QUARANTASEI

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La mattina mi sveglio abbastanza sul presto dato che c'è scuola. Mi metto a sedere sul letto a fatica e apro gli occhi lentamente. Non appena intravedo una parte di muro azzurro, li spalanco. Mi guardo intorno spaventata: questa non è camera mia. Dove sono le pareti bianche? Le foto attaccate ai muri? Le lucine? La finestrella?
Questa stanza è azzurra e blu, il letto ha le lenzuola azzurre e non ci sono tutti i pupazzi che popolano il mio.
Mi scopro di scatto e rimango ancora più sorpresa nel vedere quel che ho addosso: il mio vestito rosa del ballo.
Mi giro verso dove dovrebbe esserci la mia finestrella ma, al suo posto, trovo un finestrone da dove si può accedere ad una terrazza.
Solo quando noto le due poltrone-cuscino appoggiate al vetro faccio due più due: questa non è casa mia, bensì quella di Cam.
Cosa cavolo ci faccio qui?
Non capisco. Sto ancora dormendo? Impossibile, sono sveglissima. Ho le allucinazioni? Ieri sera non ho né bevuto né fumato roba strana. Sono fuori di testa? Forse un po'.
Vengo distolta dai miei pensieri quando qualcuno bussa alla porta.
«Sid, sei sveglia?» mi chiede la voce di Cam. «No.» rispondo. Stupida. Stupida. Stupida. Quando mai uno che dorme risponde? «Okay sei sveglia.» afferma Cam aprendo la porta.
Immediatamente prendo le coperte e me le tiro fin sulla faccia senza un motivo preciso.
«Adesso hai anche paura di me? Di nuovo? Pensavo che la Camfobia ti fosse passata.» si lamenta lui avvicinandosi al letto. «Cam... cosa ci faccio qui? Perché non sono a casa mia?» chiedo avendo già paura della risposta. «Se te lo dico non ci crederesti mai.» dice lui. Tanto, ormai che so di essere pazza, penso di poter credere a tutto, perfino ad un asino giallo e viola che mi ha portata in volo fino a qui. «Te lo dico dopo, ora vestiti e scendi che preparo la colazione.» continua Cam. «E con cosa mi dovrei vestire se i miei vestiti sono tutti nella casa dall'altra parte della strada?» puntualizzo. Non lo so, se vuole che usi un cuscino come maglietta e una coperta come gonna allora va bene. «Emh... ammetto di non averci pensato. Ti cerco qualcosa.» risponde Cam andando a frugare nel suo armadio. Mi passa una maglietta una camicia hawaiana a maniche corte azzurra con dei fiori rosa e un paio di pantaloncini corti bianchi di jeans. «Secondo me ti stanno grandi, però inizia a metterli per adesso. Poi cerchiamo qualcosa di meglio.» dice Cam. «Dopo vado a casa.» ribatto. «Ecco, è questo il problema.» si limita a dire uscendo dalla stanza.

Perché non posso andare a casa? Cosa è successo alla mia povera casa? Mi alzo di scatto e inciampo sulla gonna del vestito. Vado alla porta e la chiudo per poi cambiarmi. Tolgo l'abito e metto la camicia di Cam. Mi sta talmente grande che solo quella mi fa già da vestito, così lascio perdere i pantaloni e corro giù dalle scale. «Caaaam!» urlo mentre scendo la penultima rampa. «Cam!» ripeto quando sono sull'ultima. «Che c'è?» dice lui sbucando dalla porta della cucina (che è di fianco alle scale). In quel momento metto male i piedi e con il destro calpesto il sinistro. Fantastico, ora sto volando giù dalle scale. Prima di poter atterrare di faccia, Cam mi prende al volo e mi ferma. «O mio dio, Sid! Ma come fai a state in piedi su una trave?» dice Cam una volta che mi ha rimessa in piedi. «Cosa è successo a casa mia?» chiedo terrorizzata dalle idee che mi saltano in mente. Un incendio? Un'esplosione? Un meteorite? «Hai armi con te?» mi chiede. Siamo sicuri che questo ragazzo stia bene di cervello? Io non tanto. «No ma cosa c'entrano ora le armi?» mi lamento. «Probabilmente mi ucciderai.» dice. Va bene, se lo dovrò fare non sarò pronta. Ma cavolo Sidney, una pistola bisogna sempre averla, no? «Allora... da dove posso iniziare...» esordisce lui. «Inizia a dirmi come sono finita a casa tua. Io ero convinta di essere salita in macchina con te, non di essere venuta qui.» lo interrompo. «Va bene. Sei salita in macchina con me ma poi ti sei addormentata. Volevo portarti su in camera tua, solo che non avevo le chiavi di casa tua. Allora ho pensato che le avessi messe nella cover o attaccate al telefono come fai di solito.» inizia a raccontare. «Te le ho date insieme al cellulare, scemo. Ce le avevi in tasca.» gli ricordo.
«Appunto, peccato che mi è venuto in mente troppo dopo. Sono sceso dalla macchina e sono andato ad aprire il cancelletto, solo che...» si blocca. «Solo che? Cosa hai combinato?» chiedo incrociando le braccia al petto. «Vedi... ho tirato fuori il tuo cellulare per prendere le chiavi convinto che fossero attaccate alla cover, però, nel tirarlo fuori... diciamo che... le chiavi di casa tua... sono... emh... saltate fuori dalla tasca e...» continua. «E...?» Lo incito.«E sono cadute non so dove e non le ho più trovate.» conclude Cam. «Tu hai fatto cosa?» chiedo spalancando gli occhi incredula. «Ti giuro che le ho cercate! In quel momento stavano tornando anche Nash e Sharon dal ballo e mi hanno aiutato a cercarle ma niente!» si giustifica. «Tu hai fatto cosa?» ripeto. «Fammi finire. Nash ha ritrovato le chiavi del cancelletto, ma quelle della casa niente. Scomparse. Sharon ha cercato per tutto il viale e anche in spiaggia ma niente. Poi si è fatto davvero troppo tardi e lasciarti dormire in strada o nel tuo cortile mi sembrava poco carino, allora ti ho portata a dormire qui.» spiega Cam. «Tu mi hai perso le chiavi di casa?!» ripeto sempre più incredula. E io ora come dovrei fare? «Si... E mi dispiace. Tanto.» dice Cam abbassando lo sguardo. Faccio un respiro profondo. Dovrei essere arrabbiatissima per questo, ma non ci riesco. O almeno, con Cam. Sono arrabbiata, però non come dovrei. «Okay. Va bene. Devo solo capire cosa fare, dove dormire e dove vivere fino a che le chiavi non ricompaiono.» dico più a me stessa che a lui. Scassinare la serratura è fuori discussione e cambiarla anche, non ho tutti questi soldi. Dopotutto non ho un lavoro e vivo a spese dei miei genitori. Poi quando faccio le gare alcuni premi consistono in soldi, ma spenderli in serrature non era tra i miei piani.
«Non so se dopo di questa ti va, ma potresti stare da me nel frattempo che ritroviamo le chiavi.» propone Cam. All'idea sorrido senza un perché. «E va bene. Basta che durante la notte non mi fai scherzi, non mi chiudi sul balcone, non mi dai fuoco e non mi butti dalla finestra.» lo avviso. «Uffa, mi hai scoperto...» scherza lui. «E poi mi devi aiutare a ritrovare le chiavi.» continuo. «Quello per forza. Te le ho prese io, è colpa mia e quindi tocca a me trovartele.» accetta.

