41

5 1 3
                                    

Non mi va di fare niente. Non mi va di vedere nessuno. Non mi va di parlare. Non mi va neanche di scostare il lenzuolo, mettere i piedi sul pavimento e camminare verso la cucina, dove Chiara e Nicola mi aspettano per fare colazione. Non mi va di mangiare. Non mi va di sorridere. Non mi va.

Voglio solo stare sotto le coperte. Voglio solo stare al buio di questa camera a me sconosciuta, che non ha le mie fotografie appese alla parete né i miei libri sulle mensole. Voglio solo dormire e, una volta sveglia, voglio dormire ancora. Fino a cadere in un letargo infinito dal quale non mi voglio più svegliare. Le tende sono tirate, le ante, come i vetri, sono chiuse e neanche uno spiraglio di luce entra in camera. Il mio stomaco non brontola, le mie gambe sono molli e il mio corpo non richiede altro se non il letto morbido. Non ho più niente. Non sono più nessuno.

È passata una settimana da quando mamma ha scoperto la mia relazione con Olivia e mi ha cacciata di casa. È passata una settimana da quando mio fratello è andato a casa per prendermi alcune cose che mi servivano urgentemente e non è riuscito nemmeno a parlare con Isabella perché mamma e papà, sapendo che io mi sono rifugiata da lui, hanno impedito alla loro figlia più piccola di entrare in contatto con chi rischiava di essere già stato contagiato. Nicola mi ha detto che mamma e papà hanno tolto a Isabella telefono e computer per impedirle di contattarmi. La accompagnano agli incontri con i suoi amici e la vanno a riprendere così possono controllare se, effettivamente, esce con loro oppure è una bugia. Nicola mi ha detto che Isabella non sa nulla della situazione: non sa che mi hanno fatto un processo stile caccia alle streghe di Salem solo perché sto con una ragazza e non riesce neanche a capire il motivo per il quale lei viene controllata a vista quando la persona che ha fatto un grande casino imperdonabile, così l'hanno definito i miei genitori, sono io e non lei. Vorrei tantissimo poterle parlare e spiegarle la situazione perché non voglio che ce l'abbia con me perché viene controllata anche fin troppo a causa mia. Il problema è che non ho nessun mezzo con il quale contattarla: non ha telefono, non ha computer e io non posso andare a casa. Vorrei che lei venisse qui da Nicola ma sono sicura che non può perché mamma non glielo permette.

Sento qualcuno che bussa alla porta e mi risveglia dai miei pensieri catatonici, ma non mi va di parlare, di farmi vedere, di avere un corpo e un cuore che batte. Vorrei essere invisibile. Vorrei essere fumo. Vorrei essere una nuvola.

«Non voglio parlare.» Mormoro con le labbra appoggiate al cuscino mentre ho gli occhi puntati verso un punto indefinito del pavimento.

"Non voglio parlare" è la frase che, ultimamente, dico più spesso insieme "non ho fame". La frase che più mi sento rispondere, invece, è "d'accordo, non parliamo, ma almeno mangia" e così mi ritrovo, tre volte al giorno, a dover ingoiare cibo che non mi va e che mi fa venire da vomitare solo per non far preoccupare eccessivamente mio fratello e Chiara.

Da quando sono rinchiusa qui, la vita ha perso tutto il suo sapore.

Sento comunque la porta che si apre e maledico Chiara o Nicola perché faticano a rispettare la mia volontà. Non mi volto verso di loro, fingo di dormire sperando che se ne andranno.

«Ehi.» Mormora una voce a me così dolorosamente conosciuta.

Chiudo gli occhi sospirando perché la persona che è appena entrata è l'ultima che vorrei vedere proprio in questo momento. Mi metto a sedere e mi volto verso Olivia, cercando di sistemare, per quanto io riesca a farlo con le dita, i capelli ingarbugliai.

«Come hai fatto a sapere che sono qui?» Chiedo visto che, da quando sono stata cacciata da casa, non ho più voluto sentirla né per messaggio né per telefono. Non mi andava di dirle nulla. Non mi andava di stare con lei. Volevo, semplicemente, stare da sola.

NaturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora