CINQUANTANOVE

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Arriviamo sulla spiaggia di Santa Monica e  Cam mi rimette per terra. ‹‹Prima impressione?›› mi chiede Cam dopo qualche secondo. ‹‹Questo posto mi piace un sacco!›› esclamo guardandomi intorno. ‹‹Sono felice che tu sia felice.›› risponde Cam sorridendo. Lo abbraccio di nuovo per ringraziarlo di avermi portata qui. ‹‹Andiamo alla ruota panoramica?›› chiedo. ‹‹Certo, però prima è meglio fare le altre attrazioni del luna park. La ruota è più bella dopo…›› dice Cam, poi mi prende per mano e ci dirigiamo fino al molo, dove c’è il luna park. Sia la spiaggia che il parco divertimenti sono molto affollati.  Io e Cam ci mettiamo in fila per salire su una montagna russa. Mi accorgo che la maggior parte della gente indossa davvero una giacca di jeans, Sharon aveva ragione. La fila scorre veloce e così in pochi minuti siamo seduti sui carrelli della montagna russa. Iniziamo a salire in alto per diversi secondi, poi ci ritroviamo a correre lungo una discesa che ci porta a fare un giro della morte. Stringo la mano di Cam quasi senza accorgermene. Continuiamo a sfrecciare sui binari rossi a velocità altissima, facciamo un altro giro della morte e un altro ancora, poi ricomincia tutto da capo. Dopo tre giri consecutivi, scendiamo dalla montagna russa con la testa che gira. Ci dirigiamo sempre tenendoci per mano fino al centro del molo. ‹‹Ti è piaciuto?›› chiede Cam. ‹‹Tantissimo!›› esclamo super contenta. 
Proseguiamo fino ad una bancarella di quelle dove si vincono peluche sparando alle lattine o lanciando i cerchi su dei bastoncini o facendo canestro. ‹‹Quale pupazzo di piacerebbe?›› mi chiede Cam indicando tutti quelli che sono esposti. ‹‹Perché?›› chiedo conoscendo già la risposta. ‹‹Voglio vincerne uno per te.›› risponde. ‹‹Cam, me ne hai già regalato uno… anzi, mi hai fatto una marea di regali… dovrei essere io a vincerne uno per te.›› dico. ‹‹Ti ho chiesto quale ti piace, non se vuoi regalarmene uno. Cam l’orsacchiotto ha bisogno di un amicoo di un’amica.›› mi fa notare Cam con un sorrisetto soddisfatto. ‹‹E va bene… Allora mi piace l’orso rosa.›› dico. Cam si avvicina al banco e chiede alla vecchia signora che c’è dietro quanti punti servono per vincere l’orso rosa. ‹‹Devi fare far canestro almeno 10 volte con queste palline.›› risponde la signora. Cam accetta e mette sul bancone una banconota da cinque dollari. La signora la prende con avidità e al suo posto appoggia 12 palline colorate. Non appena la signora gli dà il via, Cam comincia a lanciare le palline nei canestri mobili sul fondo della bancarella. Con le prime 7 palline, Cam fa canestro senza problemi, poi ne sbaglia uno e riprende a fare canestro. Il risultato è di 11 canestri! ‹‹Complimenti, ragazzo. Ecco a te l’orsacchiotto. Buona serata!›› ci saluta la signora. Prendo l’orsacchiotto rosa in mano accorgendomi che è grande quasi quanto me.
‹‹Io direi di chiamarlo Cam 2.›› propone Cam mentre ci allontaniamo dalla bancarella. ‹‹Mi piacerebbe tanto sapere perché ogni cosa deve portare il tuo nome.›› chiedo. ‹‹Semplice, perché il mio è il nome più bello del pianeta e io in particolare sono la persona migliore del pianeta.›› risponde Cam. Non volevo arrivare a dirlo, ma Cam ha ragione. Non sul primo motivo, ma sul secondo. ‹‹E allora questo orsacchiotto sarà Sidney. Il mio nome è più bello del tuo.›› rispondo indignata. ‹‹Ai suoi ordini, capitan Sidney!›› risponde Cam. Il problema adesso sarà come fare a portare in aereo almeno uno dei due orsi. O lo incastro in valigia in qualche modo o gli compro un biglietto anche a lui.
Prima di fare altro, ci fermiamo a mangiare. Troviamo posto in un ristorante abbastanza elegante frequentato per di più da ragazzi della nostra età. Il cameriere ci mostra il nostro tavolo, uno di quelli alti con le sedie altrettanto alte. ‹‹Vi lascio già i menù. Prego, signorina, si accomodi pure.›› dice il cameriere spostando la mia sedia per farmici sedere. Un getso davvero elegante e gentile, non c’è che dire, però forse non si è accorto che la sedia è troppo alta per me. L’unico modo in cui riesco a salire su questo tipo di sedie è lo stesso in cui una balena si arena sulla sabbia. Sorrido lo stesso sperando che il cameriere evapori. ‹‹Si accomodi.›› ripete il cameriere. ‹‹Si… un secondo, arrivo.›› dico sperando che capisca che deve andarsene. ‹‹Cam…›› dico sottovoce. Nessuna risposta. Lancio uno sguardo verso Cam sperando che arrivi in mio aiuto, ma niente: ormai è già perso a vedere cosa fanno da mangiare. ‹‹Signorina, che fa? Non si siede?›› dice di nuovo il cameriere. ‹‹Cam… Cam!›› ripeto. Finalemnte Cam alza lo sguardo dal menù e capisce al volo la mia situazione. Cercando di trattenere una risata, si alza e mi raggiunge. ‹‹Allora? Vuole sedersi o no?›› chiede ancora il cameriere evidentemente spazientito. Mi piacerebbe tanto dirgli di andarsene. ‹‹Lasci fare a me.›› dice Cam al cameriere facendolo spostare. Cam mi prende per i fianchi e mi solleva. Mi appoggia poi sulla sedia e mi spinge sotto al tavolo. ‹‹A posto, ora se ne può andare. Addio!›› dice Cam sempre rivolto al cameriere. ‹‹Non c’era bisogno di prendermi in braccio come una bambina piccola. Avevo solo bisogno che se ne andasse quel tipo. So salire su una sedia, ma non in modo elegante.›› ribatto.
Dopo aver mangiato, facciamo una passeggiata sulla spiaggia in attesa di salire sulla ruota. Io non vedo l’ora di salirci, ma Cam continua a dirmi che dobbiamo aspettare il momento giusto… Passeggiamo sotto le stelle in riva all’oceano pacifico. ‹‹Che scena romantica.›› commenta cam ad un certo punto. ‹‹Già…›› rispondo senza smettere di guardarmi intorno. ‹‹Quindi… andrebbe rovinata…›› dice Cam. Non riesco a rispondere che Cam mi spinge verso l’acqua sperando di farmici cadere. In qualche modo riesco a non finire a terra del tutto, però mi bagno tutte le scarpe. ‹‹Le scarpe nuove!›› esclamo guardando le mie povere scarpe. ‹‹Oh che palle, prima il vestito e ora le scarpe…›› si almenta Cam prendendomi in giro. Nel giro di pochi secondi ci ritroviamo a rincorrerci. Scena roamntica in riva all’oceano, stelle che si riflettono nell’acqua, coppie felici che passeggiano tenendosi per mano e… io e Cam sdraiati per terra sulla sabbia a tirarci i capelli. Il totale di scene potenzialmente romantiche rovinate direi  che ammonta a quattro o cinque. ‹‹Non rovinare la coda che mi ha fatto Sharon!›› mi lamento. ‹‹Tu mi hai rovinato il ciuffo!›› ribatte Cam. ‹‹Oh mamma, scusa! Tu mi hai solo stropicciato il vestito e inzuppato le scarpe dopotutto.›› continuo. ‹‹Va bene, adesso basta. Non era così che mi ero immaginato la serata. Inziamo ad andare verso la ruota, è quasi ora.›› dice Cam bloccandomi le mani. ‹‹Per una volta puoi evitare di rovinare tutte le scene romantiche?›› chiedo rialzandomi. ‹‹Lo metto tra i buoni propositi per l’anno nuovo.›› dice Cam.
