SESSANTA

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La notte finisce troppo, troppo in fretta e arriva la mattina della partenza. O meglio, delle partenze. Io e Cam siamo arrivati a casa intorno alla una di notte e io non sono più riuscita a dormire. Avevo troppi pensieri per la testa. Volevo parlare del quasi-bacio di ieri sera sulla ruota e di quello al parcheggio, ma non ne ho avuto il coraggio. Avrei voluto chiedergli se provase qualcosa per me, come io lo provo con lui, ma anche lì il coraggio è scappato. A tutto ciò va aggiunto il pensiero di non rivedere Cam per non so quanto tempo. In poche parole non ho chiuso occhio tutta notte. Per fortuna mi aspetta un volo lunghissimo dove potrò dormire tutto il tempo (l’unica cosa buona della giornata). Nonostante sia ancora presto, mi preparo. Controllo di avere tutto ciò che mi serve in valigia e mi vesto. Al momento fa abbastanza caldo anche se è inverno. Si potrebbe benissimo indossare una maglietta a maniche corte e una gonna, ma sono sicura che a casa, in Italia, il tempo sia ben diverso, così metto un paio di jeans neri, un maglione grigio chiaro e la giacca di pelle. So che la giacca di pelle è un po’ leggera per l’inverno, ma è l’unica che ho portato. Lego i capelli in una coda alta e metto le scarpe. All’aeroporto ci accompagneranno Nash e Sharon. Loro sono quelli che staranno via meno, solo una settimana e per questo sono gli unici che lasceranno la macchina all’aeroporto.
Scendo al piano di sotto per fare colazione ma, quando apro l’anta della cucina per prendere una tazza del tè, mi accorgo di non aver nessuna voglia di mangiare. Decido allora di passare il tempo facendo qualcosa di utile. Esco in giardino e rimango a contemplare la piscina piena di acqua. La svuoto o la copro e via? Se la svuoto ci impiego una vita, se la copro faccio prima. Vado nel piccolo garage che c’è a fianco alla casa. È la prima volta da quando sono qui che ci entro. È buio e polveroso, ma dopo qualche ricerca riesco a trovare un telo cerato abbastanza grande per coprire la piscina. In una scatola di cartone contrassegnata dalla scritta “PISCINA” trovo anche varie cordicine e alcuni picchetti da campeggio. Prendo la scatola e la porto in giardino. La svuoto sul prato e insieme al contenuto, cade fuori anche un foglio pieno di polvere. È scritto evidentemente a mano con una calligrafia disordinata, uguale identica a quella dello zio, il fratello di mia mamma. Gli tolgo la polvere che ha sopra e provo a decifrarlo. Dice: “Istruzioni per la piscina”. Potrebbe essermi utile. Inizio a leggerlo e scopro che è suddiviso in punti.
1. Per aprire la piscina si deve togliere il telo e metterlo assolutamente a posto nel garage.
2. Per riempirla si deve usare la canna dell’acqua. Ci vogliono 4 ore per riempirla tutta.
3. Quando è piena bisogna aggiungere il cloro che si trova in bagno sotto al lavandino.
4. Per svuotarla ci voglio 5 ore e bisogna aprire i bocchettoni che ci sono sui lati.
5. Per coprirla non chiedete aiuto a mia sorella Danielle, fa solo disastri come far cadere il telo in acqua. Bisogna prendere il telo e allacciare i cordini che ci sono in garage a tutti i suoi buchi, poi bisogna fissarli a terra con i picchetti della tenda.