Dopo aver fatto la colazione più silenziosa e pensierosa dell'universo, mi alzo senza dire una parola e mi dirigo verso le scale. «Dove vai?» mi chiede Cam. «Vado a sistemare il vestito. Posso appenderlo nel tuo armadio?» chiedo. «Si, certo. Fai come se fossi a casa tua.» risponde lui, poi sento i suoi passi raggiungermi dal dietro. «Aspetta!» esclama fermandomi. Lo guardo con aria interrogativa. «Va bene tutto, però metti le ciabatte amore mio, se vai in giro a piedi scalzi poi prendi pure il raffreddore. Farà anche caldo, ma è pur sempre inverno.» mi rimprovera passandomi un paio di ciabatte che saranno almeno centocinquanta numeri in più del mio. «Agli ordini capo.» rispondo mettendo le ciabatte. Non appena Cam ritorna in cucina, salgo le scale saltellando: mi ha chiamata amore mio! Ora la mia vita è completa, ciao.
Una volta un camera appendo il mio vestito dentro l'armadio di Cam. Se in questo momento qualcuno dovrebbe aprirlo, vedrebbe una serie infinita di magliette nere o blu interrotte da un vestito da ballo rosa.

Improvvisamente mi sorgono varie domande: come mi vestirò in questi giorni per andare a scuola? Che scarpe userò? E soprattutto... Come preparerò le valigie per tornare in Italia?
«Caaaam!» chiamo dal piano di sopra. «Cosa vuoi?» risponde lui. «Vieni subito qui!» continuo. Lo sento arrivare in fretta e infatti pochi secondi dopo compare davanti a me.
«Ho un problema.» esordisco. «Uno o tanti?» mi chiede. Ormai mi conosce troppo bene, per me uno vuol dire uno moltiplicato per settecento. «Devi dirmi come farò a preparare le valigie se non posso entrare in casa mia, con che vestiti andrò in giro se non ho i miei e che scarpe metterò.» mi lamento.
«Allora... Per i vestiti ti presto un po' i miei e un po' li rubi da Sharon, le scarpe usi queste con il tacco del ballo e le valigie... emh... dammi tre giorni e ti trovo le chiavi.» risponde Cam.
«Le scarpe con il tacco? Dici proprio quelle? Quelle con il tacco?» Mi assicuro. Spero stesse scherzando.

Cam annuisce serio e io inizio a preoccuparmi. Le scarpe con il tacco? Non ci so camminare. Lo guardo cercando di ricordargli che io e i tacchi non andiamo molto d'accordo.
«E va bene... tieni.» dice Can prendendo dalla tasca posteriore dei pantaloni il portafoglio. Sfila una banconota da 100 dollari e la allunga verso di me. Questo è pazzo, ne sono sicura.
«Prendi.» ripete lui avvicinando la banconota ancor di più a me.
La guardo come se fosse un qualcosa proveniente da un altro pianeta.
«Prendila. Vai a comprarti un paio di scarpe, te le regalo io. Ho fatto io il danno e piano piano dovrò riparare.» continua.
Sarò anche stupida magari, ma io 100 dollari così non li voglio. Apprezzo il gesto, ma mi sentirei un ladro.
«No, no e no, è fuori discussione. Non devi pagarmi il danno, non sono né un vigile urbano né un carabiniere. Non faccio multe. Grazie mille, davvero, ma penso che cercherò di sopravvivere con i tacchi. Limitati a ritrovare le chiavi mentre io vado a scuola.» ribatto.

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