Ritorniamo sul molo dove c’è la ruota e aspettiamo. Mi appoggio al parapetto che si affaccia sul Pacifico e guardo un punto non definito all’orizzonte. La mia mente si affolla di pensieri di ogni genere, dal come riuscire a fare bene l’entrata in trave, alle pagine che ho da studiare di storia per le vacanze fino a domandarmi se homesso in valigia il caricabatteria del cellulare. Tra tutti i pensieri, però, uno in particolare si fa spazio tra gli altri: “Io e Cam finiremo domani mattina o la nostra amicizia, o qualsiasi cosa c’è tra di noi, proseguirà?”. Cam si accorge che ho lo sguardo perso nel vuoto, mi si avvicina e mi mette un braccio intorno alle spalle. ‹‹Qualcosa non va?›› mi chiede dolcemente. ‹‹Va tutto bene, davvero.›› mento cercando di sorridere. ‹‹Non ci credo. Ti conosco abbastanza bene da capire quando qualcosa non va. Quindi te lo richiedo: c’è qualcosa che non va?›› ripete Cam. Mi tolgo il suo braccio dalle spalle e mi giro verso di lui. ‹‹Cosa ne sarà di noi da domani?›› gli chiedo cercando di trattenere le lacrime. ‹‹Devo dirti la verità o quello che vuoi sentirti dire?›› mi chiede lui. ‹‹Dimmi quello che vorrei sentirmi dire.›› affermo. ‹‹Domani mattina ritornerà tutto normale, io e te andremo a scuola insieme, passeremo le solite serate insieme e niente più Hawaii o cose simili. Staremo insieme.›› dice Cam sorridendo. Sorrido anche io per un breve istante. ‹‹Ora dimmi la verità.›› chiedo. Cam prende un respiro profondo. ‹‹La verità è che non lo so, non so cosa succederà, non so cosa ne sarà di noi. Anzi, so di te. So che tornerai a Los Angeles non appena le vacanze finiranno. Andrai a scuola, a ginnastica, farai le gare e vincerai. Di me non lo so. Resterò alle Hawaii o tornerò anche io a Los Angeles? Verrò a vederti alle gare o mi dimenticherò di te dopo un po’? Non lo so, davvero. So solo che dimenticarmi di te sarebbe impossibile.›› dice Cam. ‹‹Quanto vorrei poterne essere certa…›› rispondo. ‹‹Devo pensarci a quello che succederà. Forse lo so ma non ora. Ho bisogno di tempo. Prometto di darti una risposta certa domani mattina. Ora god… Oh mamma! E’ ra di andare sulla ruota! Sbrigati Sid!›› esclama Cam d’un tratto.
Lo rincorro lungo tutto il molo fino a che non arriviamo davanti alla ruota. Cam mi afferra un braccio e mi trascina dentro uno dei seggiolini della ruota. ‹‹Hei, ragazzo! Devi pagare per salire!›› si lamenta il signore che aziona la ruota. ‹‹La pago dopo, prima faccio il giro!›› risponde Cam. Il signore non sembra molto entusiasta, ma ci lascia continuare il giro. Sistemo l’orsacchiotto di fianco a me sperando che non cada. ‹‹Vieni qui, vieni qui, girati, muoviti!›› esclama Cam facendomi sedere di fianco a lui. ‹‹Cam, perché non siamo saliti prima? Cosa c’è adesso di speciale?›› chiedo senza capire. Io vedo l’oceano, le stelle, la spiaggia… ‹‹Sei pronta? Okay… Tre… Due… Uno… Adesso!›› dice Cam indicando un punto sulla costa alla nostra destra. Da quel punto si alzano in cielo miliardi di luci colorate, i fuochi d’artificio. Fucsia, giallo, verde, blu, rosso… il cielo nero della notte si colora di tutti i colori possibili. Sono i fuochi d’artificio più belli che io abbia ami visto. ‹‹E’ per la festa di paese. Li fanno ogni anno e sono tra i più belli della California. Venivo sempre a vederli con la mia famiglia e Nash. Mi sono sempre piaciuti, fin da bambino.›› racconta Cam. ‹‹Sono stupendi…›› commento a bocca aperta. ‹‹Mia mamma mi raccontava che all’inizio questi fuochi venivano fatti per segnalare ai marinai dov’era la terra durante la notte. Erano visti un po’ come delle luci di speranza. Mia mamma diceva anche che nelle epoche più recenti, la gente li guardava con una persona speciale al proprio fianco perché secondo la tradizione aiuterebbero le due persone a ritrovarsi nel caso dovessero mai separarsi, come i marinai con la terra.