Finisco di leggere le istruzioni e mi do da fare. Penso che scrivere le istruzioni su come usare la piscina sia stata una delle poche cose buone che abbia mai fatto lo zio.  Inizio a legare i pezzetti di corda ai buchi che ci sono ai lati del telo e, una volta finito, assicuro il telo a terra da un lato usando i picchetti e un martello. Passo poi al secondo e al terzo lato. Quando arrivo all’ultimo, mi accorgo che manca un laccetto. Ero convinta di averlo messo. Lo cerco da tutte le parti ma non lo trovo. Alzo il telo dalla parte non ancora chiusa e scopro che il laccetto si trova in acqua e sta galleggiando tranquillo. Probabilmente l’avrò legato male e il nodo si sarà sciolto, cadendo così in acqua. ‹‹Perché ti sei staccato?›› domando al cordino come se potesse rispondermi. ‹‹Uff…›› sbuffo, poi mi abbasso per cercare di prenderlo. Mi metto in ginocchio sul bordo della piscina stando ben attenta a non bagnare i pantaloni. Allungo il braccio cercando di prendere il pezzo di corda, ma niente, lo spingo solo più il là. Decido di cambiare strategia: Al posto che tenere il telo sollevato con la mano, lo butto all’indietro senza pensare a come farò poi a riprenderlo dal mezzo della piscina. Prendo il martello sperando che mi aiuterà a raggiungere il cordino che rmai si trova disperso per la piscina. Mi rimetto in ginocchio sul bordo e, tenendo saldamente in mano il martello, allungo il braccio e cerco di nuovo di raggiungere quel maledetto cordoncino. ‹‹Cosa stai facendo?›› mi chiede una voce che conosco molto bene. Interrompo per un secondo l’operazione di recupero e mi giro verso la casa di fronte alla mia. Sul balcone c’è Cam che mi sta osservando divertito. ‹‹Cerco di recuperare il cordino che mi serve per chiudere la piscina. Se non ti dispiace ho da fare.›› rispondo ritornando a quello che stavo facendo. Cam non risponde ma continua a fissarmi. Allungo ancora un po’ il braccio e cerco di non sporgermi troppo per raggiungere il cordoncino. Ci sono quasi, ci sono quasi, fuochino, ci sono… Non appena la punta del martello sfiora la superficie dell’acqua e la cordicella, sotto di me non sento più il bordo della piscina. Questa sensazione viene subito sostituita dalla sensazione di cadere e di bagnato. Troppo tardi, mi sono sporta troppo e sono finita in piscina. Di nuovo. Riemergo, prendo il cordino e lo lancio sull’erba. ‹‹Fin dal primo giorno ho avuto ragione: sei una tuffatrice fantastica!›› commenta Cam dal balcone piegandosi in due dalle risate. ‹‹Stai zitto.›› gli ordino cercando di tirarmi fuori dall’acqua. Appoggio le mani sul bordo ma, prima che possa tirarmi su, una folata di vento fa alzare la parte non ancorata a terra del telo e mi finisce in testa, facendomi ricadere in acqua. Lo strattono arrabbiata e lo rilancio indietro, dove era prima. ‹‹Più vai avanti, più migliori, tuffatrice!›› continua Cam ridendo a crepapelle. ‹‹Al posto che stare lì a ridere potresti anche venire a darmi una mano!›› gli suggerisco arrabbiata. Cam scuote la testa sorridendo, come per dire che sono senza speranza, poi scompare dalla mia vista e riappare pochi secondi dopo davanti al mio cancello. Esco dall’acqua e gli apro.
‹‹Cosa devo fare?›› chiede Cam guardando la piscina. ‹‹Tu la copri, io vado a mettermi qualcosa di asciutto.›› dico. Cam accetta e si mette al lavoro mentre io torno in casa per asciugarmi e cambiarmi. Avvolta nel meraviglioso asciugamano di Hello Kitty, fisso i vestiti nell’armadio. Tutti quelli pesanti li ho messi in valigia, così adesso mi rimangono solo abitini primaverili o estivi, costumi e body di ginnastica più un paio di pantaloni neri di jeans identici a quelli che avevo prima e qualche maglia a maniche corte. ‹‹I vestiti non escono da soli dall’armadio.›› dice Cam alle mie spall… aspetta: cosa ci fa qui Cam?  Mi volto di scatto. ‹‹Cosa ci fai qui?›› chiedo quasi spaventata. ‹‹Bell’asciugamano. Pensavo Hello Kitty fosse passata di moda.›› commenta. ‹‹Di sicuro bussare prima di entrare si usa ancora.›› ribatto nascondendomi dietro l’anta dell’armadio. E’ imbarazzante farsi vedere dal ragazzo che ti piace mentre sei avvolta in un imbarazzatissimo asciugamano di Hello Kitty. ‹‹Ero solo venuto a dirti che ho chiuso la piscina e che Nash passa a prenderci tra 10 minuti.›› si giustifica lui. ‹‹Fantastico, grazie. Ora sparisci.›› dico spingendolo fuori dalla porta e chiudendogliela in faccia. Mi appoggio alla porta e tiro un sospiro di sollievo che dura fino a che non realizzo cosa mi ha detto Cam. Tra 10 minuti devo andare! Prendo dall’armadio i jeans neri, una maglietta a maniche corte bianca e una giacca di jeans, quella di ieri sera, la seconda cosa più pesante che ho. Dato che anche le scarpe si sono bagnate, dovrò cambiarle. Le mie povere All-Star, come farò senza di loro? Infilo le prime che trovo, un paio di stivaletti bassi neri. Lascio i capelli sciolti per farli asciugare e raggiungo Cam in giardino.

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