Capitolo n°79

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" Ho creduto di poterla controllare, ma è sempre stata lei a controllare me. Lei e il dolore che causava sulla mia pelle, facendomi sentire bene dentro, anche se dentro avevo quel vuoto insaziabile, come la mia ossessione" cit. Alexis Potter

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Mi avvicino piano al piccolo oggetto sul ripiano sopra al lavandino e lo prendo in mano con cura, poggiando solo due dita sul manico rivestito in gomma celestina e blu. Non posso fare a meno di guardarlo attentamente, ma fa male, perché più lo guardo e più mi riaffondano dentro i ricordi. Fa male. Vorrei buttarla per terra, ma sono come attrata da questo piccolo oggetto.

«Ehi Jade, ma...» non mi ero accorta di aver lasciato la porta del bagno aperta. So benissimo che il suo sguardo è su di me, o meglio su quello che ho in mano. Respiro profondamente e mi giro verso di lui, non so che fare, so solo che volevo non averla mai presa in mano. I suoi occhi sono infuocati e fissa intensamente l'oggetto. È bloccato sulla soia della porta, non si muove.

«Jade, dimmi che non hai fatto esattamente niente con quella lametta. Ti prego.» Sposta lo sguardo su di me e capisco che mi sta del tutto pregando. Poggio lentamente la lametta sul piccolo ripiano rivestito di plastica bianca, e lo guardo negli occhi. Le sue iridi seguono ogni mio movimento e cerca di guardare miei polsi, ma non ci riesce.

«No Lou, non è successo niente, stavo solo ricordando...» Sussurro, guardandolo dritto negli occhi e avvicinandomi piano a lui e accarezzandogli la nuca. Abbassa lo sguardo e si passa freneticamente una mano sul viso.

«Ti prego, se qualcosa ti fa male, ti distrugge dentro o altro, parlamene, non ricorrere subito a...» non sa come spiegarlo. Ho capito cosa vuole dire, ma voglio sapere come lo vuole chiamare. «all'auto-distruzione, ti prego.» Le sue labbra si poggiano sulla pelle calda e bianca del mio collo.

I ricordi di quel giorno in cui lui mi scoprì a tagliarmi nella mia stanza mi tornarono in mente, ricordai come le sue braccia si stinsero attorno a me e come le sue parole risultavano ovattate dai mie singhiozzi strozzati, mi ricordo tutto, ogni singolo secondo occupa una parte minima della mia memoria.

«Certo Louis, puoi esserne.certo.» sorrido per la felicità. Mi piace tantissimo quanto si preoccupa per me, alcune volte mi sembra che lui sia mia nonna, quando piangevo diceva spesso queste cose, dopo avermi abbracciata e avermi sussurrato di calmarmi. Mi manca infinitamente, è stata una parte integrante della mia vita.«Stai bene a quanto vedo, ti reggi anche in piedi.» ridacchio, accorgendomi che è riuscito ad alzarsi dal letto.

«Beh, modestamente, io sono più forte di tutto e tutti.» si vanta, alzando la testa al soffitto e stringendo le braccia attorno alla mia vita, per attirarmi al suo petto, facendo aderire perfettamente il suo corpo al mio.

«Ti odio quando fai così...» brontolo, nascondendo il mio sorriso nel suo petto, muovendo lentamente la punta del naso sulla sua felpa. Profuma di cannella e muschio bianco, un mix perfettamente perfetto, così tanto da annebbiare i miei pensieri.

«Io me lo posso permettere.» dice accarezzandomi la guancia e lasciandomi un dolce bacio leggero sulla nuca e ridendo. Non posso fare a meno di ridere, senza alzare la testa del suo petto muscoloso.

Adoro questi momenti tra di noi. Adoro quando scherziamo così, perché mi fa sorridere e vedo che anche lui è contento. Molte volte mi chiedo cosa sono per lui, cosa siamo, cosa vorremmo essere un giorno e cosa eravamo prima, ma molte volte mi trattengo dal chiederglielo, non lo so, forse è perché ho paura che gli possa dare fastidio, che si allontani, non ne ho la minina idea, ma ho puara di qualcosa.

