Capitolo n°88

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-Harry's pov-

La casa era silenziosa quando sono uscito da essa, troppo e in questi momenti mi mancano maggiormente i litigi tra Louis e Jade, ma soprattutto mi manca Louis. Ho bisogno di parlarli, voglio dirli che la scommessa è stata la cosa più sciocca e ridicola che io abbia mai fatto, e oggi ne ho avuto la conferma, con Hermione stretta a me, i suoi piccoli singhiozzi che cercava inutilmente di placare, mi hanno fatto capire quanto una persona sia importante per la propria felicità, perché so benissimo che se ci fosse stata Miley lì con lei, tutto quel casino non sarebbe mai successo.

Marco mi ha inviato un messaggio subito dopo essersene andato, dicendomi che si era scordato di avvisarmi che Louis voleva parlarmi in ospedale, spero che non litigheremo, anche perché non voglio che si agiti troppo e io so che, quando si arrabbia, non riesce a stare fermo. Devo assolutamente parlargli, ma eliminare la scommessa non significherà mai che io le sarò indifferente, continuerò a provare con lei perché mi interessa e sono anche abbastanza interessato dalla reazione che ha avuto oggi quando le ho parlato del cibo.

La canzone Burn esplode nelle mie orecchie, le cuffie sono ben incastrate nelle mie orecchie, mentre entro nell'ospedale. Ho sempre odiato gli ospedali: vedere tutti che cercano di sorridere, i nonni che sorridono ai nipotina per rassicurarli mentre sanno che non li rimane molto da vivere, bambini legati ad una macchina che sorridono alla vita, non sapendo che quest'ultima li stesse tradendo, la speranza di vivere che,spesso, scompare.

Il volume è al massimo, quando l'ho alzato appena uscito da casa, speravo che il suono della musica potesse affievolire il rumore assordante dei miei pensieri, ma, ovviamente, ho fallito.

Mentre premo il numero del piano del reparto di Louis, cerco di formularmi una sottospecie di discorso da dirgli per scusarmi.

L'idea di iniziare con un semplice e conciso “Sono un emerito mongoloide.” mi passa più e più volte per la mente,ma cerco di respingerla, tanto veloce quanto mi arriva. Ho pur sempre della dignità. Ma sei pur sempre un mongoloide. Mi dice la mia coscienza e cerco di trattenermi dal ridere davanti alle persone che occupano l'ascensore con il sottoscritto. Me lo dico da solo, fantastico.

“Allora Louis,

è stato sbagliato, anzi, più Che sbagliato, fare quella scommessa, perché non si può decidere per la felicità di una persona.” penso, mentre mi avvicino alla sua stanza. Non riesco a finire il mio discorso, che sono dentro la sua stanza, le cuffie raccolte nelle mie mani e i suoi occhi sono puntati su di me.

«Sai, di solito si bussa alla porta prima di entrare.» dice una voce che non mi è poi tanto sconosciuta. Il mio sguardo e quello scocciato e assonnato di Louis si spostano insieme dall’altra parte della stanza. I miei occhi incontrano i suoi e credo di avere le allucinazioni, fin quando non ricomincia a parlare. «Non ti ricorrerai certamente di me...» continua,ma io lo blocco.

«Ti ricordo abbastanza da  sapere come comportarmi.» Il mio freddo e duro sovrasta il suo. Sento il respiro divertirmi irregolare. Lui e Louis nella stessa stanza non mi dice  niente di buono, anzi: sono sospeso dal fatto che lui sia ancora vivo. Un sorriso, che assomiglia più a un ghigno, li ricopre il viso e sento l'adrenalina scorrermi nelle vene.

«Styles, sono fatti abbastanza passati per ricordarli anche nel presente, non credi?» Vorrei strapparli dalla faccia da cavallo ammutolito che già si ritrova (povero, tutti nasciamo con qualche difetto, ma il suo è un grande scherzo di Madre Natura), quell'aria da sufficienza che mi ha sempre dato ai nervi; ma poi penso che non ne vale neanche la pena, Madre Natura ha già operato al posto mio.

«Credo che tu abbia ragione.» Il sorriso più falso che possa esistere contorna il mio viso, mentre immagino la sua testa fasciata, farebbe pandan alla gamba ingessata e soprattutto starebbe meglio perché non li si vedrebbe il viso, ma i sogni sono comunque sogni, io continuerò a sognare, non mi farà male.

Per un millesimo di secondo, l'idee di scordare tutto quello per cui ce l'ho tanto con lui, ma realizzo subito che è impossibile, del tutto. Lui ha spento uno dei sorrisi che mantenevano/mantengono, il mio. Non lo posso perdonare per aver fatto una cosa così, non ci riusciró mai.

«Harry, dobbiamo parlare.» La voce di Louis blocca il flusso infinito delle immagini del suo sorriso nella mia testa e da una parte gliene sono immensamente grato, ma quando lo guardo capisco che non c'è alcun motivo per essere sollevato. Il suo sguardo non è né freddo né accogliente, né arrabbiato né sereno, è spento, è privo di ogni tipo di emozione, di luce.

«Io devo fare una chiamata.» ci dice David, interrompendo quella connessione tra i nostri sguardi. Il ragazzo si alza, sposando il suo peso sulle braccia per il dolore alle gambe, afferra subito il bastone poggiato vicino al piccolo mobiletto accanto al suo letto, prende il cellulare e lascia la stanza.

-Hermione’s pov-

L'aria è gelida quando mi imbatto contro il freddo vento londinese appena esco dal palazzo. Mi chiudo più nella mia sciarpa color panna e avvicino di più la punta del naso gelata alla sciarpza, cercando -anche se inutilmente- di riscaldarmi. La suola delle mie Vans fa uno strano rumore quando incontra violentemente la strada umida.

Ho bisogno di sfogarmi, so che se non lo faccio rischio di scoppiare qui, al centro di questa grande strada di Londra, so che potrei farlo. Devo trovare un modo per sfogarmi che non riguardi il mio corpo passo in rassegna tutte le possibilità che ho. La musica è da escludere, visto che il mio cellulare si è spento, Jade sta dormendo, ha la febbre e i suoi problemi, Harry è uscito mentre io stavo dormendo, Niall stava dormendo quando sono uscita, non so ora e Liam, beh…mettiamoci un velo sopra.

È tutto un tale casino e me compresa. Sono un tale casino. La mia vita è un tale casino. Questa situazione è un tale casino. Questo mondo è un tale casino. In questo mondo sono tutti troppo incasinati per prestare attenzione a un disastro come me.

Il momento di oggi tra me e Harry mi ha fatta sentire veramente bene, avevo bisogno di averlo accanto, non riuscivo più a reggere tutta quella situazione, la pelle dei miei polsi mi pizzicava anche mentre ci stavamo abbracciando, volevo farlo di nuovo e non avevo idea del motivo di questa mia voglia. Non ho mangiato niente per pranzo e, a dirla tutta, ho un po' di fame, ma non voglio mangiare, perché ho l'impressione che vomiterei tutto come anni fa.

I ricordi di quegli anni vengono interrotti da un lampo a ciel sereno e non posso fare a meno di ringraziare questo fenomeno che ha impedito ai miei ricordi di riaffiorarmi nelle mente. Sono anni che preferisco non ricordare, ero un periodo buio; mi trovavo in un tunnel buio, tutti avevano una o più torce, mentre io no, io ero al buio totale e nessuno si scomodava dal prestarmi un po' della loro luce.

I miei passi sono incerti mentre mi avvicino all'ospedale, ho bisogno di parlare con Louis, di chiedergli come sta, mi manca. Sono quasi vicina alla struttura bianca, mi trovo esattamente vicino al parcheggio di quest'ultima, quando qualcuno mi prende dal braccio e mi fa girare verso di lui. Il cuore inizia a battere forte, tanto che sembra non esistere. L'uomo che mi sta di fronte stringe di più la presa e scende fino al mio polso, quello con i tagli, stringendo di più, tanto che urlo e lui mi mette una mano sulla bocca per evitarmi di urlare ancora. Il cappuccio della felpa gli copre leggermente gli occhi, ma riesco a scorgere il marrone scuro di questi mentre tende la mascella.

Brave - fight for You {#Watty2016} IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora