TRENTA

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Inizio da capo a provare ogni singolo esercizio, partendo da quelli che mi vengono meglio fino ad arrivare all’enjambe e alle parallele. Mi concentro prima sull’enjambe per una mezz’ora con scarsi risultati, poi passo alle parallele senza ottenere alcun miglioramento. Mi ripiazzo in mezzo al quadrato del corpo libero e riprovo a fare il salto. Niente. Più ci provo, peggio mi viene. Sono sull’orlo di una crisi nervosa. Guardo verso Cam e vedo che Adelaide si è addormentata sulle sue gambe. Cam guarda verso di me co un’espressione indecifrabile, a metà tra “Basta, per oggi va bene” e “Stai tranquilla, se non ti viene pazienza”. Ignoro la sua espressione e mi lancio nuovamente in una serie di enjambè cambio, cercando di aggiungerci anche il mezzo giro. Niente ancora. Sempre peggio. Provo un’altra volta, sarà la centonovantesima. Salto, batto i piedi sulla pedana del corpo libero, porto davanti la sinistra, faccio una sforbiciata e la lancio indietro cercando di toccarmi la testa con il piede. Quando atterro, appoggio il primo piede bene, il secondo lo metto troppo indietro, rischiando così di scivolare e sbagliando gravemente l’arrivo. Ci mancava solo sbgaliare l’arrivo. A questo punto mi sono davvero stancata di me stessa, così mi siedo sulla pedana in attesa di un miracolo divino. Mi viene da piangere se penso che domani ho le gare. Cam si accorge che non sono propriamente contenta del mio lavoro, così cerca di spostare Adelaide senza svegliarla. Quando si alza, si accorge che la sua impresa non è riuscita. ‹‹Stai lì, vado un attimo da tua sorella.›› le dice Cam. Adelaide annuisce ancora assonnata e lui viene di corsa da me. ‹‹Sidney! Cosa c’è che non va? Ti è venuto bene tutto!›› dice lui togliendomi le mani dal viso. ‹‹Non è vero, lasciami stare.›› ribatto girandomi dalla parte opposta. Mi sento peggio dei bambini piccoli e di questa cosa non ne vado fiera. ‹‹Cosa succede?›› chiede Adelaide facendo rimbombare la sua voce nel palazzetto vuoto. Nessuno di noi due le risponde. ‹‹Andiamo a prendere una boccata d’aria, ti farà bene.›› propone Cam aiuatandomi ad alzarmi.
Usciamo fuori e ci sediamo su un muretto. Adelaide ci segue preoccupata tenendosi a qualche passo di distanza. ‹‹Spiegami cosa c’è che non va.›› mi chiede Cam. ‹‹Sono un’incapace, ecco cosa c’è che non va.›› rispondo. ‹‹Non sei un’incapace proprio per niente!›› dice lui. ‹‹Invece si! se no perché non so fare una stupidissima verticale sulle parallele o un’enjambe degno del suo nome?›› mi lamento. Sto quasi per piangere e non voglio farmi vedere così da Adelaide, ma Cam mi tiene le mani impedendomi di coprire la mia faccia. ‹‹Possiamo provare a fare una cosa, se vuoi. Provi solo una volta adesso. Una sola. Però fatta bene. Devi pensare che sei già in gara, che devi stupire tutti, compresa te! Secondo me riuscirai. La gente crede in te.›› dice Cam. ‹‹Ma come fa la gente a credere in me se sono la prima a non credere in me? Fammi il nome di qualcuno che in me ci crede per davvero.›› lo sfido. ‹‹Okay. Io, Cameron Dallas, credo in te. Ti basta?›› dice lui con tono di sfida. ‹‹Secondo me puoi fare tutto, perfino vincere l’oro in tutto domani, dopodomani e dopodomani ancora. Però devi essere te la prima a pensarlo.›› dice Cam serio. ‹‹Ora torniamo dentro e mi dimostri che sei al di sopra delle mie aspettative, che ho un motivo per tifare per te domani. Va bene?›› continua guardandomi dritto negli occhi. Fisso per un po’ i suoi occhi scuri e profondi come l’oceano fino a che non capisco che ha ragione lui. ‹‹Va bene. Sono pronta a darti duecento motivi per tifare per me.›› ribatto sicura. ‹‹Questa è la mia Sidney, la tuffatrice che ho conosciuto!›› esulta Cam abbracciandomi. Lo abbraccio a mia volta, pronta a riuscire in tutto.