›› continua Cam. ‹‹Per questo tua mamma portava te e te portavi Nash…›› deduco. ‹‹Ed è per questo che oggi ho portato te.›› dice Cam. Mi volto verso di lui scoprendo che la distanza tra le nostre facce è molto, molto minore di quella che pensavo. I nostri nasi si sfiorano e le nostre fronti sono appoggiate. Non so se voglio tirarmi indietro o avvicinarmi di più. Mi vengono in mente le parole di Patty, “bacia quel ragazzo”. Non so cosa fare. Sento cam avvicinarsi lentamente ma, prima che le nostre labbra si possano incontrare, uno strattone ci separa. Entrambi giriamo al testa di lato e ci accorgiamo che il giro è finito. ‹‹Sono 15 dollari.›› dice il signore di prima allungando al mano verso di noi. ‹‹Ero convinto fossero 10 in tutto, 5 a testa.›› gli fa notare Cam. ‹‹Esatto, voi però siete in tre. Anche l’orso conta.›› precisa il signore. Cam alza gli occhi al cielo e, con l’entusiasmo di una zanzara spiaccicata, sfila dal portafoglio una banconota da 10 e una da 5.Ci alziamo e scendiamo dalla ruota. Sono un po’ delusa a dir la verità, speravo che almeno questa sera succedesse qualcosa tra di noi. E sarebbe successo qualcosa se non ci avessero interrotto. Anche Cam non sembra particolarmente entusiasta dell’interruzzione, però lo dà meno a vedere. ‹‹Tutto a posto, Sid?›› mi chiede dopo un po’, mentre passeggiamo lungo il molo. ‹‹Si, si, tutto a posto.›› rispondo sorridendo.‹‹Vuoi salire su qualche altra montagna russa? Vuoi fare un altro giro sulla ruota? Vuoi fare una passeggiata in spiaggia? Vuoi prendere lo zucchero filato?›› continua a chiedermi Cam. Scuoto la testa e lo supero. ‹‹Guarda che qui fanno lo zucchero filato di tutti i colori… c’è anche rosa…›› dice Cam. Improvvisamente mi blocco e mi giro verso di lui. ‹‹Cosa hai detto?›› chiedo per essere sicura di aver sentito bene. Vado pazza per lo zucchero filato e per il rosa, figuriamoci se mettiamo le due cose insieme! ‹‹Ho detto che fanno lo zucchero filato rosa…›› ripete Cam sorridendo. ‹‹Beh… in questo caso… penso di volere lo zucchero filato.›› rispondo. Il sorriso di Cam si allarga e il mio fa lo stesso, poi mi prende per mano e andiamo verso una bancarella che lo vende. Compriamo due zuccheri filati, uno rosa per me e uno azzurro per Cam. ‹‹Aspetta a mangiarlo!›› mi sgrida Cam mentre sto mettendo in bocca un mega pezzo di zucchero filato. ‹‹Perché?›› chiedo con la bocca ancora piena. ‹‹Dobbiamo fare una foto, come abbiamo fatto in tutti i posti dove siamo andati insieme.›› spiega Cam mostrandomi il cellulare. ‹‹Non se ne parla, prima finisco di mangiare.›› ribatto facendo un altro boccone. Prima che io possa girarmi e continuare a camminare, vengo accecata da un flash. Mi volto di nuovo verso Cam. ‹‹L’intenzione era quella di non farti sapere che ti stavo facendo una foto, però è partito il flash. Guarda, è divertentissima!›› dice ridendo mentre mi mostra la foto appena fatta. ‹‹Non ho parole, sembro una che è appena uscita dal manicomio e non mangia da secoli.›› mi lamento. ‹‹Allora facciamone una fatta bene.›› propone Cam. Se non voglio ritrovarmi un servizio fotografico dove mangio come un elefante mi conviene accettare. Cam ferma un turista che non riesco a capire se è svedese o cinese. Non so come io non sia in grado di distinguere un cinese da uno svedese, quindi niente domande. Io e Cam ci mettiamo in posa proprio davanti alla ruota panoramica. Cam mi stringe a sé e, mentre teniamo gli zucchero filati davanti a noi, il turista ci scatta un paio di foto e ci restituisce il cellulare. Mentre io guardo le foto, Cam si diverte a rubarmi pezzi di zucchero filato, così quando finisco di scorrere le immagini mi ritrovo con il bastoncino vuoto. ‹‹Giuro di odiarti.›› dico a Cam guardandolo malissimo. ‹‹Anche io ti voglio bene!›› si limita a dire ridendo.
