Prologo

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Che cos'è la natura?

Chi lo può dire?

Chi può dire che cosa è giusto o che cosa è sbagliato?

Chi può dire se una cosa è sana o malata?

Chi può decidere come un altro essere vivente debba essere felice?

Chi siamo noi per giudicare?

Come possiamo avere la presunzione di dire, a qualcun altro, che è sbagliato, che il sentimento che prova è contro natura, che dovrebbe essere simile a tutti gli altri e reprimere la sua vera essenza?

Chi crediamo di essere quando additiamo una persona perché diversa da noi e per questo la costringiamo a non accettarsi e a odiarsi e le inculchiamo nella testa il desiderio di strapparsi di dosso la pelle e di cambiare il cuore e tutti i suoi organi interni per poter essere anche leggermente uguale a tutti gli altri? Perché è questo che succede quando mettiamo tutti noi stessi nel tentativo di far sentire gli altri sbagliati, ci avete mai pensato?

Chi ci ha messo su quel piedistallo dal quale siamo così abituati a guardare tutto dall'alto in basso con supposizione e con arroganza da farci decidere quali sono le persone che si devono amare e quali sono le persone che, invece, devono cambiare perché non sono giuste? Non sono giuste per noi, ovviamente.

Ma vi siete mai chiesti come ci sentiremmo noi, che siamo così tanto bravi a criticare, a chiudere gli occhi di fronte alla realtà che non ci piace e che ci da fastidio, a mantenere spigolosa in modo doloroso la nostra mente, se fossimo noi quelli additati, quelli derisi dalla gente, quelli che si sentono diversi, sbagliati e che vorrebbero desiderare di essere nati in un altro corpo per essere così, finalmente, accettati da un società così bigotta e retrograda da non capire che l'amore è amore e che è sempre meglio avere un cuore che batte per qualcuno piuttosto che avere un cuore freddo e duro come la pietra. E chi se ne frega se questo qualcuno è un uomo o una donna. Diciamo sempre che l'amore è ciò che fa muovere il mondo, che è la forza più potente eppure, quando vediamo semplicemente due esseri umani che si amano, voltiamo lo sguardo e li costringiamo a separarsi facendoli sentire così sbagliati. Quanto siamo ipocriti.

Vi siete mai chiesti come sarebbe se fossimo noi a doverci nascondere ad ogni costo per paura del giudizio degli altri, per paura di essere isolati da tutti coloro che dicevano di volerci bene fino a quando, invece, non siamo usciti allo scoperto, non abbiamo rotto le catene della nostra prigionia e siamo riusciti a uscire dalla caverna per mostrarci al mondo come siamo realmente senza maschere o costumi indossati per farci accettare dalla società, e quelle persone, invece che essere contente perché abbiamo avuto coraggio, perché abbiamo avuto la forza di rompere con il passato e con la paura e perché siamo finalmente riusciti a far pace con noi stessi, potrebbero allontanarsi da noi e cacciarci dalla loro vita. Come ci sentiremmo noi, se i nostri genitori, i nostri amici, i nostro parenti, i nostri colleghi, ci voltassero le spalle e ci dicessero "non voglio più avere niente a che fare con te, vattene" e poi si allontanassero senza voltarsi indietro, senza altro motivo che l'aver saputo della nostra vera natura?

Immaginate se il mondo fosse al contrario, se ruotasse in senso opposto, se fossimo noi quelli diversi e fossero gli altri ad essere ciò che voi definite "normali", come riusciremmo a vivere serenamente sapendo di non essere accettati, di essere in pericolo? Perché sì, potremmo essere anche in pericolo, potremmo rischiare di venire picchiati a sangue, potremmo rischiare di essere addirittura uccisi e tutto per quale motivo? Perché amiamo. Perché amiamo qualcuno di uguale a noi e, per questo, potremmo risultare diversi e fastidiosi agli occhi di chi non riesce a sopportare la visione della felicità altrui.

Come vi sentite a riguardo?

Provate a pensarci.

Chiudete gli occhi.

Immaginate tutto questo.

Spogliatevi le scarpe e provate a camminare sulle impronte di coloro che voi odiate così tanto.

Siate empatici.

Aprite il vostro cuore.

Io l'ho fatto.

Di che colore vedete il mondo adesso?

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