Ci sediamo anche noi in uno dei tavolini liberi e ordiniamo due cioccolate con la panna.
«Che peccato che Isabella non sia venuta.» Mormoro inzuppando il cucchiaino nella panna e mangiandola.
«In realtà», sussurra mamma schiarendosi la voce mentre aggiunge l'ennesima bustina di zucchero nella sua bevanda, «le ho chiesto io di non venire.»
Alzo lo sguardo e guardo mamma sorpresa. «Perché?»
Mamma mischia la cioccolata insieme alla panna e lecca il cucchiaino prima di rispondermi: «Volevo stare da sola con te.»
La guardo corrucciando gli occhi e sbattendo furiosamente le palpebre, come se questo gesto mi aiutasse a capire meglio le parole che ho appena sentito pronunciare da mamma.
«Che c'è?» Mi chiede lei capendo, probabilmente, il mio stupore.
Io sospiro e mi chiudo nelle spalle. «Non so, mi sembra strano.»
«Che cosa?»
«Che tu abbia chiesto a Isa di rimanere a casa perché volevi passare del tempo da sola con me.» Le rispondo abbassando lo sguardo sulla tazza e iniziando a giocherellare con la panna, cercando di affondarla nel cioccolato.
Mamma mi guarda stranita. «Non vedo che cosa ci sia di così strano.»
Io la guardo di sbieco e corruccio le labbra ma non rispondo: continuo, invece, a muovere il cucchiaino nella tazza fino a trasformare il marrone scuro del cioccolato fondente, in un marroncino chiaro, a furia di mischiare e far sciogliere la panna.
«Anita?» Mi chiede prendendomi il braccio e scuotendolo.
Sospiro e mi chiedo perché non dovrei dirle i veri motivi che mi stanno facendo dubitare delle sue parole, così le esterno i miei dubbi: «Dopo quello che è successo non credevo tu avessi voglia di passare del tempo da sola con me.»
Vedo le sue guance tremare e le sue labbra rivolgersi all'ingiù, in una piega che è tutto l'opposto di un sorriso. La sento anche sospirare pesantemente. «Ti ho già chiesto scusa per quello che è successo.» Mi dice con la voce un po' dura.
Io chiudo gli occhi e annuisco. «Lo so.»
«E quindi perché devi tirare ancora in ballo quella storia?»
Capisco che le mie parole sono state un colpo basso perché io so quanto lei si senta in colpa e sia dispiaciuta per quello che è successo tra di noi, però non ho potuto fare a meno di pensarci. Io non ci posso non pensare: la mia memoria è come un grande archivio pieno di cartellette in cui sono inserite tutte le azioni positive e tutte le azioni negative che una persona ha fatto nei miei confronti. Il problema è che, nel momento di un litigio, io posso estrarre la cartella datata marzo 2003 e ricordarmi che cosa mi ha fatto quella persona durante quell'anno anche se, da quel momento, sono passati tanti anni.
«Perché sono i dubbi che ho nella testa e non posso fare finta che non ci siano.» Mormoro facendo spallucce.
Mamma si morde la guancia interna e si passa la lingua sulle labbra togliendosi un po' del rossetto rosa che, a casa, si era messa. «Tu credi che, siccome ho sbagliato in quel determinato momento, io non ti voglia più come figlia e non voglia più stare con te? Anita, errare è umano.»
Questo argomento mi sta mettendo a disagio, non mi sento tranquilla e rilassata e sento che vorrei solamente bere, tutto d'un fiato, la mia cioccolata, andare a casa e nascondermi nell'armadio. Non sono abituata ad essere così tanto aperta con lei.
«Mamma tu mi hai cacciata perché sono lesbica, non perché ho dato una festa e ho messo in disordine casa.» le faccio notare con tono stizzito. «Perché un conto è venire cacciati per aver fatto una cavolata e un conto è venire cacciati per quello che si è.» La colpisco al cuore, dritta al centro del suo punto debole.
Mamma boccheggia e mi guarda a disagio. «Non so più che cosa fare per farti capire che sono consapevole di aver fatto un errore.»
Deglutisco perché nemmeno io so che cosa lei potrebbe fare per farmi dimenticare quello che è successo. Forse dovrebbe solo lasciarmi del tempo. Non le rispondo e scuoto la testa mentre appoggio le labbra sulla tazza e inizio a bere la cioccolata che, nel frattempo, si è raffreddata.
