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Come al solito, non ascolto nulla durante la funzione ma, questa volta, non lo faccio perché non credo più nelle parole che sta pronunciato il don, lo faccio perché ho di meglio a cui pensare: ricordo, infatti, i miei incontri con Olivia e mi sembra, nello stesso tempo, blasfemo ed eccitante il fatto che io ripensi ai miei baci con una ragazza, in un luogo in cui, gli omosessuali, sono indicati come malati da curare.

Vado da Liv ogni giorno dopo la fine della scuola e facciamo tutto insieme: lei mi aiuta a studiare o a ricopiare gli appunti; io la aiuto a preparare le attività che farà con i bambini il giorno o la settimana successiva. A volte le chiedo se sono di troppo, se sono invadente e se dovrei, magari, andare a casa per farla riposare un attimo, ma lei mi risponde sempre che le piace avermi accanto, che è stata sola anche fin troppo spesso in questa casa, che le mancava qualcuno che la facesse stare così bene.

A volte guardiamo film, a volte leggiamo libri e Olivia si accuccia con la testa sulle mie gambe mentre io leggo ad alta voce un libro che abbiamo scelto dalla sua libreria oppure dalla biblioteca. Dice sempre che le piace come leggo ad alta voce, come faccio ballare le parole sulla mia lingua e le faccio scivolare all'esterno della mia bocca. E a me piace leggere per lei, piace vederla mentre chiude gli occhi e ascolta la mia voce. È una sensazione stranissima che mi dà pace e mi fa sentire importante. Mentre le leggo un libro, mi piace accarezzarle i capelli e sentire il suo respiro che si tranquillizza. Leggo per lei soprattutto quando è stanca perché i bambini l'hanno fatta diventare matta. Mi racconta sempre che, quando lavorerò, dovrò prepararmi ad affrontare i giorni finali prima del suono dell'ultima campanella dell'anno perché, in quei giorni, i bambini sono stanchi, sentono il caldo, il profumo dell'estate e il sole sulle braccia che, già, tendono ad abbronzarsi.

A volte, invece, la guardo dipingere mentre lei sta seduta sul pavimento del salotto e la tela è appoggiata su un telo bianco schizzato da colori, e tiene le tempere nei piatti di plastica e i pennelli intrecciati alle dita. Mi piace guardare come muove le braccia con maestria, come si arrabbia quando sbaglia e deve rifare tutto da capo e la invidio perché anche a me piacerebbe saper esprimere le emozioni come fa lei, buttandole su una tela e rendendole più belle: con i dipinti riesce a rendere piacevole anche la rabbia e la paura.

Quando abbiamo finito tutti i nostri doveri, capita di terminare il pomeriggio o la serata a baciarci sul divano. I suoi baci mi piacciono tanto. Adoro il suo sapore e adoro averlo sul mio corpo quando torno a casa la sera. Adoro la maestria che usa nel muovere la lingua intrecciandola alla mia. Adoro quando mi lecca le labbra e, successivamente, me le mordicchia. Mi piacerebbe poter imbottigliare il suo respiro veloce che percepisco su di me ogni volta che mi ritrovo sopra di lei e le bacio il collo. Vorrei poterlo mettere in un'ampolla per, poi, riascoltarmelo quando sono a casa per ricordarmi che Olivia esiste realmente, che non è il frutto della mia fantasia e che le sensazioni che prova e che fanno nascere il suo respiro accelerato sono causate da me.

Per quanto io desideri andare oltre ai semplici baci, per quanto io ne senta il bisogno e per quanto sia bruciante e insopportabile il formicolio tra le gambe che ho ogni volta che ci baciamo, non credo di sentirmi ancora pronta per entrare totalmente in sintonia con lei e quindi, ogni volta che capisco che stiamo andando troppo oltre, che stiamo per varcare i limiti che, una volta superati, è difficile ignorare, cerco di rallentare i baci e le carezze e lei fa lo stesso. Entrambe non vogliamo correre troppo anche se, lo ammetto, mai avrei pensato di provare determinate sensazioni e determinati sentimenti, dopo solo un mese di frequentazione.

"È perché vi conoscete da mesi, stupida, i tuoi sentimenti non sono nati ora, li stavi covando da un po', solo che, ora, sono usciti dall'uovo" borbotta saccentemente la mia ragione e io so che non ha torto.

So che provo qualcosa per Olivia fin dalla prima volta che i nostri occhi si sono incontrati e le nostre mani si sono sfiorate, solo che la parte più paurosa e spaventata di me, ha cercato di seppellire questi sentimenti sotto la sabbia. Le emozioni sono cresciute tra i granelli caldi e, una volta raggiunta la maturità, sono esplose uscendo dalla sabbia come fanno i piccoli delle tartarughe di mare. Ora cercano solo di raggiungere il mare per lasciarsi, completamente, andare tra le onde fresche.

«Anita?» Sento qualcuno che mi scrolla il braccio e noto che mia nonna mi sta toccando perché la messa è finita e vuole che io raggiunga tutta la mia famiglia sul sagrato della chiesa.

«Sì, eccomi.» Rispondo e mi alzo dalla panca dandole il braccio e accompagnandola fuori.

Sul sagrato c'è un circolo di persone che conversano amabilmente e noi ci uniamo ad essi.

«Ciao Anita, tutto bene?» Mi chiede mia zia venendo verso di me.

«Tutto bene, tutto bene.» E inizia la solita tiritera. Tutto bene. Va tutto bene. Sorridi e sii gentile. E mi raccomando Anita, non dire a nessuno che ti stai innamorando di una donna.

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