118 capitolo

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Sono già le udici. Marco non si è svegliato, non da quasi cenno di vita. Provo a mettere un po' di cibo sotto il suo naso, la sua reazione è normale, storce il naso ma nulla di più.
Faccio colazione con un po' latte macchiato, biscotti e un pancarrè con la marmellata alla ciliegia. Mia madre ha preferito un tè molto zuccherato con alcuni biscotti al miele, Marinella invece è andata sul semplice, un caffè all'Americana, ovvero lungo. Marika mangia un pacco di croccantelle al bacon. Un'infermiera anziana, bassa e parecchio minuta, entra con una agenda in mano.

Infermiera:"allora, c'è qualcuno per il signor Leonardi Marco?"

Marinella:"si, io. La prego... Mi dica come sta mio figlio?!"

Le sue parole suonavano come urla strazianti dal dolore.

L'infermiera alza i suoi occhiali tondi simili a dei fondi di vetro di bottiglia e passa un dito lungo qualcosa scritto nel taccuino.

Infermiera:"ha perso parecchio sangue, la trasfusione di stanotte è andata bene, deve essere ricoverato per qualche settimana e dovremo, o se vorrete lo fate voi, cambiare la garza due volte al giorno. Come desiderate voi. Si dovrà svegliare tra qualche ora, l'anestesia totale con lui ha avuto un effetto sonnifero. Per quanto riguarda il presunto aggressore, gli sbirri verranno entro stasera. Il ragazzo è in gravi condizioni, ma dovrebbe riprendersi, si pensa inoltre che sia sotto shock, al suo risveglio non fategli troppe domande, ci penseranno stasera gli sbirri. La ragazza invece..."

Si lecca il dito cambiando pagina.

"...La signorina Bianchi Martina invece sta in condizioni ottimali, è arrivata con l'ambulanza assieme al signorino Marco, era priva di sensi e le abbiamo messo dell'ossigeno. Ora dovrebbe stare bene, ma potremmo chiederlo anche a lei. Giusto?"

Annuisco, con gli occhi rossi e il naso che pizzica.

Io:"sto bene. Grazie."

L'infermiera poi posa il taccuino e gli occhiali sul tavolinetto dove vi è poggiata la nostra colazione.

Va verso il letto di Marco e con l'aiuto di un altro medico entrato in questo esatto momento, spostano Marco mettendolo a pancia in su e dopo alzano il letto in modo di poter cambiare la garza di Marco per bene.

Mia madre insiste nel farmi uscire, ma rimango. Ho il diritto di sapere come va e come si cambia una garza. Potrei farlo anche io poi.
Marika mette una mano davanti gli occhi per non guardare.

La ferita è davvero grande, com'è possibile che un coltello, un'arma bianca, possa ferire così tanto? Che arma ha usato Angelo? Che coltello era? Era largo? Seghettato?

I punti di stura fanno impressione, sono neri. Fin da piccola ho sempre pensato che fossero colore carne o trasparenti, in modo che non si potessero vedere facilmente. Sembra spago. Fa paura.
La mia vista viene coperta da un'altra garza bianca. L'altra garza leggermente rossa per via del sangue secco viene buttata via in un sacco nero dell'immondizia.

Marco fa un mugolio di dolore e contrae la pancia inconsciamente quando il dottore applica la garza nuova.
Passano le ore, non mi sembra neppure vero. È un po' tutto un delirio. Come avrei potuto immaginare che a causa mia Marco potrebbe anche morire? Avrei creduto più che altro il contrario!

Passano i minuti, il mio sguardo è fisso su lui. Su marco. Prima se lo guardavo sorridevo. Ora vorrei solo piangere. È solo colpa mia se gli è stato conficcato un coltello sulla schiena. Era bello guardarlo ridere. Penso che per le settimane prossime, se lui, se dio vuole, rimanesse vivo, non riderà più comunque.

Passano i secondi, i più lunghi della mia vita. Piano piano, una dopo l'altra, le lacrime cominciano a rigare il mio viso. Sento bruciare il petto, il naso, gli occhi... Ho un nodo alla gola, so che non si scioglierà facilmente. Forse, se Marco non dovesse farcela, porterei questo nodo alla gola per giorni, settimane, mesi, anni... Per tutta la vita, finché non sarò morta. Ma penso, che se Marco morirà. Io morirò con lui. Lui che mi ha dato la speranza di vivere e me l'ha tolta in poco tempo. Sono due anni che non sorrido, o se lo faccio è perché ne sono strettamente obbligata. Non che lui non mi renda felice, credo... Non dico di voler avere la vita perfetta, solo una storia d'amore rosa e fiori, di quelle monotone e noiose. La avrei preferita onestamente. Ma guardandomi attorno, vedo mia madre, che per anni ha sopportato gli insulti e le calunnie, perché lo amava. Anche se raramente mio padre le ha alzato le mani, come pure a Sara, e nonostante l'amore che mia madre provava per questo, che non si può nemmeno definire padre, lui la lasciò ugualmente e pure in mezzo ai debiti, che è l'unica cosa che ci ha lasciato, dato che ha ritirato dal conto in banca in comune con mia madre tutti i nostri soldi tenendoseli per sé.
Guardo Marinella, singhiozzante ancora, che ha un figlio che forse potrebbe morire presto, un altro figlio che è stato tradito dalla sua ragazza più volte fino a lasciarsi per poi entrare in depressione quasi. E suo marito, in carcere, perché mafioso. Poi c'è anche Marika, tradita da Peppe con Jessica, ma nonostante ciò, ha perdonato ancora Peppe. Poi c'è Sara, ha sofferto per anni, dato che Andrea era all'università e lei aveva solo sedici anni, lo vedeva una volta al mese, perché l'università di studi che lui ha scelto era a Roma. Nonostante la distanza sono rimasti assieme e ora hanno pure una figlia.
È normale soffrire per amore.

Passano i secondi, passano i minuti, l'ansia sale, il panico torna.
Con un movimento brusco, Marco si scrolla violentemente di dosso il lenzuolo di flanella, facendo sussultare anche a me. Si gira e si rigira più volte, cercando una posizione comoda per riposare. Ma ad ogni movimento stringe i pugni, i denti si irrigidiscono e strizza forte gli occhi. Mugolii dolorosi escono dalla sua bocca ad ogni suo spostamento. Poco a poco, i mugolii e i gemiti di dolore fanno uscire dai suoi occhi chiusi, impercettibili lacrime. Vederlo in questo stato fa scoppiare in lacrime anche me. Senza neanche rendermene conto o pensarci un atttimo, mi straio accanto a lui facendogli i grattini per farlo calmere. Come volevasi dimostrare, si tranquillizza in pochi minuti. Mi tranquillizzo anche io, istintivamente poso il mio mento sulla sua spalla continuanto a massaggiare le sue braccia possenti.
Mi piacerebbe stare così all'infinito. Magari a casa, magari sotto delle lenzuola che non sappiano di candeggina e vari disinfettanti chimici. Mi piacerebbe stare così a casa, con un joystick sul comodino e una pizza margherita assieme a una bottiglia di Coca-Cola sulla scrivania...

Tu? il mio sorriso...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora