Quando ritorniamo nella camera dell’albergo, da tanto che sono stanca, mi lancio direttamente così come sono sul letto: non mi prendo nemmeno il disturbo di toglermi le scrape o i panataloni della tuta né tantomeno il body e mettere la maglia-pigiama. Mi appoggio a cam il mega orsacchiotto e mi prendo qualche minuto per vedere le foto che papà mi ha fatto alla gara. Mentre imposto la mia preferita come sfondo (ovviamente quella con Cam e la medaglia d’oro), vengo interrotta da un flash. Alzo lo sgurado verso Cam. ‹‹Scusa, il flash non doveva partire. In realtà non dovevi neanche scoprire che ti stavo facendo una foto ma a questo punto vai a vedere le mie instagram stories.›› dice nascondendo il telefono. Ormai mi sono talmente abituata agli scherzi di Cam che quasi mi piacciono. Forse mi mancheranno anche, quando partirà per le Hawaii. Tentando di scacciare via il pensiero che presto Cam dovrà andarsene, controllo le sue instagram stories: nella prima c’è una foto di Houston fatta sicuramente dal nostro balcone, poi c’è un’altra dove si vede l’arena dove abbiamo fatto le gare, quella dopo è un boomerang dove ci sono io al corpo libero che faccio il salto avanti, poi un altro boomerang mostra ancora me ma stavolta sulle parallele mentre nella penultima ci sono sempre io sul podio con la medaglia e sotto c’è la scritta “la mia campionessa preferita”. Quando vedo l’ultima foto, quella che mi ha appena fatto, mi viene da ridere: ci sono io nella stessa posizione in cui mi trovo ora, mezza sdraiata sull’orsacchiotto gigante con le ginocchia al petto e le scarpe sul letto. La mia faccia sembra che stia dicendo “lasciatemi in pace che ho sonno”. È una foto assolutamente terribile!
‹‹Da quando in qua saliamo sul letto con le scarpe? Pensi che non abbia visto le stories di instagram di cam?›› mi rimprovera mia mamma quando scendiamo per la cena. ‹‹Ma… mamma, ecco io… ero stanca e…›› mi giustifico. Mia mamma scoppia a ridere. ‹‹Lascia stare Sid, non ce la faccio ad essere arrabbiata con te oggi. Hai appena vinto il titolo di campionessa nazionale e poi non voglio passare l’ultimo giorno qui arrabbiata.›› dice lei. Se questo titolo mi esenta dalle sgridate, allora me lo tengo stretto. ‹‹Danielle, puoi dire a tua figlia Adelaide se torna a dormire da noi stasera?›› dice papà alla mamma. ‹‹E non puoi dirglielo tu, Fede?›› ribatte lei. Mentre i miei iniziano il loro stupidissimo litigio, ne approfitto per decidere con Cam cosa fare nei due giorni che ci rimangono. ‹‹Potremmo andare a vedere lo Space Center.›› propongo. ‹‹Si, e poi andiamo anche allo zoo.›› aggiunge Cam. ‹‹Oppure allo Houston Museum of Fine Arts.›› dico a mia volta. ‹‹La storia dell’arte mi fa schifo. Andiamo allo zoo.›› ribatte Cam ritornando sulle pagine della guida dedicate allo zoo. ‹‹e a me non piace camminare tra gli animali. Voglio vedere il museo d’arte.›› contro ribatto. ‹‹E io gli animali.›› ripete lui. ‹‹E allora io voglio andare all’acquario.›› si aggiunge Adelaide. ‹‹Certo che litigate un sacco! E io che pensavo che nessuno litigasse più di mamma e papà…›› continua mia sorella. Io e Cam ci scambiamo un’occhiata di scuse l’uno verso l’altra. ‹‹Va bene, andiamo al museo.›› cede Cam. ‹‹Grazie. Però allo zoo no.›› dico. ‹‹Hei, così non vale! Io ti porto dove vuoi, ma tu poi vieni allo zoo!›› si lamenta. ‹‹E basta! Io sono la campionessa americana e quindi scelgo io!›› dico tutta fiera. ‹‹Ma smettila, tanto lo sai che faccio sempre quello che vuoi… pur di farti felice, campionessa o no, faccio sempre quello che vuoi.›› dice alla fine Cam.
Dopo aver passato le ultime due ore a decidere cosa fare domani e dopodomani, aiuto Adelaide a preparare la sua valigia. ‹‹Sidney, io non voglio andare a casa. Io voglio stare con te.›› piagnucola Adelaide. ‹‹Shh, non piangere. Ti verrò a trovare presto. Magari a Natale vengo a casa così saluto anche i nonni.›› la rassicuro. Prima che lei possa rispondere, mamma e papà entrano nella nostra camera. ‹‹Dede, Sid, abbiamo una notiziona!›› esordisce papà. ‹‹Abbiamo deciso di rimanere qui altri due giorni. Torniamo a casa quando torni anche te Sid. Abbiamo spostato l’aereo!›› dice mamma felice. A questo punto, Adelaide inizia a saltare per tutta la stanza felice. ‹‹Altri due giorni con la mia sorellona e il suo amico!›› grida saltellando.
Nei due giorni seguenti, andiamo tutti insieme a visitare la città di Houston e le cose che offre: alla fine abbiamo visto lo Space Center, il Houston Museum of Fine Arts, lo zoo (per far felice il piccolo Cam), l’acquario, il rocket park e la spiaggia. Cam ha anche avuto il coraggio di chiedere se potevamo andare al Children’s museum. ‹‹Cosa ti è piaciuto di più di Houston?›› mi chiede papà. ‹‹Mhh… penso lo Space Center.›› rispondo. ‹‹Sicuramente perché ti ho fatto una foto meravigliosa dove sembri uno gnomo malefico in preda ad un attacco di crisi isterica.›› mi prende in giro Cam. ‹‹Disse quello che si è spaventato vedendo una tuta da astronauta…›› ribatto. ‹‹A me è piaciuto l’acquario!›› dice Adelaide. ‹‹Soprattutto perché Sidney è quasi caduta dentro la vasca delle mante!›› continua ridendo. Okay, così non va bene. Sono due contro uno, non è giusto.
Io e Cam passiamo tutta la sera a fare le valigie e a capire dove mettere l’orso gigante e come portarlo a bordo. La mattina mi sveglio presto e metto nella valigia di Cam la sua maglietta-pigiama. Indosso un paio di pantaloni della tuta bianchi con una riga nera sui lati e una canottiera nera. Sopra metto una felpa aperta bianca che ho preso insieme ai pantaloni. Visto che stamattina i miei capelli rappresentano qualcosa di innominabile, faccio due trecce. ‹‹Non hai una via di mezzo?›› mi chiede Cam mentre metto le scarpe. ‹‹In cosa?›› chiedo confusa. ‹‹Sei passata dal vestirti benissimo, stile top model, allo stile di una barbona.›› scherza Cam ridendo. ‹‹e allora faremo i barboni oggi. Non è che te sia vestito molto più da divo di me oggi.›› lo prendo in giro indicando la sua tuta che è esattamente identica alla mia solo che è nera.
Andiamo in aeroporto con i miei genitori e mia sorella che anche loro devono partire. Tutti dobbiamo partire oggi. Mamma, papà e Adelaide tornano a Milano, a casa. Io e Cam a Los Angeles. I voli per Los Angeles e Milano sono uno dopo l’altro perché partono da gate vicini. Una parte di me vorrebbe tantissimo prendere l’aereo per Milano, così potrei tornarmene a casa dalla mia famiglia, ma dall’altra non voglio staccarmi da Cam. Passiamo tutti i controlli abbastanza in fretta e raggiungiamo i due gate da dove dobbiamo partire. Sono uno di fianco all’altro. Il volo di Milano parte mezz’ora prima di quello per Los Angeles, così i miei sono costretti a mettersi in fila per l’imbarco da subito. ‹‹E’ stato un piacere rivederti, Sid. Appena puoi, magari a Natale, torna a Milano così stiamo tutti insieme. Ovviamente Cameron è sempre il benvenuto. Ti salutano anche i nonni. La nonna mi ha detto di dirti di mangiare che se no poi diventi troppo debole.›› dice papà abbracciandomi. ‹‹Ci mancherai tanto. Fatti sentire qualche volta.›› dice mia mamma, poi mi abbraccia. ‹‹E tieniti stretto Cam. Ragazzi così non se ne trovano più oggi. Non ti avevo mai visto così felice come quando sei con lui.›› mi dice nell’orecchio. Annuisco e saluto Adelaide che è in lacrime da ieri sera. Quando tutti e tre si imbarcano e scompaiono dal mio raggio visivo, mi siedo su una delle poltroncine di attesa di fianco a Cam. Guardando l’aereo per l’Italia che comincia a spostarsi verso la pista, una lacrima scappa anche a me. ‹‹Stai tranquilla, sono sicuro che li rivedrai presto.›› mi consola Cam abbracciandomi. Mi asciugo gli occhi sulla sua felpa e poi appoggio la testa sulla sua spalla e rimango a guardare fuori dalla vetrata. ‹‹Sei pronta a tornare a casa?›› mi chiede Cam quando aprono l’imbarco. ‹‹Prontissima.›› dico, anche se avrei voluto aggiungere “se ci sei tu”.
Mentre aspettiamo che aprano il gate, Cam sfila dalla tasca il suo cellulare e ci attacca un paio di auricolari. Lo guardo confusa. ‹‹Tieni.›› dice passandomi la cuffietta. La metto nell’orecchio leggermente spaventata: non si sa mai cosa può succedere quando sei con Cam. Lui, dopo aver sbloccato lo schermo, schiaccia sullo schermo del suo cellulare varie icone che non riesco a vedere, poi gira il telefono e mi fa vedere che clicca sulla freccina “play” per far partire una canzone. Gli accordi di “Right now” degli One Direction mi invadono la testa e quando la canzone inizia mi giro verso di Cam sorridendo. ‹‹E’ la canzone del tuo esercizio al corpo libero. Ti ha fatto prendere l’oro. Mi piace questa canzone.›› dice sorridendo a sua volta. ‹‹E’ la mia preferita. Mi fa pensare ad una persona speciale.›› dico riferendomi proprio a colui che mi sta a fianco. ‹‹E chi sarebbe questa persona?›› mi chiede con tono di sfida. ‹‹Non te lo dirò mai.›› rispondo soddisfatta.
STAI LEGGENDO
RIGHT NOW (in revisione)
Fanfiction"Dear me, one day I'll make you proud". Sidney, una ginnasta sedicenne italo-americana, dopo le mille delusioni avute dal suo sport in Italia, decide di trasferirsi a Los Angeles nella casa dove abitava la madre con la sua famiglia per avere nuove o...