Restiamo a Santa Monica ancora un paio d’ore, fino a mezzanotte più o meno. ‹‹Direi che è ora di tornare. Domani dobbiamo alzarci presto per andare in aeroporto.›› mi ricorda Cam. Annuisco poco convinta, però Cam ha ragione. Nessuno dei due può perdere il volo anche se entrambi vorremmo. Guardo per l’ultima volta Santa Monica e l’oceano Pacifico. So bene che potrò tornarci quando voglio, ma senza Cam non sarà mai lo stesso. Ci dirigiamo verso la macchina. Una volta arrivati al parcheggio (che si trova su una collinetta), mi fermo qualche secondo a guardare ancora le luci del luna park mentre Cam si avvicina alla macchina senza accorgersi che io non lo sto seguendo.  Guardando l’oceano non riesco a  fare a meno di pensare a dove sono le Hawaii. So che sono in mezzo al Pacifico e che sono tante isolette, ma precisamente, dove sono? Quanto lontane da Los Angeles? Quanto ci vuole ad arrivarci? Quanto costa arrivarci? Su quale isola andrà Cam? ‹‹Sidney, Non vieni?›› mi dice cam distogliendomi dai miei pensieri. ‹‹Come, scusa?›› chiedo tornando alla realtà. ‹‹E’ ora di andare.›› ripete Cam con le chiavi della macchina in mano. ‹‹Ah, si, giusto. Arrivo, dammi un secondo.›› rispondo. Cam annuisce e mi aspetta a pochi passi di distanza. Riprendo a guardare l’oceano. Da una parte so che non dovrei farlo, mi fa solo pensare a quanto io e Cam saremo lontani, ma dall’altra non riesco a non pensarci. Mentre penso a queste cose, mi scende una lacrima che cerco di nascondere asciugandola subito. Cam non se la lascia sfuggire e mi si avvicina. ‹‹Sid, sei sicura che vada tutto bene?›› mi chiede appoggiando la testa sulla mia spalla dal dietro. Mi asciugo un’altra lacrima e scuoto la testa. E’ inutile nascondere le cose a Cam, tanto si accorgerebbe lo stesso. ‹‹Sidney… Perché stai piangendo?›› mi chiede Cam facendomi voltare verso di lui. ‹‹Non sto piangendo…›› provo a mentire. ‹‹Ah, certo. Ti sta solo uscendo dell’acqua dagli occhi. Come ho fatto a pensare che stessi piangendo?›› ribatte Cam battendosi una mano sulla fronte e ridendo. Non smetterò mai di dirlo: Cam ha la risata contagiosa. Senza volerlo mi ritrovo a sorridere. Cam mi guarda sorridente anche lui, con la stessa espressione fiera di un artista che guarda il suo quadro, di un ginnasta che guarda la sua medaglia, di un padre che guarda il proprio figlio imparare a camminare. ‹‹Vieni qui.›› dice Cam stringendomi a lui. Mi abbraccia forte, talmente forte che fatico a respirare, ma va bene così. Ne avevo bisogno.
Dopo qualche secondo o forse minuto, Cam scioglie l’abbraccio e si gira con me di nuovo verso l’oceano. ‹‹Cosa c’è che ti preoccupa così tanto?›› mi chiede. ‹‹Che tu sarai lontano.›› ammetto stringendomi leggermente a lui. ‹‹Non sarò lontano. Semplicemente non sarò di fianco a te per un po’. Ma ci sarò sempre per te, questo non dimenticartelo mai.›› dice Cam. ‹‹Ma Cam, come fai a dire che non sarai lontano?›› chiedo. ‹‹Sai dove sono le Hawaii?›› ribatte lui. Faccio cenno di no. ‹‹Sono là in fondo. Sono dove l’oceano sembra finire.›› mi spiega indicando un punto all’orizzonte. Continuo a pensare che siano lontane e a dirla tutta non credo granchè a quello che mi ha appena detto, però voglio far finta che sia vero. ‹‹Io sarò lì. Ogni tanto, quando vai in spiaggia, salutami. Magari ci vediamo.›› continua. È una cosa assolutamente impossibile, ma l’idea mi piace. Mi volto verso Cam e gli sorrido. Cam fa lo stesso, poi ritorniamo a guardare l’oceano. ‹‹Non devi preoccuparti, va bene?›› mi rassucra Cam. Annuisco. ‹‹Va bene.›› ripeto. Cam mi stringe di nuovo a sé, poi mi lascia un bacio sull’angolo della bocca e si sposta immediatamente, tornando verso la macchina. ‹‹E’ ora di andare.›› dice sorridendo per poi raggiungere la macchina. Per i primi 10 secondi rimango immobile nella posizione in cui mi ha lasciata e continuo a sfiorare il punto dove mi ha dato un bacio. Sorrido come una stupida fino a che non mi decido a seguire Cam.



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