Io e Cam rientriamo nel palazzetto tenendoci per mano. Arriviamo davanti al quadrato e, solo quando raggiungo il centro di esseo, Cam mi lascia. Si mette poi in un angolo e fa partire la musica. Ripeto da capo il mio esercizio fino al punto dell’enjambe cambio. Raccolgo tutta la forza che ho e, quando arriva il momento di saltare, mi spingo il più in alto possibile, lancio prima avanti e poi indietro la gamba sinistra e, quando raggiunge l’altezza giusta, la piego leggermente inarcando la schiena, così riesco finalmente a toccare la testa. Atterro perfettamente e mi dimentico di finire l’esercizio perché mi lancio subito verso Cam per abbracciarlo. ‹‹Sono riuscita!›› esclamo felicissima. ‹‹Cosa ti avevo detto?›› dice lui abbracciandomi.
Ritorniamo in hotel che ormai sono già le otto di sera passate. Per fortuna, a quanto pare, a Houston mangiano tardi, così riusciamo anche a non saltare la cena. ‹‹Dede, stasera devi ancora dormire da tua sorella o la lasci in pace e vieni da noi?›› chiede mia mamma ad Adelaide prima che saliamo tutti in camera. ‹‹Posso stare con Sid?›› chiede lei facendo gli occhioni dolci. ‹‹Chiedilo a lei. Magari vuole stare da sola prima delle gare o vuole stare un po’ con il suo amico.›› dice mia mamma con un sorriso malizioso. ‹‹Sid, posso dormire ancora con voi?›› mi chiede Adelaide per poi mimare con la bocca qualcosa che assomiglia molto a un “se no dico alla mamma che Cam ti piace sul serio”. ‹‹Certo, vieni, non c’è problema.››  le dico con la voce meno forzata che riesco a fare. Questo è un ricatto, non vale. ‹‹E va bene, stai con loro. Dopotutto adesso vedi tua sorella davvero poco, quindi mi sembra giusto che tu stia con lei.›› conclude mio papà.
In camera, dopo essermi messa la maglietta-pigiama che mi ha prestato Cam (anche se a detta sua avevo più bisogno di un cervello nuovo in grado di ricordare le cose), mi siedo sul letto insieme a lui e a mia sorella. ‹‹Facciamo qualcosa prima di dormire?›› chiede Adelaide tutta felice. ‹‹Si, dai, ci sto!›› risponde Cam, il famoso bambino di 18 anni. ‹‹Allora, che ne dite di obbligo e verità? O il gioco della bottiglia?›› propone Adelaide. Ma da dove le vengono queste idee? Ha 9 anni, insomma, il gioco della bottiglia non è proprio un gioco da bambini. ‹‹Il gioco della bottiglia mi piace. Facciamo quello!›› accetta Cam. Ti pareva se non gli andava bene. ‹‹Okay, va bene.›› dico alla fine. Mentre Adelaide cerca un qualcosa che faccia da bottiglia, continuo a chiedermi da dove le vengono queste idee. ‹‹Verità, bacio, preferiresti, obbligo e canzone. È la versione del gioco della bottiglia di Sofia. Facciamo questo.›› dice Adelaide tornando sul letto. Sofia è la nostra vicina di casa in Italia e spesso noi andavamo a giocare da lei. Quando eravamo più piccole e c’erano i suoi amici, giocavamo a questa versione del gioco della bottiglia. ‹‹Va bene, inizio io.›› dico. Prendo la bottiglietta di mia sorella e la faccio girare. Il tappo, quando si ferma, punta verso Adelaide. ‹‹Bacio, verità, preferiresti, obbligo o canzone?›› le chiedo. ‹‹Bacio.›› sceglie lei. ‹‹Me o Cam?›› le chiedo. ‹‹Cam…›› dice diventando rossa. Cam le sorride e le si avvicina così che lei possa dargli un bacio sulla guancia. ‹‹Tocca me!›› dice poi Adelaide facendo girare la bottiglia. Il tappo punta verso di Cam stavolta che sceglie preferiresti. ‹‹Preferiresti buttarti dal sesto piano o in un pozzo?›› chiede Adelaide. ‹‹Si vede che siete sorelle, tutte due volete farmi cadere in un pozzo!›› ride cam facendomi sorridere al ricordo di quando mi aveva nascosto le scarpe. ‹‹Comunque scelgo il pozzo, così Sidney è felice che finalmente ci sia caduto dentro.›› risponde alla fine. Fa girare lui la bottiglia e il tappo si ferma su mia sorella che sceglie verità ed è costretta a dire che le piace Lorenzo, un suo compagno di classe. Quando è il suo turno di girare, la bottiglia punta ancora Cam che sceglie obbligo. ‹‹Mhh… ti obbligo a… a passare cinque minuti sul balcone con mia sorella!›› esordisce. Ecco dove voleva arrivare quella furbetta! Cam si alza ridendo e va verso il balcone. Prima di raggiungerlo mi volto verso Adelaide. ‹‹Era qui che volevi arrivare?›› chiedo. ‹‹Prima o poi deve accorgersi di quanto ti piace!›› dice con fare innocente.
Raggiungo Cam fuori e mi appoggio alla ringhiera. Mia sorella ci chiude sul balcone e sta lì ad osservarci. Non si può dire che faccia freddo, però non fa nemeno caldo quando sei sul balcone di sera in autunno quasi inverno con su solo una maglietta di cotone gigantesca. ‹‹A che piano siamo?›› chiede Cam guardando giù. ‹‹Al quarto, credo.›› rispondo guardando giù anche io. ‹‹allora non posso buttarmi giù, tua sorella mi ha detto di buttarmi dal sesto.›› dice poi ridendo. ‹‹Sai, penso che tu piaccia a mia sorella.›› constato. ‹‹E a te?›› chiede lui. A questa domanda rimango spiazzata. Non so cosa dire, cosa fare, se scappare dentro o saltare giù dal balcone. ‹‹Non te lo direi mai.›› dico stringendomi le braccia intorno al corpo per stare più al caldo. ‹‹Hai freddo?›› chiede. ‹‹Un po’.›› ammetto. Lui sorride e mi si avvicina. Vorrei tanto voltarmi per vedere la reazione di Adelaide a questo suo movimento improvviso e a questa vicinanza tra di noi. Cam si guarda l’orologio. ‹‹Mancano solo due minuti e 43 secondi.›› dice e poi mi abbraccia. Improvvisamente non ho più freddo, anzi, ho quasi caldo. Sarà il passaggio di calore tra i due corpi o semplicemente il fatto che ad abbracciarmi sia Cam? ‹‹Dai che domani andrà benissimo. E dopodomani e il giorno dopo ancora!›› mi dice mentre mi abbraccia. Non riesco a fare altro che sorridergli e abbracciarlo a mia volta.
I due minuti e quarantatrè secondi passano più in fretta del dovuto e, grazie al cielo, Adelaide la smette con il gioco della bottiglia. Prima di andare a dormire preparo tutte le cose di cui ho bisogno domani. Sento l’adrenalina scorrermi nelle vene e inizio anche ad avvertire una certa quantità di ansia. So benissimo che non riuscirò a dormire stanotte, ma vado a letto lo stesso. Cam si sdraia di fianco a me e mi rimbocca le coperte. ‹‹Buonanotte campionessa.›› dice dandomi un bacio sulla guancia. ‹‹Ah, adesso non sono più una tuffatrice?›› chiedo. ‹‹Era tanto per dire… tu rimmarai sempre una tuffatrice. Se vuoi giù c’è la piscina…›› non lo faccio nemmeno finire di parlare che gli do la buonanotte e cerco di dormire.

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