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Prendo il treno e mi siedo nel primo scompartimento su un sedile a caso, lontano dagli altri passeggeri. Ad alcuni, quando viaggiano sui treni o sugli altri mezzi di trasporto, piace stare accanto alle persone perché la vedono come un'opportunità di fare nuove amicizie e di chiacchierare durante il lungo viaggio che li attende. Io, invece, tendo sempre a prendere il posto isolato e infilo il naso in un libro; è come se io mettessi un cartello sulla mia fronte con scritto "Lettura in corso. Non disturbare". Anche oggi faccio così. Oggi più che mai ho bisogno di solitudine e tranquillità perché sto andando, per la prima volta, a incontrare la professoressa che più ho temuto in questi anni all'università.

Il viaggio passa in fretta, forse troppo. Solitamente sono contenta quando i miei viaggi in treno mi sembrano durare poco, perché mi annoio sempre, soprattutto quando non c'è Diego con il quale posso parlare un po'. Oggi, invece, avrei tanto voluto che il mio viaggio durasse di più perché, ora che mi sto incamminando verso l'ufficio della Bizzaglia, mi rendo conto che mancano pochi minuti prima di doverla incontrare.

Di fronte alla porta della prof, c'è un ragazzo con lo zaino sulle spalle che è appoggiato al muro. Gli sorrido cordiale e lui mi sorride a sua volta, complice quella sottintesa gentilezza che lega gli studenti universitari perché, fondamentalmente, siamo tutti sulla stessa barca.

«Stai aspettando la Bizzaglia?» Gli chiedo per essere sicura di essere arrivata nel posto giusto.

Lui annuisce rassegnato e fa spallucce.

«È tanto tremenda?»

«Dipende da che parte scende dal letto: a volte è di buon umore ed è un pezzo di pane; a volte, invece, è talmente isterica da far sembrare il diavolo un angelo.» Mormora. «È la prima volta?»

Annuisco e deglutisco con gli occhi sbarrati.

Lui ridacchia. «Beh allora spera che sia di buon more oggi.»

Mentre dice queste parole, sentiamo dei passi pesanti scendere le scale e, tre secondi dopo, spunta una donna alta e fine come uno stecchino, con l'espressione corrucciata e la bocca stretta. Ha una nuvola di capelli neri e ricci che le incorniciano gli occhi celesti.

«Buongiorno. State aspettando me?» Ci chiede avvicinandosi e iniziando ad aprire la porta del suo ufficio.

«Sì.» Rispondiamo in coro.

«Entri pure il primo.»

Il ragazzo mi lancia un'occhiata e, poi, entra nell'ufficio.

Mentre aspetto che lui esca, mi siedo per terra con la schiena appoggiata al muro e mi tormento le dita con le unghie, mentre il cuore mi martella nel petto e il respiro si fa pesante.

Dieci minuti dopo, lui esce dall'ufficio, mi fa un cenno di saluto e, poi, sento la voce secca della Bizzaglia che mi chiede di entrare e finalmente, dopo mesi, posso avere un colloquio con lei.

Mi siedo sulla sedia di fronte alla sua scrivania ed estraggo la mia relazione di tirocinio e i fogli che lei mi deve firmare.

«Dica pure.» Mi chiede guardandomi e unendo le mani di fronte al viso, in una posizione che mi ricorda tanto quella del Signor Burns nei Simpson.

«Sono Anita Merlini ...» Inizio ma lei non mi fa finire.

«Ah sì, la ragazza della relazione di tirocinio, giusto?»

Annuisco leggermente intimorita perché ha iniziato a guardarmi con il suo sguardo profondo. I suoi occhi celesti mi ricordano tanto quelli di qualcun altro che, in questo momento, però, non dovrei assolutamente pensare.

«Era ora che venisse, comunque. Non si è fatta sentire per un mese.» Corruccia le labbra e dal tono della sua voce percepisco la stizza.

«Mi scusi, ha ragione.» Dico abbassando lo sguardo mentre tento di controllare il tremore della voce. «Ho avuto dei problemi a casa.»

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