Anche mamma mi imita iniziando a sorseggiare la sua bevanda e il silenzio cade pesante intorno a noi. Io non ho intenzione di continuare l'argomento e spero che nemmeno lei voglia andare avanti.
«Dimmi almeno perché sei così triste ultimamente.» Afferma appoggiando la tazza sul piattino e pulendosi le labbra col tovagliolino.
«Non ho niente.» Come potrei dirle che è Olivia la causa del mio
malessere? Mamma rimane in silenzio assaporando ancora un goccio della sua cioccolata.
«Sappi che per me non è un problema se vuoi tornare con Olivia.» Mormora con voce distratta, come se avesse appena detto qualcosa che non ha importanza.
Io alzo lo sguardo dalla mia cioccolata e la guardo con gli occhi da cucciolo, rimanendo zitta.
«Isabella mi ha detto tutto.» Ammette. «È per questo che sono voluta venire qui con te.»
Mia sorella è complice del piano di mia madre. Non so se essere arrabbiata con lei oppure se esserle grata.
«Vedo che sei più triste da quando non state più insieme e io voglio che tu sia felice.» Mi sembra sincera ed è strano sentirle dire queste cose.
«Sei sicura?»
«Sì, Anita, sono sicura. Che tu stia con Olivia o con un'altra ragazza, l'importante è che tu sia felice.» Risponde raschiando il fondo della sua tazza per non lasciare traccia della cioccolata.
«E anche per papà è così?»
Mamma tentenna ma poi risponde: «Sì, è così anche per papà.»
«Sei sicura?»
Mamma si picchietta le dita sugli angoli degli occhi: so che sta cercando di trattenere le lacrime. E forse è anche un po' colpa mia.
«Sarò sincera: papà ed io ne abbiamo parlato a lungo, abbiamo discusso e ci siamo presi a testate per settimane, eravamo completamente in disaccordo perché lui continuava a vederti come una ragazza bisognosa di aiuto per riuscire a uscire dall'omosessualità mentre io no; alla fine siamo arrivati alla conclusione che tu sei nostra figlia e che non importa chi ami, basta che tu sia felice.» Mentre dice queste parole continua a dondolare la testa come il pendolo di un orologio a cucù. «Ne ho parlato anche con Isabella e Nicola perché avevo bisogno di qualcuno che mi aprisse la mente e mi togliesse la benda dagli occhi: io vedevo solo la realtà che volevo vedere mentre avevo bisogno di guardarla con altri occhi, con occhi di persone che vedevano il mondo veramente e questo mi ha aiutato tantissimo.» Parla solo lei non lasciandomi il tempo di rispondere ma non c'è bisogno che io le dica nulla. «E tuo fratello mi ha raccontato di come sei stata in quelle settimane e, credimi, mi uccide sapere che ti sei sentita così triste e non amata a causa mia.» Continua a passarsi i polpastrelli delle dita sugli occhi per non lasciar scappare le lacrime. «E mi dispiace anche che tu e Olivia vi siate lasciate a causa nostra perché, a questo punto, è colpa nostra se sei triste. Per questo ti dico che puoi tornare da lei, se vuoi: noi la accoglieremo a braccia aperte.»
Ascolto il suo monologo sospirando di tanto in tanto, nel frattempo penso che dovrei veramente tornare a fidarmi di mamma senza vederle continuamente addosso l'immagine di lei che mi urla quelle cose e mi tira uno schiaffo.
«Olivia non mi vuole più.» Ammetto facendo spallucce. «È per questo che sono triste in questi giorni.»
E, subito dopo, le racconto quello che è successo con Olivia qualche giorno fa evitando, però, di raccontarle del bacio che ci siamo scambiate perché, a mio parere, non è un argomento del quale parlare con un genitore.
Mi faccio guidare, consolare e consigliare come non avevo mai fatto e come credevo di non aver bisogno di fare. Mi sbagliavo: raccontarsi è la cosa più bella del mondo e mamma, ora, può vedermi senza maschere e senza armatura, senza i paraocchi in una realtà che è quella che è, esattamente così come sono.
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Natura
RomanceÈ l'ultimo anno di Università e Anita, prima di potersi laureare in Scienze della formazione, deve fare tirocinio. Fa domanda in un asilo vicino al suo paese dove incontra Olivia una giovane maestra che, più delle altre, la aiuta in questo suo perco...