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Passo i due mesi successivi a inviare il mio progetto alla Bizzaglia perché sì, si è dimostrata molto comprensiva durante la prima e-mail ma, ora, si è trasformata in una vampira assestata di sangue che vuole che io sprema il mio cervello fino all'ultima goccia di materia cerebrale perché non le va mai bene quello che scrivo nei miei obiettivi: e questo è troppo generale, e questo è troppo specifico, metta la bibliografia, questo libro non va bene, qui manca una virgola, lì manca una doppia, signorina lo rilegga attentamente ... In poche parole, mi sta facendo diventare matta. Alla decima e-mail con allegato il mio progetto modificato e modificato innumerevoli volte, mi risponde che, finalmente, è corretto.

Dopo aver appurato la perfezione del mio progetto, passo di nuovo a scuola, senza aver chiamato questa volta, per far firmare il mio progetto alla direttrice. Mi apre la porta Susy, mi riconosce e mi chiama la signora Bracciale, la direttrice appunto. Lei si dimostra leggermente meno disponibile rispetto ad Olivia perché non si preoccupa di spiegarmi esattamente cosa farò o non mi regala parole gentili per tranquillizzarmi però, comunque, si comporta educatamente chiedendomi di spiegarle i miei obiettivi e quando avrei iniziato e finito il mio tirocinio. Uscita dall'ufficio della direttrice, spero di intravedere, anche solo di sfuggita, gli occhi limpidi o i capelli biondi di Olivia o anche solo di sentire, in lontananza, l'eco dei suoi tacchetti che camminano per il pavimento o il suono dei braccialetti che le tintinnavano al polso ma, purtroppo, di lei neanche l'ombra. Mi sarebbe piaciuto salutarla e rimango delusa quando mi chiudo la porta alle spalle senza aver visto Olivia.

Successivamente invio il modulo sul quale sono state scritte le date di inizio e di fine, gli obiettivi finali del mio tirocinio, la firma della direttrice della scuola e la mia firma, alla professoressa sperando che si sbrighi a inviarmelo a sua volta. La Bizzaglia me lo rimanda qualche giorno dopo con la sua firma allegata e si scusa, di nuovo, a causa dell'impossibilità di un colloquio faccia a faccia. La verità è che a me sta molto meglio così, almeno non la devo vedere e, almeno, per ora, non farò la figura della polla ignorante davanti a lei.

I mesi passano veloci come il vento, do un paio di esami durante la sessione invernale e li passo entrambi grazie anche a Diego che mi aiuta a studiare con i suoi schemi fatti sempre alla perfezione; a metà febbraio ricominciano le lezioni ed io devo, purtroppo, seguirle da sola perché Diego, come mi aveva già detto quel giorno sul treno, è impegnato a svolgere il tirocinio in comunità. Non è divertente prendere il treno da sola. Non è divertente seguire le lezioni senza la presenza del mio amico a sollevarmi il morale quando, ogni mattina, vorrei solamente appoggiare la testa sul banco e dormire per almeno otto ore. Non è bello senza di lui. Glielo dico sempre quando, la sera dopo essere tornata a casa e dopo aver copiando in bella gli appunti, glieli invio e lui mi risponde che il tirocinio sta andando bene, che è tosto avere a che fare con ragazzini problematici e che, quando avremo entrambi un po' di tempo libero, dovremmo incontrarci per parlare un po' faccia a faccia. Probabilmente ci manchiamo a vicenda, siamo abituati da quasi tre anni a condividere quasi ogni giornata e ogni avventura universitaria, ma non ce lo diciamo apertamente, lanciamo parole e frasi sule righe e abbiamo il compito di leggere i significati che esse nascondono. Probabilmente sentirò la mancanza di Diego anche domani mattina all'asilo quando, di fronte a una situazione che non saprò gestire, mi volterò cercando il suo aiuto ma non lo troverò e lì mi mancherà il respiro perché, per la prima volta in tutta la mia vita, devo dovrò affrontare un problema da sola, senza l'aiuto di amici o famigliari.

Mentre penso a tutto questo, cammino, in pigiama e a piedi nudi, sul parquet della mia camera. Ho paura, sono in ansia. Ho paura che non sarò all'altezza della situazione. Ho paura che non saprò che cosa fare quando mi ritroverò circondata da bambini urlanti e che richiederanno ognuno un po' della mia attenzione. Ho l'ansia perché in quella scuola non conosco nessuno e domani dovrò presentarmi e parlare a persone che non ho mai visto, tralasciando Olivia, ma non so se lei sarà con me oppure no. E se non piacerò a nessuno? E se i bambini mi troveranno antipatica? E se tutte le maestre mi troveranno invadente e pesante?E se, invece, mi troveranno pigra? E non sarò in grado di rispondere alle esigenze dei bambini o alle loro richieste? Cosa farò?

Questo tirocinio deve ancora iniziare ma già non vedo l'ora che finisca: non mi piace avere la Bizzaglia come docente, non mi piace che mi abbia controllato fin troppo minuziosamente il mio progetto trovando errori che neanche c'erano; non mi piace avere a che fare con troppe persone nuove tutte insieme; non mi fa sentire a mio agio stare per ore insieme a persone che non conosco e che, forse, mi isoleranno nella mia solitudine facendomi sentire di troppo. Non mi va di convivere con tutta questa ansia. Questo tirocinio si sta davvero rivelando un peso.

Guardo l'orologio, sono le 22.30 passate, domani mi devo svegliare presto e, quindi, decido di mettermi a letto perché so che, quando sono in ansia, mi giro e rigiro nel letto per ore prima di riuscire prendere sonno. Non faccio in tempo, però, a togliermi gli occhiali e ad appoggiarli sul comodino che mamma arriva in camera mia con una tazza fumante tra le mani. <<Ti ho fatto una tisana rilassante, ne vuoi un po'?>> Mi chiede sedendosi sul mio letto e posandomi un bacio amorevole sulla fronte per cercare di calmare le mie ansie. Lo faceva sempre quando ero piccola: ogni volta che mi vedeva particolarmente agitata veniva da me, mi dava un abbraccio e mi baciava la fronte, e io mi calmavo subito: il suo bacio aveva un effetto calmante sulle mie ansie e il mio cuore sempre galoppante.

<<Grazie.>> Sorrido prendendo la tazza tra le mani e soffiandovi sopra prima di berla.

<<Che brava che ti sei già messa a letto.>> Si congratula rimboccandomi le coperte. <<Hai detto le preghiere?>> Mi chiede come se io avessi ancora sei anni.

<<Sì.>> Mento. È da un po' che non riesco più a pregare prima di andare a letto. Ma lei non lo deve sapere. Le preghiere prima di andare a dormire tenevano uniti me e i miei fratelli: quando eravamo piccoli e Nicola era ancora in casa, lui ed io ci ritrovavamo nella stessa stanza, ci inginocchiavamo giù dallo stesso letto e pronunciavamo le preghiere a voce alta. A volte facendo anche un po' gli stupidi ma mamma non ci diceva niente perché sosteneva che le risate dei bambini attiravano gli angeli e quindi più ridevamo e più saremmo stati protetti, durante la notte, dai brutti sogni. Questo accadeva anche quando è stato il turno di Isabella, ormai cresciuta, di dire le preghiere per conto suo senza la guida della mamma: anche se Nicola era già grande, aveva già conosciuto Chiara e aveva altri pensieri per la testa, ci ritrovavamo tutti e tre inginocchiati in una camera a pregare. Da quando Nicola se n'è andato, però, Isabella ed io non ci troviamo mai nella stessa camera e, da quando devo pregare da sola, non lo faccio più.

<<Brava bambina.>> Dice accarezzandomi la guancia. <<Cerca di dormire e stai tranquilla per domani.>> Lo sa che mi agito ogni qual volta devo fare qualcosa di nuovo e sul quale non ho il minimo controllo.

<<Mh.>> Mugugno.

<<Vedrai che andrà tutto bene.>> Mi rassicura. <<Pregherò affinché tu viva questa bellissima esperienza nel modo più sereno possibile.>>

<<Grazie. Prega anche che questi due mesi passino in fretta perché io già non ce la faccio più.>>

Mamma alza gli occhi al cielo. <<Non dire così: è un'esperienza che ti aiuterà a capire se la strada che hai imboccato è quella giusta, sarà un'esperienza molto utile e della quale manterrai un bel ricordo quando sarai grande.>>

<<Lo spero.>> Poso la tazza, ormai, vuota, tra le mani di mia mamma e poi le chiedo se ora, visto che mi è venuto sonno, posso andare a dormire.

<<Certo amore, buonanotte.>> Esce dalla mia camera spegnendo la luce e lasciandomi completamente al buio. Mi giro per un paio di volte nel letto, cercando di fare dei respiri profondi per scacciare la paura e poi, finalmente, mi addormento sognando, però, bambini urlanti intorno a me.

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