VENTICINQUE

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‹‹Cam! Cam! E muoviti che se no facciamo tardi!›› inizio ad urlare dal pian terreno dove lo sto aspettando. ‹‹Abbiamo un’ora di anticipo sull’orario del ritrovo! Stai tranquilla!›› si lamenta Cam mentre scende le scale di casa mia con la mia valigia. ‹‹Fa niente, muoviti. Non vedo l’ora di partire! Sbrigati!›› continuo entusiasta. ‹‹Zitta o ti tiro una valigia in testa.›› mi ricatta lui. Non è colpa mia se oggi partiamo per Houston. Non vedo l’ora di essere in Texas pronta per le Nazionali! ‹‹Dai, Cam! Quanto sei lento! Il volo parte tra poco e non siamo nemmeno in macchina!›› continuo a dire. Poveretto, l’ho fatto svegliare alle 3 del mattino in modo da partire non più tardi delle 4. Probabilmente non mi sopporta già più. ‹‹A parte che il volo è alle 7, o mi aiuti o stai zitta!›› si lamenta ancora mentre carica la mia valigaia sulla sua macchina. In effetti non sto facendo granchè, per il momento sto solo saltellando e dicendo a Cam di muoversi. ‹‹Ma quanta roba hai portato? Pesa come non so cosa!›› dice Cam osservando la mia valigia rosa completamente piena. ‹‹Ha dentro solo i vestiti, il beauty, le scarpe e le cose della ginnastica. Non mi sembra molto.›› osservo. Rientro in casa per assicurarmi che tutto sia in ordine, prendo la giacca e sono pronta a partire. Il sole non è ancora sorto ma, a quanto pare, non siamo gli unici ad esserci alzati tanto presto. Davanti alla casa di Sharon c’è parcheggiata la macchina di Nash con il suo proprietario a fianco. Pochi secondi dopo arriva anche la mia amica. ‹‹Sidney! Non sto più nella pelle! Manca pochissimo!›› mi saluta Sharon venendomi incontro. ‹‹A chi lo dici!›› dico abbracciandola. ‹‹Prima mi dici di sbrigarmi e poi te ne stai qui a chiacchierare?›› mi riprende Cam scherzosamente. Gli rivolgo una smorfia e poi riprendo a parlare con Sharon di quanto siamo su di giri all’idea delle Nazionali. ‹‹Signorina, guarda che abbiamo un’ora di macchina prima dell’aeroporto. Vuoi far tardi?›› dice Cam rivolto a me. Ritorno alla sua macchina e mi siedo al posto del passeggero davanti. Cam sale subito dopo di me e infila le chiavi nel cruscotto. ‹‹Pronta?›› mi chiede e io annuisco con convinzione.
Passo tutto il viaggio a saltellare sul sedile, dire quanto sono contenta e allo stesso tempo preoccupata, cosa voglio fare una volta in Texas e dire a Cam di aumentare la velocità. Penso che dopo questa ora di macchina si sia pentito di avermi accompagnato e sono sicura che non mi sopporta più. Parcheggiamo vicino all’aeroporto e prendiamo le valigie. Metto sulle spalle uno zaino che ho portato come bagaglio a mano e prendo il trolley rosa. Ci incamminiamo su un marciapiede che porta all’aeroporto e devo dire che Cam sembra anche lui felice di andare a Houston. La cosa che mi stupisce di più è che non mi abbia tirato la valigia in testa. Più ci avviciniamo all’aeroporto, più il rumore degli aerei si fa intenso. Dopo cinque minuti di camminata, mi ritrovo davanti alle porte trasparenti del LAX. Nello stesso momento, anche Nash e Sharon ci raggiungono. Nash ha l’aria di uno che vorrebbe solo tornare a casa e dormire, mentre Sharon sembra che abbia delle molle al posto dei piedi. ‹‹vi prego, fatela stare zitta e ferma!›› ci scongiura Nash. ‹‹Nash! È il nostro primo viaggio insieme! Io vado alle Nazionali! Nash! Sid! Cam!›› inizia a dire Sharon. ‹‹Nash! Ci facciamo la foto qui? Così faccio vedere a mia mamma che siamo partiti insieme! Poi vi faccio la foto pure a voi, così Sid la manda ai suoi!›› propone Sharon. Nash la raggiunge sotto l’insegna dell’aeroporto, quella che raffigura le tre lettere di “LAX”, e lei si avvicina a lui per fare la foto. Dopo che ho scattato la foto, facciamo cambio: Sharon prende il mio cellulare per fare la fotografa mentre io e Cam ci mettiamo in posa. La foto viene molto bene e diventa subito lo sfondo del mio cellulare: sotto la scritta “LAX” ci sono io in spalla a Cam con le nostre valigie davanti. È una foto che fa molto “hey, stiamo partendo!”. Non esito un secodno a spedirla a mia mamma con sotto la didascalia “si parteeeee!”. La sua risposta? “carino però questo Cam”.
Poco dopo, sul gruppo Whatsapp che abbiamo fatto in onore di queste gare, Patty scrive che ci aspetta dentro all’aeroporto al gate da dove partirà il nostro aereo. Decidiamo di entrare e iniziare a spedire le valigie. Questa parte dell’aeroporto, ovvero quella delle partenze, non l’ho mai vista. Non pensavo che l’aeroporto potesse essere così grande. Imbarchiamo le valigie e ovviamente la mia è quella che pesa di più e questo fa ridere Cam. Passiamo poi i controlli sicurezza e anche qui le risate di cam non mancano quando, come previsto, a causa del maledetto apparecchio che sono costretta a tenere, il metal detector suona. ‹‹Non ti hanno arrestata?›› chiede Nash per scherzare quando una guardia finisce di perquisirmi. ‹‹No…›› rispondo fulminandolo con lo sguardo. ‹‹Non preoccuparti, anche cam quando era più piccolo aveva il tuo stesso apparecchio e, quando andavamo insieme a trovare i miei nonni in Tennesee, suonava sempre!›› racconta Nash facendo ridere tutti tranne il protagonista della storiella. Finalmente posso dire di essere in aeroporto. Inizio a dare un’occhiata in giro per cercare di vedere dov’è Patty, ma finisco per far cadere lo sguardo su ogni vetrina di ogni negozio che ci circonda. Prima di fare qualsiasi mossa, io e Sharon ci avviciniamo al tabellone delle partenze per vedere da dove partirà il nostro aereo. Il volo per Houston si trova nella terza riga, sovrastato da quello per New York e Miami, proprio come quando ero arrivata qui. ‹‹Mancano ancora due ore all’imbarco. Cosa facciamo?›› chiede Sharon. ‹‹Shopping!›› esclamo. ‹‹Mangiamo!›› propone Cam. ‹‹No, voglio fare shopping!›› ribatto. ‹‹E io ho fame, quindi si mangia.›› ribadisce lui. ‹‹Hey, hey, calmi! Certo che siete bravi a litigare voi due. Prima di tutto dobbiamo cercare Patty per dirle che siamo qui, lasciamo da lei le valigie e poi facciamo colazione. Dopo facciamo pure shopping.›› conclude Nash. Mi piace un sacco questo ragazzo, sa sempre accontentare tutti nel modo giusto e trova sempre soluzioni a tutto.
Raggiungiamo il gate indicato dal tabellone e troviamo lì Patty, i due Taylor e le altre ragazze che fanno ginnastica con me. Dopo essersi assicurata che ci fossimo tutti, Patty ci lascia fare ciò che vogliamo a patto di essere lì da lei almeno 20 minuti prima dell’imbarco. ‹‹Dove andiamo a fare colazione?›› chiedo. Tutti e tre i miei amici iniziano a proporre nomi di bar diversi. Fantastico! ‹‹Ho un’idea per risolvere questa cosa: facciamo una gara. Il primo che arriva al gate 7 camminando sulle mani sceglie dove far colazione!›› propone Sharon. Mi sembra un’ottima sfida e tutti accettano. Ci mettiamo in posizione e io e Sharon saliamo in verticale. Al via, io e Sharon partiamo spedite, muovendo velocemente le mani per restare in equilibrio ma nello stesso tempo arrivare prime, Nash e Cam ci copiano ma, dopo neanche due metri, cadono a terra uno sopra l’altro. Per fortuna gli aeroporti non sono molto frequentati alle 5 del mattino. Alla fine della gara, tocca a Sharon decidere dove andare a far colazione, così sceglie un bar con dei grandi finestroni da cui si vede la pista di decollo. Dopo la colazione facciamo un giro per i negozi. Nessuno tra noi quattro ha fatto grandi acquisti: io ho comprato un peluche per mia sorella e Sharon si è presa una maglia.
La voce metallica dell’aeroporto chiama il nostro volo. Io e Sharon, che fino ad adesso ci stavamo contenendo, riprendiamo a saltare tenendoci per mano. ‹‹Si parte!›› esclamiamo all’unisono correndo verso il nostro gate. Ci mettiamo in coda davanti al banco dove un monitor nero inidica con scritte arancioni il numero del volo, la compagnia aerea e la destinazione. Mostriamo i passaporti e i biglietti. Non so dire come mi sento nel momento in cui tiro fuori il mio passaporto perché è diverso da tutti gli altri: il mio è l’unico passaporto non americano. Mentre percorriamo il finger che ci unisce all’aereo, Cam mi chiede di fare la foto ai nostri passaporti insieme. ‹‹Perché?›› chiedo sconcertata. ‹‹Così possiamo far vedere che siamo veramente partiti e poi mi piace il tuo passaporto. È diverso, è… è… innovativo…›› dice Cam ridendo mentre scatta la foto. Metto via il mio passaporto “innovativo” chiedendomi ancora a cosa possa servire la foto appena scattata. Arriviamo sull’aereo e inizio a cercare il mio posto. Anche se è un volo abbastanza corto, tre ore, l’aereo è grande: le file ai lati sono da due e quella centrale da tre. Di solito, per i voli corti, ci sono solo due file. Io e Cam ci sediamo vicini dietro a Nash e Sharon. Nash lascia sedere Sharon accanto al finestrino mentre io, per ottenere lo stesso posto, devo litigare con Cam tre volte, fare la lotta dei pollici cinque e implorarlo.  Dopo aver ottenuto il mio posto al finestrino, allaccio la cintura e cerco di stringerla bene. Altro problema degli aerei: cinture troppo larghe. ‹‹Sbaglio o stai litigando con una cintura?›› chiede Sharon girandosi. ‹‹Non sbagli.›› dico continuando la mia lotta con la cintura nel tentativo di stringerla. ‹‹E secondo me la cintura sta avendo la meglio.›› fa notare Cam. ‹‹Prego, faccia lei mister sono-bravo-solo-io.›› mi lamento passandogli le due estremità della cintura. Cam le prende, ne stringe una delle due e la allaccia. ‹‹Tu sei un mago.›› dico guardando ammirata la cintura stretta alla perfezione. Questa è stregoneria pura.

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