hai detto?- Alzo le spalle mentre cerco di uscire ma ripete per la terza volta il gesto, questa volta più dolcemente.
-Ne parliamo più tardi?- Annuisco e scendiamo di sotto scusandoci per il ritardo. Nessuno dei due parla per tutta la durata del pasto se non per rispondere alle domande. Appena finito, l'impulso del vomito è forte ma non posso farlo un'altra volta davanti a lui. Devo cercare di resistere perché non ho per niente voglia di correre in bagno. Edward se ne deve essere accorto perché quando saliamo di sopra, si affretta a cercare il pacchetto di sigarette. Già, un metodo che abbiamo scoperto quest'estate è proprio quello di fumare dopo aver mangiato, è come se me lo facesse dimenticare.

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