«Che mi stavi chiedendo prima?» chiedo, cercando di ritornare seria, senza grossi risultati, visto che non posso evitare il sorriso tendente alla risata, quando alzo lo sguardo, incastonando il mio sguardo con il suo.

Lui sembra rifletterci su, ma poi annuisce, ricordando cosa doveva chiedermi. Cerco di non concentrarmi troppo sul piccolo riflesso della luce nei suoi occhi azzurrini.

«Ah sì, volevo chiederti se dovevi venire a letto e dormire con me, oppure potevo addormentarmi da solo.» ridacchia e mi lascia due piccoli baci sullo zigomo sinistro.

Le parole "venire a letto e dormire con me" fanno un certo effetto uscite dalle sue labbra. Mi prendo un piccolo momento per facilitare la loro scorrevole passeggiata nella mia mente, provocandomi dei piccoli brividi sul corpo.

«Tu vai, io non ho fatto ancora niente.» sorrido, disegnando delle piccole circonferenze sul suo collo. Mi soffermo su un punto sul suo collo, dove riesco a sentire il sangue correre veloce.

«Va bene, ti aspetto.» mi dice, prima di chiudere la porta del bagno, divedendo i nostri corpi. Mi avvicino alla porta e poggio la fronte contro di essa, sospirando rumorosamente.

Ho sempre immaginato il mio ragazzo dolce, tranquillo, uno di quelli con cui passare giornate a giocare a scacchi o altre cose del genere, cose che non penso farò con Louis, almeno sotto certi aspetti, tipo giocare a scacchi. Non so cosa siamo io e lui, ma non solo amici, lo so. Lui mi ha fatto scoprire parti di me che neanche conoscevo.

-Louis' pov-

Mi stendo lentamente sul letto, osservando la luce fioca prodotta dal lampadario semplice sul soffitto. Sembro un fottuto depresso. Non posso evitare di ricordare le parole di Harry "Penso di essermi innamorato di lei" e della stupidissima scommessa che abbiamo fatto. Scommettere non è bello, ma scommettere sul sorriso di qualcuno è orrendo, è come se tu stessi decidendo per quella persona, facendola così diventare un burattino nelle tue mani.

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«Louis, mi fai spazio, per favore?» la sua voce sottile mi distrae dai miei pensieri. Sposto lo sguardo su di lei, squotendo la testa per liberarmi dai pensieri e annuisco mentre mi sposto sul fianco che possiamo definire sano.Il suo corpo si stende lentamente accanto al mio e incastra i nostri guardi. 

«Che succede, Jade?» le chiedo, spostandole una ciocca di capelli dietro all'orecchio e accarezzandole la guancia con il pollice. So che ha qualcosa, perché lei è decisamente e del tutto logorroica e ora è estremamente silenziosa.

La attiro più al mio petto e le lascio dei piccoli baci sui capelli. Le sue dita iniziano a giocare con i lacci del cappuccio della felpa. Mi sembra ancora più piccola e indifesa così. Penso di immaginare come si senta un padre mentre guarda la propria figlia stare male.

«Niente…tu ora sei stanco...» balbella, respirando profondamente. «… ed è ovvio che non vuoi parlarne…» sussurra. Ho capito dove vuole arrivare e, prendendo un respiro profondo, divido leggermente i nostri corpi per guardarla, ma lei non alza lo sguardo su di me.

«Poi vorrei sapere di un'infermiera che stava per piangere quando ha letto il tuo nome sulla cartella per la trasfusione.» Spalanco gli occhi. La bocca diventa improvvisamente secca e, per quanto cerchi di ingoiare la poca saliva, mi risulta impossibile.

Cazzo, sapevo che lavorava qui, ma non avevo proprio preso in considerazione che loro parlassero, ma anche solo che si incontrassero. Questo ospledale è enorme.

Rimango immobile, come atrofizzato a guardare il muro alla nostra destra.Voglio farla entrare del tutto nella mia vita? Se ne andrà? Avessi paura di me come le altre?

Ho paura, ho paura che dopo aver saputo tutto, lei se ne vada, lasciandomi da solo, che lei abbia paura di questo schifoso mostro che sono.

Brave - fight for You {#Watty2016} IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora