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Per tutto il viaggio tengo un occhio fisso sulla strada e con l'altro mi controllo nello specchietto retrovisore per sistemarmi il trucco che è leggermente sbavato a causa del caldo.

Mentre guido, le canzoni passano alla radio ma non le ascolto perché sono troppo impegnata ad ascoltare i pensieri confusi che mi volano nella testa e che, comunque, non riesco a capire perché non sanno darsi un ordine ma si accavallano e cercano di farsi sentire tutti insieme.

Dopo pochi minuti, Olivia svolta in una via buia, e parcheggia la macchina di fronte a un condominio colorato di rosa. Io la seguo, parcheggio di fianco a lei e scendo dalla macchina raggiungendola di fronte al cancello che racchiude l'edificio.

«Eccoci.» Mormora lei aprendo il cancellino con le chiavi.

Percorriamo uno stretto percorso in mezzo a due fazzoletti di prato e arriviamo sotto al portico dove, immediatamente, si accende una luce per permettere ad Olivia di inserire la chiave nella toppa e di aprire la portineria.

L'atrio del condominio è fresco e tiro un sospiro di sollievo nello scappare dalla calura estiva che, per essere inizio giugno, è leggermente anormale.

Saliamo tre rampe di scale fino ad arrivare all'ultimo piano e ci troviamo di fronte a una porta di legno scuro. Olivia, dopo essersi passata una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore causato dallo sforzo di salire così tante scale, dà tre giri di chiave ed apre la porta.

«Questa è casa mia.» Esclama dopo avermi fatta entrare ed avere acceso le luci in una piccola anticamera nella quale non c'è altro se non un appendiabiti in fondo e una parete coperta tra tre specchi alti quasi il doppio di me.

«Te la mostro, non ci vorrà molto: è piccolina.» Afferma orgogliosamente, prendendomi per mano e io mi lascio trascinare dal suo entusiasmo, pensando a quanto mi piacerebbe avere una casa tutta mia da poter mostrare agli amici.

La prima stanza che mi mostra è la cucina, che è direttamente collegata con l'anticamera. È meravigliosa e ammobiliata con uno stile moderno: è ad angolo con una penisola e il bancone è l'unica cosa che divide lo spazio della cucina dal salotto. La penisola, gli armadietti e il frigorifero sono di un marrone così scuro da sembrare nero, mentre le sedie che sono di fronte al bancone, sul quale, probabilmente, Olivia mangia, sono color prugna abbinate al divano a due posti di pelle che dà loro le spalle. Di fronte al divano sta un tavolino di vetro e, su un mobile scuro attaccato al muro, una televisione non molto grande. Appoggiata alla parete di fianco al divano, sta una libreria abbastanza grande che straripa di libri che sono adagiati sulle mensole in ordine sparso. Mi piacerebbe mettermi lì a leggere ogni titolo presente ma Olivia mi trascina in un corridoio lungo che collega il salotto alla camera da letto, a un piccolo ripostiglio buio e al bagno.

La sua camera è grande abbastanza da contenere un letto matrimoniale ancora sfatto, nel quale si vedono le lenzuola di seta color avorio, così diverse dalle mie piene di fiorellini colorati, e un armadio che occupa tutta la parete di fronte. Accanto al letto è presente un comodino con una abat-jour e, di fianco, un libro molto alto aperto e appoggiato con le pagine contro il legno scuro. Sopra il letto, tra le lenzuola, c'è un gatto nero e bianco acciambellato che dorme profondamente.

«Scusa per il letto: stamattina mi sono svegliata tardi e non ho avuto tempo di farlo.» Mormora affrettandosi a coprire le lenzuola col copriletto e a sprimacciare il cuscino.

«Non preoccuparti.» Mormoro io.

«Questa è Artemisia, la mia miciona.» Dice iniziando ad accarezzare il gatto.

Il gatto apre gli occhi, mi guarda, poi guarda Olivia e sbadiglia spalancano la bocca, poi si stiracchia e si alza in piedi, beandosi delle coccole della sua padrona

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