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La prima cena, da che sono tornata a casa, con papà è stata strana. Mamma gli aveva già detto che ero tornata e gli aveva spiegato la situazione prima che lui mi vedesse per poterlo preparare e per evitare l'inizio di una nuova scenata e litigata. Non appena papà mi ha visto, mi ha salutato in modo freddo e non mi ha parlato per tutta la cena. A dir la verità, durante la cena nessuno ha parlato, se non Isabella che ha provato a mantenere un attimo viva la conversazione raccontando loro delle pagine infinite che era riuscita a studiare per la verifica di matematica dell'indomani. Mamma le ha risposto che, siccome a Isa piace la matematica ed è molto brava in questa materia, non avrebbe avuto problemi ad andare bene in quella verifica e, l'argomento, è stato troncato così. Io, durante la prima cena in famiglia, avrei tanto voluto dire loro che ero riuscita a trovare un docente per la laurea e che stavo preparando la tesi ma la verità è che la tensione si tagliava con un grissino e quindi non ho voluto infrangere il silenzio che ci aiutava a rimanere legati.

Da quella cena è passato un mese. In questo mese sono riuscita a ricostruire il rapporto con mamma che, ora, riesce a guardarmi negli occhi e a venire nella mia camera addirittura a parlarmi e a chiedermi di confidarmi con lei. Dopo qualche giorno che ero tornata, mi ha chiesto scusa per aver reagito male al bacio che mi ha visto scambiarmi con Olivia e mi ha spiegato che la sua reazione spropositata è stata dettata e guidata, soprattutto, dal fatto che non si aspettava che io fossi lesbica e che stessi con Olivia; non ci aveva mai pensato e non le sarebbe mai venuto in mente. Mi ha anche confessato di star tentando di aprire maggiormente la mente perché vuole riuscire a cambiare per il mio bene e io non potrei essere più felice della cosa. L'unico argomento del quale non parlo con mamma, è Olivia. Mamma, infatti, sa solo che ci siamo lasciate e che non ci parliamo da quel giorno. Ma non sa che, da quando ho risolto il problema della casa, Olivia mi manca da morire e mi sono resa conto di pensare a lei più spesso del possibile, più spesso del normale.

Sono passati quasi due mesi da che ci siamo lasciate, dovrei essermi abituata alla sua assenza e alla sua mancanza e, invece, non è così. A volte mi viene l'istinto di prendere il telefono e chiamarla perché, magari, mi succedono piccole cose che vorrei tanto condividere con lei. Mi manca tutto della nostra relazione: mi manca aiutarla a cucinare e vederla dipingere sdraiata sul pavimento del salotto con addosso una maglietta bianca e in mutande, con il viso struccato, liberato dal ciuffo di capelli tirato indietro da una molletta e gli occhi azzurri messi in risalto da pennellate di colore sulle guance e sulla fronte. Mi manca vedere l'espressione disgustata sul suo viso ogni volta che mangiava le verdure: lo faceva perché sapeva che io ci tenevo particolarmente, anche se a lei non piacevano quasi per nulla; in contrapposizione con quell'espressione schifata, però, mi manca anche l'espressione che vedevo ogni volta che facevamo l'amore e mi fissava negli occhi mentre ansimava e cercava di non chiuderli buttando la testa all'indietro manifestando il suo piacere. Ogni volta che penso alla sua espressione mentre era sopra o sotto di me, dopo aver soddisfatto il formicolio nel basso ventre, la devo scacciare dalla mia memoria perché, dopo il piacere, arrivano, copiose, le lacrime, che mi ricordano che io, quell'espressione, non la vedrò più e rimarrà sempre e solo un ricordo nella mia mente. La amo ancora ed è inutile che io dica che non è così. È inutile che io cerchi di convincermi che l'amore che provavo nei suoi confronti mi sia passato. È ancora troppo presto anche solo per immaginare una cosa del genere.

