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Non sono riuscita a dormire tutta la notte e stamattina, quando mi sono alzata dal letto, guardandomi allo specchio ho avuto un attimo di smarrimento perché non sapevo chi stavo guardando. Chi sono realmente? Sono la ragazza che si è presentata al BarChata e si è baciata con Cesare senza minimo ritegno, oppure sono la ragazza che ha baciato teneramente e appassionatamente Olivia? Come faccio a darmi una risposta? Sono scappata da entrambe le situazioni come una codarda, non ho avuto il coraggio di affrontare nulla, non ho saputo affrontare il casino che ho in testa. Sono solamente riuscita a scappare e a nascondermi.

La mia testa mi dice di rifletterci perché la risposta a queste domande è dentro il mio cuore ma io non ho il coraggio di guardarmi in profondità per paura di trovare una risposta sgradita.

Cerco di calmarmi e dirmi che ieri sera, con Olivia, ho avuto un attimo di smarrimento, un momento di debolezza perché era da tanto che non avevo un'amica e che quindi, per questo, le ho espresso il mio affetto in un modo strano e un po' troppo espansivo. È questo che mi racconto per cercare di farmi stare tranquilla. Mi dico, inoltre, che non ho provato nulla baciando Cesare perché è Cesare che non mi piace, non perché non mi piacciono i ragazzi in generale.

«Sì, sì, è così. Deve essere così.» Mormoro guardandomi allo specchio perché mi devo convincere di questa cosa.

Io non sono come Olivia. Io non posso essere lesbica, non possono piacermi le ragazze. Non perché ci sia qualcosa di male a riguardo, ognuno è libero di amare chi vuole e di stare con chi ama, tutti hanno questo diritto. Tutti tranne me perché io non posso essere attratta dalle donne, i miei genitori e la mia famiglia non lo accetterebbero mai. Quindi reprimo questi miei sentimenti e lo faccio con le lacrime che mi scorrono sul viso e il naso che mi pizzica dal dispiacere.

Poi mi vesto e scendo per unirmi alla mia famiglia. Con mio grande stupore, vedo che Nicola e Chiara son seduti sul nostro divano ed io li saluto fingendomi felice.

«Chiara e Nic sono venuti a pranzo da noi.» Mormora mamma spuntando dalla cucina.

È sempre particolarmente felice quando vengono a mangiare da noi, è così da quando Nicola è uscito di casa ed è andato a vivere con Chiara; prima non le importava più di tanto se la ragazza si fermava, o meno, a pranzo o a cena.

Non ascolto nulla. Sono più distratta del solito e fatico a stare con loro come se nulla fosse. Questa non sono io, questa non sono per niente io. Chi sono allora? Non so più rispondermi.

«Anita?» Ad un tratto Nicola mi appoggia una mano sulla spalla facendomi sobbalzare.

«Eh?» Mormoro emergendo dall'abisso buio dei miei pensieri.

«Tutto bene?» Mi chiede con le sopracciglia aggrottate.

Guardo tutti i commensali al tavolo e noto che hanno smesso di mangiare e puntano gli occhi su di me. Odio tutta questa attenzione.

«Sì, tutto bene.» Sorrido falsamente e prendo in mano la forchetta per poi accorgermi che la pasta che ho nel piatto, non è stata ancora toccata e che è ormai fredda mentre i piatti degli altri sono già tutti vuoti. «Non ho molta fame.» Mi giustifico per non far preoccupare la mia famiglia.

Prendo una forchettata di penne e me le metto in bocca, reprimendo la volontà dello stomaco di rigettare tutto.

«Non la mangiare se non ti va.» Mi dice mamma con sguardo preoccupato.

«Okay.» Appoggio la forchetta sulla tavola e mi pulisco la bocca con un tovagliolo. Tutto questo non è da me.

«Comunque» Isabella interrompe il silenzio e io, per la prima volta, le sono grata della sua interruzione. «stavo dicendo che stasera vado da Alice a mangiare, quindi non ci sarò per cena.»

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