Capitolo 4

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Sono al pianoforte a suonare accanto a me mio padre che mi insegna.
"Sei la più brava di tutti"  poi però il pianoforte si trasforma in una birra. Lui inizia a bere senza mai fermarsi, tanto che gli occhi diventano rossi.
"Papà mi aiuti non mi viene questa canzone" io sono esterna al sogno vedo me da bambina parlare con quel mostro
"Tanto non sei brava va via"
"Ma papà..." Lui mi afferra per un braccio e mi tira degli schiaffi in faccia, inizio ad urlare il nome di mio fratello maggiore che però rimane lì a guardare, allora chiamo l'altro
"Micol" Lui corre da me e si piazza tra me e mio padre
"Papà lasciala stare" Lui lo prende e lo spinge per terra, e mi tira un pugno in pancia io mi piego in due ma rimango in piedi, lui mi tira un calcio sulla caviglia ed io vado in ginocchio
"Non suonare più Oh la gente ti farà questo" mi butta addosso la birra avanzata, io alzo lo sguardo e dietro di lui c'è mia madre in lacrime. Io tiro un urlo
"Ahhh" mi sveglio di soprassalto tutta sudata. Guardo l'ora e sono le 5 bene o male 3 ore le ho dormite. Questi incubi vanno avanti da 8 anni, non solo mi ha rovinato l'infanzia,anche adesso a km di distanza deve tormentarmi. Vado in bagno per farmi una doccia. Lascio che l'acqua calda mi scorra addosso per togliermi il sudore, i meglio per togliermi il tocco di quell'uomo dalla pelle. E pensare che lo amavo così tanto, che lo avrei preferito a chiunque. Io non ho mai capito cosa gli ho fatto per meritare questo. Avvolgo il mio corpo col un asciugamano bianco ed i capelli in un turbante. Quando esco trovo Alex poggiato allo stipite della mia porta
"Potresti non urlare in piena notte" io alzo le spalle
"Non mi hai voluto dare l'ultima stanza sei l'unico che può sentire, e mi dispiace ma non lo controllo, lo vorrei tanto" sussurro. Lui mi squadra da capo a piedi, io guardo verso l'alto
"Ma voi uomini non pensate ad altro porca puttana" Lui ride scuotendo la testa
"Tu non mi pari un innocente se giri così" mi indica.
"Non sono bella non c'è niente da guardare" sgrana gli occhi ma prima che possa ribattere mi chiudo in camera. Infilo dei jeans chiari, una maglietta corta e leggermente scollata bianca, la giacca di pelle, una borsa nera a tracolla che però indosso solo su una spalla e stivaletti neri con il tacco. Mascara, cipria e lucida labbra, non mi piace riempirmi di trucco, sono più acqua e sapone. Piastro i capelli rendendoli lunghi fino al sedere. Prendo soldi e telefono infilandoli dentro la borsa e cercando di fare meno rumore possibile scendo, prendo un biglietto e scrivo
Oggi faccio io la spesa, torno per pranzo
Sono le 6.30 i bar avranno aperto adesso, ne trovo uno accanto a casa che avrei potuto, tranquillamente raggiungere a piedi, con anche una fermata dell'autobus per Harvard davanti, molto probabilmente andrò così dato che Steph va al lato opposto del campo, ed è sempre in ritardo. Entro ed una ragazza con i capelli rosa al bancone attira la mia attenzione. Mi siedo sullo sgabello
"Un caffè amaro" sorrido
"Da mangiare?" chiede
"Un cornetto semplice". 5 minuti dopo arriva ciò che ho chiesto. Mangio e bevo tutto.
"Cosa ci fa una ragazza della tua età a quest'ora sveglia il week-end prima delle inizio dell'Università?" Io alzo le spalle
"Sono arrivata ieri sera ed i miei amici non facevano niente così siamo rimasti a casa ed io mi sveglio presto"Lei sorride, allunga una mano verso di me
"Io sono Rose" si presenta
"Piacere Elizabhet ma chiamai Lizzy" annuisce. Io mi alzo e le do i soldi.
"Divertiti, Boston alle 7 di mattina è un deserto" io sorrido ed esco. Con la macchina giro per Boston la mia nuova città, intorno a casa ci sono il bar, il mc, anche una pizzeria al taglio, ed una biblioteca con tabacchi, una posizione perfetta quella di casa mia. Raggiungo la spiaggia e mentre vado noto un grande parco, un parco giochi, molte discoteche, grattacieli qui e lì. Davanti alla spiaggia c'è un hotel. Tolgo i tacchi e raggiungo la scogliera a piedi. La brezza estiva mi fa volare alcune ciocche sul viso, raggiungo la cima della scogliera ed apro le braccia, chiudo gli occhi e ascolto la musica del mare.
"Quando mi allontanerò da te ricordati che sono come un onda"
"Che vuol dire?"
"Che prima di raggiungere gli scogli tiro indietro tutta l'acqua e poi la rigetto contro"
"Quindi tornerai sempre il mio papà?"
"Anche quando meno te lo aspetti"
Una lacrima mi scivola il viso ed io l'asciugo velocemente. Cammino sulla costa, ma i ricordi chiedono di entrare così faccio l'unica cosa che li tiene lontani, torno bambina. Lancio le scarpe ed inizio a correre sulla sabbia. Infilo gli auricolari e faccio partire la musica Take me Home. La danza era la mia fuga da questo mondo, dopo aver perso mio padre, dopo aver perso la musica e dopo che anche io stessa mi ero persa, la danza mia ha salvata. Svanisce ogni pensiero, ogni dubbio e preoccupazione, scompare anche il minimo tremore di paura. E mi perdo, tra le note della musica, tra il vento che mi culla. Vorrei non tornare più indietro, ma la canzone rintocca le sue ultime note, costringendomi a spezzare l'incantesimo ed ad aprire gli occhi. Tolgo gli auricolari e recupero le scarpe raggiungendo la macchina. Ho smesso di danzare quando i miei fratelli sono andati al collage ed ho iniziato a "lavorare", a circa 16 anni. Raggiungo il primo super mercato che trovo. Copro cibo che basterebbe per un esercito finendo quasi tutti i soldi. Mi faccio aiutare da un ragazzo a caricare le buste in machina. Salgo e mi dirigo verso il centro commerciale con tutta la calma possibile e la musica a medio volume. Canticchio sotto voce le canzoni che conosco. Arrivata lì cerco di ricordare il tatuatore che mi ha fatto il mio primo è unico tatuaggio due anni fa, quando ero qui in vacanza con Steph . Quando riconosco l'insegna a led mi ci fiondo dentro. Era da un molto che volevo farmene uno, ma volevo lo facessi qui perché non mi fidavo di altri. C'è una ragazza mezza nuda tutta tatuata con i capelli rossi, anche piena di piercing
"Ciao volevi un tatuaggio o un piercing?"
"Tatuaggio"
"Franklin" Urla un nome. Dalla stanza accanto esce il ragazzo di due anni fa, capelli rossi, occhi azzurri, muscoloso e pieno di tatuaggi con un piercing al sopracciglio.
"Oh ma la tua è una faccia conosciuta" io sorrido
"Sono venuta qui due anni fa"
"Mi ricordo con la tua amica" io annuisco, lui mi squadra
"Certe bellezze non si scordano" io lo fulmino e lui mi sorride per tranquillizzarmi.
"Andiamo" mi fa cenno. Entro nella sala con un lettino con lui.
"Mi ricordo che ti eri tatuata quella frase triste sotto al seno, ricordo anche i tagli sui fianchi" faccio una smorfia
"Ehi la frase triste è my mistake is me Oggi mi volevo tatuare la parte nera dello yin e Yang sulla parte superiore della schiena" Lui alza un sopracciglio
"Non starai aspettando l'altra metà?"
"No certo che no, è per ricordarmi che tra bene e male io sono il male" Lui scuote la testa
"Aspetta tu ti eri fatta anche un altro tatuaggio" io distolgo lo sguardo
"La P sulla caviglia" annuisco
"Si ora procediamo"
"Togli la maglietta" io gli do le spalle e me la sfilo, sdraiandomi subito dopo sul lettino. L'ago inizia a fare su e giù la io non sento poi tanto dolore
"Non vedo tagli" sorrido
"Visto che brava" Lui scuote la testa guardandomi ridendo

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