Papà, a differenza di mamma, non mi ha parlato per un bel po' di tempo. Probabilmente non riusciva ad accettare il fatto che io non fossi la sua principessina perfetta come, invece, sperava e immaginava. Io non mi sono mostrata triste o disperata, alla ricerca di una sua attenzione, anzi, fingevo che lui non esistesse in famiglia così come lui fingeva che non ci fossi io. Mi sono adeguata al suo comportamento immaturo, la differenza è che, mentre lui, quando c'ero io, non parlava con nessuno e si chiudeva nel suo mutismo, io, con le altre persone intorno a me, dialogavo e ridevo e scherzavo come se nulla fosse perché mai mi sarei preclusa la felicità e la gioia di essere tornata a casa mia in mezzo alla mia famiglia, solo perché lui non era d'accordo sui miei gusti sessuali. È così che siamo sopravvissuti per tre settimane fatte di silenzi e occhiatacce. Una settimana fa, poi, dal nulla si è deciso a parlarmi chiedendomi di passargli il sale e, da lì, ha ricominciato, pian piano, a dirmi qualcosa. Ogni giorno che passa mi dedica una parola, una frase, un sorriso in più. Non siamo ancora tornati ad avere il rapporto di prima ma sono sicura che, col tempo, ci arriveremo. So che mamma, ogni tanto, si rinchiude in camera con lui e gli parla, gli chiede di aprire la mente e di accettarmi perché, in fondo, sono sempre la loro figlia. Ogni tanto papà rimane in camera e si sente che discutono normalmente; altre volte, invece, papà urla e, poi, scappa dalla porta rifugiandosi non so dove.

Isabella è la persona che, in questa casa, mi supporta maggiormente. Da quando sono tornata a casa, è diventata la mia migliore amica: non litighiamo più per motivi inutili, non risponde più male e, inoltre, tiene la musica a un volume abbastanza basso, per permettermi di scrivere la tesi che, ormai, è finita e consegnata dato che tra meno di un mese, ci sarà il giorno della laurea. Non capisco come mai il nostro rapporto sia cambiato così drasticamente ma non me ne lamento.

A volte, più, spesso di prima, Chiara e Nicola vengono a trovarci e rimangono, sempre, a cena o a pranzo. Il pancione di Chiara cresce sempre di più ogni volta che la vedo e, da quando lei è più tranquilla perché non deve pensare ai miei drammi e al mio problema, la bambina nuota serena nel suo liquido amniotico, tirando qualche calcio e qualche pugno e facendo accrescere in noi, un amore smisurato per un esserino che, ancora, non abbiamo visto. Nicola viene sempre nella mia camera, mi chiede come sto, se va tutto bene, se mamma, papà e Isabella si comportano bene nei miei confronti; poi mi dice che, anche quando arriverà la bambina, ci sarà sempre un posto per me e Isabella nella loro casa, che il nostro rapporto non cambierà e che loro saranno sempre felici di vederci e di stare con noi. So che questo discorso lo fa anche a Isabella perché, a volte, capita che mia sorella sia nella mia stanza o io sia nella sua quando arrivano e lui, ogni volta che ci vede insieme, sorride e inizia a dirci che la loro casa sarà sempre aperta, non cambiando le parole che mi dice in privato rispetto a quelle che ci dice quando siamo insieme.

Il nostro rapporto tra fratelli è molto migliorato rispetto a prima e, a volte, penso che il fatto che io sia stata cacciata da casa, abbia aiutato a far crescere delle rose dove, prima, c'erano solo semi acerbi. Il lato positivo è questo.

Questa sera è la vigilia di Natale. E questa sera, essendo il giorno prima di Natale, la mancanza di Olivia si fa sentire più forte che mai. Il Natale è il mio periodo dell'anno preferito, è quello in cui mi piace camminare per strada e vedere le lucine accendersi quando fa buio, andare in giro per negozi e mercatini per fare shopping natalizio e comprare tutti quei regali carini da consegnare il giorno di Natale ai propri cari. L'altro giorno sono andata con Isabella, Chiara e Nicola, in un mercatino a pochi paesi di distanza dal nostro e, su un bancarella, ho visto una decorazione natalizia da appendere all'albero che mi ha ricordato Olivia: era un ciondolino a forma di gabbiano da appendere ai rami dell'abete. Ed io l'ho comprato perché volevo appenderlo nella mia camera; in questo modo mi sembrerà di avere Olivia al mio fianco anche il giorno di Natale. Il Natale è il periodo dell'anno in cui mi sento particolarmente vicina a tutti coloro che amo e non riuscire a trasmettere a Liv il mio amore e il mio affetto, mi fa sentire male, mi fa sentire triste, mi fa sentire in colpa. E questa malinconia sfocia, come sempre, in un pianto notturno silenzioso.

Ad un tratto, sento la porta che si apre piano e silenziosamente, poi si richiude e sento dei passettini leggeri, come quelli di un uccellino, che si avvicinano al mio letto. Chiudo gli occhi e fingo di dormire per non far vedere che sto piangendo. Poi sento il letto di mia sorella che si muove e si attacca al mio, e un corpo pesante che si sdraia tra le lenzuola.

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