Parte 10

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Dopo ore di risate davanti a un film verso le undici vanno tutti a dormire, io e Alex Iniziamo più tardi di tutti, gli altri verso le 8 o le 9. Mi fermo a pulire la cucina. Quando ho finito mi siedo su uno sgabello a riposarmi.
"Non sei abituata a pulire? Viziata come me" io guardo Alex e scuoto la testa
"Pulisco io da quando ho 8 anni, solo che oggi sono stressata per domani" Lui si siede di fronte a me
"E tua madre?"
"Lavorava per mantenere tre figli" Lui alza un sopracciglio
"Tuo padre?" Io stringo i pugni
"Una spesa in più e basta" mi passo una mano sulla faccia per riprendermi. Lui mi guarda storto.
"Urlerai anche sta notte?" Io sbuffo
"Ti ho già detto che non lo controllo, più tardi vado a dormire più tardi mi sveglio" Lui mi guarda e sorride tornado fuori dalla tasca delle pillole
"I sonniferi sono inutili, ho già provato" Lui scuote la testa
"Non sono sonniferi, ti aiuteranno fidati una prima di addormentarti" lo guardo male
"È droga" Lui accenna un sorriso, ora che ci penso non l'ho mai visto sorridere vernante se non ghigni fastidiosi
"Non è droga, se neanche questo ti calma ti cederò la mia stanza? Ma prova" apro la scatoloni e prendo una pillola che mando giù con l'acqua
"Forza vai a dormire chiudo io." Gli sorrido e salgo in camera, infilo la maglietta di mio fratello che uso come pigiama. Mi sdraio, ti prego non venire questa notte. Le braccia di Morfeo mi accolgono poco dopo.
Driiin drinnn. Una luce accecante mi stordisce, lentamente apro gli occhi, e sono le 9 meno un quarto. Ho dormito senza fare incubi. Esco a cercare Alex, siamo da soli in casa, è in cucina di spalle, io gli salto sulla schiena abbracciandolo
"Grazie, non dormivo da almeno 10 anni, veramente grazie" allaccio le gambe intorno al suo bacino.
"Esperienze personali" forse mi sbagliavo, forse ha anche lui un lato buono e sa cosa significa la vita è ingiusta. Scendo dalla sua schiena
"Cosa prepari?"
"Uova strapazzate, ci vogliono ancora 5 minuti vatti a vestire intanto, se no ti lamenti che uno ti si mangia con gli occhi" gli tiro uno schiaffo dietro la nuca e salgo a cambiarmi. Indosso un jeans nero con una cinta, canottiera bianca con scollo a V che lascia intravedere il seno, ed un maglione lungo grigio fino a metà coscia, arrotolo le maniche Fino ai gomiti, borsa a tracolla rosa dove infilo 3 quaderni per gli appunti vari, scarpe chiuse nere con il tacco. Solito trucco, e lascio i capelli al naturale leggermente mossi.

In casa si sente l'odore di uova, scendo di corsa

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In casa si sente l'odore di uova, scendo di corsa. Di fronte al mio piatto c'è già il caffè amaro.
"Grazie" facciamo colazione in silenzio, senza neanche guardarci.
"Posso avere la scatolina con le pillole?" Lui tira fuori dalla tasca la scatolina ed un fazzoletto
"Ne ho bisogno" apre il fazzoletto mettendocene un bel pò dentro lo chiude e me lo passa. Lo lascio sul tavolo così quando torno mi ricordo di metterlo a posto. Alex afferra lo zaino nero che infila solo su una spalla.
"Prendi il casco, Steph e gli altri hanno preso la Maserati" afferro chiavi di casa e casco. Arriviamo all'università in moto. Quando scendo mi scuoto i capelli che si sono spettinati
"Oh che crudeltà farai morire di desiderio tutti qua" io lo guardo e scoppio a ridere notando che è serio. Gli passo il casco che lui mette sotto al sedile con il suo.
"Cosa avresti scelto se tuo padre non ti avesse costretto a psicologia?" Lui si volta verso di me
"musica sicuramente"
"Musica?" Non ha proprio la faccia da musicista
"Alla Columbia, musica classica. Incredibile vero" mi guarda con un ghigno
"Non me lo aspettavo" sussurro
"Sai dovresti smetterla ormai di stare agli ordini di tuo padre" Lui ride sarcastico
"Non sottomettersi a mio padre è impossibile, chi me l'avrebbe pagata l'università, tra l'altro la Columbia sta a New York e lui meno mi vede meglio sta" sembra arrabbiato a parlare di lui
"Una borsa di studio e ti trovavi un lavoro"
"La borsa di studio ce l'avevo. Mio padre ha detto che mi diseredava se sceglievo musica, e se non fossi diventato famoso di cosa avrei vissuto?" Io scuoto la testa
"Impara a rischiare o i successi non arriveranno" Lui alza le spalle. Molti ragazzi e ragazze si girano a guardarci mentre camminiamo, io mi guardo per vedere se ho qualcosa che non va
"Guardano me. Forse te da Londra non conosco il nome di mio padre, ma qui in America lo conoscono tutti"
"E chi è tuo padre di così importante?"
"Il proprietario della Ford" Mi immobilizzo e lui si volta ridendo
"Incredibile vero?" Io scuoto la testa per riprendermi, lo raggiungo più avanti
"Capisci perché dico che non mi posso ribellare?"
"Cazzate non è importante chi è tuo padre se tu hai paura dell'ignoto" davanti alla porta lui me la apre facendomi passare
"Non ho paura di niente" mi sussurra all'orecchio, davanti alla nostra aula mi volto prima di entrare
"Tutti abbiamo paura dei nostri demoni"
"Touché" entrando io mi siedo in mezzo ai banchi disposti a piramidi su vari livelli. Alex si siede accanto a me, entrambi Tiriamo fuori un quaderno rosso. Lui si infila gli occhiali che lo rendono ancora più bello di quanto non sia.
"Li metto solo per leggere o scrivere" dice con disprezzo
"Ti stanno molto bene" sorrido e lui fa una smorfia. In quel momento entra il professore.
"Buongiorno ragazzi, io sarò il vostro professore di psicologia, io vi farò lavorare modo mio, e per chi è qui non volendo sappiate che sarà dura, mentre chi ha scelto questa facoltà perché la ama si divertirà almeno spero" io alzo un sopracciglio divertita, credo che questo professore sarà il mio preferito. È un uomo giovane, biondo con gli occhi castani, spalle larghe e alto, vestito con jeans, t-sirt rossa, giacca elegante blu e scarpe da ginnastica.
"Bene ora iniziamo chi di voi sa cos'è la psicologia?" Molti alzano la mano, io rimango a guardare sicura che qualsiasi cosa diranno questi lui dirà che è sbagliato. Indica una ragazza in prima fila
"È la scienza che studia il meccanismo mentale e affettivo"
"Si questa è la definizione sul dizionario" tutti abbassano la mano, lui si guarda in torno sconsolato
"È la salvezza dei deboli" sussurro a me stessa
"Ripeti" io alzo lo sguardo e noto che guarda proprio me
"Come scusi?"
"Ripeti quello che hai detto ad alta voce"
"La psicologia è la salvezza dei deboli" mi sorride caloroso
"Bravissima. La psicologia per ognuno di noi può variare a seconda di dove si vuole arrivare o delle esperienze personali, ma sicuramente la psicologia è una salvezza. Curando perone mentalmente malate posiamo evitare omicidi, suicidi e sensi di colpa. Partiamo da questo la salvezza dei deboli... chi sono i deboli" nuovamente molte mani alzate, a cui Lui negherà l'orgoglio di una riposta giusta
"Le persone che subiscono violenza" Lui scuote la testa
"Non é una risposta completa"
"Le persone con manie particolari"
"Neanche questo completa la riposta"
"Le persone stuprate" Andiamo avanti così con tutti i tipi di traumi che una persona può subire per lui nessuna riposta è completa.
"Ragazza" io alzo lo sguardo con un sopracciglio alzato
"Come ti chiami?"
"Elizabhet"
"Cosa dici te?"
"È importante?"
"Non dovrebbe?" Chiede ovvio 
"Qualsiasi cosa dirò, dirà che non è completo"
"Se mi nomini un altro trauma si risponderò così, ma tu non pensi ad un altro trauma giusto? Chi sono i deboli"
"I deboli sono gli esclusi dal mondo, quelli che si sentono inadeguati dalla nascita, che pensano di non valere abbastanza e di conseguenza o diventano masochisti o cercano di sentirsi vivi facendo del male agli altri. I deboli sono i sognatori, quelli col una fantasia troppo grande e aspettative troppo alte che non vengono soddisfatte, e quindi cercano di soddisfarle da soli. Sono quelli troppo grandi per stare in questo mondo" sorride
"Esatto. Per la prossima volta voglio una relazione dei vostri sogni, vediamo un po' se siete troppi grandi per questo mondo" la lezione finisce, tutti si dirigono verso l'uscita.
"Elizabhet si fermi" mi volto verso il professore
"La prego mi dia del tu" Lui sorride
"Anche te, io sono Christian" gli stringo la mano
"Posso farti una domanda?"
"Certo"
"Tu hai una fantasia troppo grande o aspettative troppo alte?" Ha capito, sa che sono una di questi "sognatori" una degli esclusi, i deboli.
"Io ho creduto troppo nelle persone"
"E queste ti hanno delusa?" io scuoto le testa
"Queste mi hanno menta. E sai in quel momento ogni tipo di sogno, di aspettativa o fantasia svanisce e non puoi fare altro che accettarlo" sorride triste
"Era troppo presto per incontrare la realtà?"
"Decisamente. Ora scusami ma ho filosofia" mi stringe le mano per salutarmi. Corro verso l'aula, e mi siedo accanto ad Alex
"Anche i professori si incantano ai tuoi occhi" scuote la testa ridendo
"Che cazzata, sono occhi come gli altri e il professore ha soltanto capito che io sono una di questi sognatori" Lui si volta di scatto, io alzo le spalle e lui ritorna a guardare il professore. Prendo appunti su tutta la lezione di filosofia, e lo stesso faccio con sociologia e scienze. Alla 6 torniamo a casa in moto.

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