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Sento un clacson suonare e vado alla finestra per vedere se è Diego che mi sta chiamando. Prendo il giubbetto, le chiavi e la borsa ed esco di casa senza salutare nessuno perché sono tutti al lavoro. Entro nella macchina del mio amico e lo saluto con un bacio sulla guancia.

«Ciao Anita.» saluta lui a sua volta. «Tutto bene?»

«Tutto bene.» Affermo allacciandomi la cintura.

«Poi mi devi spiegare perché sono dovuto venire a prenderti qui e non a casa tua eh.» Mormora mentre fa manovra per tornare indietro. «Ho rischiato di perdermi nei meandri di questo paesino.»

«Sì.» Affermo un po' agitata.

Diego mi guarda con la coda dell'occhio mentre continua a guidare. «Ti vedo strana, Anita, tutto bene?»

Deglutisco e inizio a muovere la gamba come una forsennata per cercare di esprimere l'agitazione che non riesco a manifestare con le parole.

Dopo cinque minuti, arriviamo nella piazzetta nella quale sta la piadineria dove andiamo sempre a mangiare quando usciamo lui ed io.

«Ciao ragazzi, il solito?» Ci chiede la ragazza dietro al bancone, sorridendo.

Veniamo in questo posto talmente spesso che, ormai, lei conosce i nostri visi e i nostri gusti: prendiamo sempre le stesse piadine.

«Ciao. Sì grazie.» Rispondo io e mi siedo, con Diego, ad un tavolino in fondo al locale mentre aspettiamo che le nostre piadine siano pronte.

«Che mi racconti?» Chiedo io togliendomi il giubbetto e appendendolo alla sedia.

Diego inizia a parlare di alcuni fatti della sua vita che gli sono accaduti dall'ultima volta che ci siamo visti. Sono sicura che sono esperienze interessanti, importanti e divertenti ma la verità è che non riesco ad ascoltarlo perché la mia mente è proiettata nel futuro: già so quello che, tra poco, dovrò raccontargli e l'ansia mi blocca la gola. Quindi mi limito ad annuire e a sorridere di tanto in tanto.

«Ora tocca a te.» Mormora lui dopo che la ragazza è venuta a portarci le nostre ordinazioni.

«Che cosa vuoi sapere?» Chiedo addentando la mia piadina, stando attenta a non far filare fuori il formaggio.

«Partiamo da Cesare fino ad arrivare al perché ti sono venuto a prendere a casa di tuo fratello, magari? Credo di essermi perso qualcosa.»

Il boccone di piadina, quasi, mi va di traverso. Vuole andare subito al sodo non lasciandomi il tempo di prepararmi a dirgli tutto.

«Sono tutte cose collegate.»

«Cioè?»

Da dove parto?

«D'accordo:» mi pulisco le labbra col tovagliolino e appoggio la piadina nel piatto di plastica che ho di fronte. «inizio a dirti che sei venuto a prendermi da mio fratello perché i miei genitori mi hanno cacciato di casa.»

È la cosa più semplice da raccontargli tra tutte quelle che gli devo dire.

I suoi occhi si spalancano e mi guarda incredulo. «Perché?» Chiede con la bocca piena: è troppo sconvolto per inghiottire prima di parlare.

Mi passo la lingua sulle labbra per cercare di inumidirle ma sono talmente secche da far grattare la lingua. Quindi bevo un goccio d'acqua dal collo della bottiglia perché ho bisogno di avere un po' di saliva per potergli spiegare tutto.

«Mamma mi ha vista mentre ...» sospiro e mi passo la lingua sui denti per prendere tempo, «mentre facevo qualcosa che non le è andato a genio.»

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