Prologo

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Mi aveva detto: Mar tranquilla, a Wrightsville Beach non piove mai!
Poi arrivo io, Poseidone con il suo tridente, scatena la tempesta per darmi il benvenuto.
Stupida scaramanzia.

«Sciocchina che ci fai lì?! Entra dentro!»
Grazie tante Alice.
Non ho intenzione di fare da parafulmine e aspettare che un lampo mi prenda in pieno.

«Cavolo che tempaccio. Lo aveva detto il meteo! Non ci volevo credere. Non piove da più di un mese...»
Assurdo.
Metto piede in questo buco di città e viene dichiarato 'stato di allerta'. Questa è sicuramente opera di mio padre, lui e le sue teorie da indovino.
Tre ore a guidare, tanto sonno, una gomma bucata, il serbatoio quasi vuoto e ora il maltempo.
Ditemelo se ce l'avete con me, così troviamo un rimedio.

Sgrullo la testa da cui precipitano gocce di pioggia che schizzano sul pavimento formando una pozza ai miei piedi.
Liscio i pantaloncini talmente zuppi che pesano verso il basso.
Per non parlare delle scarpe in cui dentro possono sguazzare allegramente dei pesciolini.
Alice mi passa l'asciugamano inutilmente, oramai avevo fatto come al mio solito un grande pastrocchio provvedendo da sola a sistemarmi. Sorrido imbarazzata alzando le spalle indifferente.
Ops, scusa Alice.

«Sei sempre la solita.» Soffia allibita, alzando gli occhi al cielo. Prende il manico della mia valigia trascinandola con sé avviandosi al piano superiore, dove presumo ci sia la mia stanza.
Cerco di rimediare al danno, asciugando il punto bagnato con una mossa del piede.

Ho visto tante di quelle volte fare questa cosa da mia madre, che posso ritenermi un'esperta, ma qualcosa va storto. Probabilmente ho messo troppa forza, che il panno prende il volo e finisce sul divano bianco immacolato.
Se mia madre mi vedesse, morirebbe di vergogna diseredandomi come figlia. Mi posso ritenere fortunata: lei non c'è è fingo che non sia successo niente.
Giusto?

Tiro via il straccio sporco gettandolo sotto al divano, nascondendo il relitto. Alice non si accorgerà di nulla.

A quel punto mi faccio strada per raggiungere la mia amica che già è di sopra. Mi è impossibile notare la sua spaventosa ossessione per i gatti.

Ci sono piccoli occhi spalancati ovunque. Impressi sugli ornamenti della carta da parati, statuette di ceramica a forma di gatto, addirittura sulla tappezzeria della poltrona del corridoio, per non parlare del suo discutibile tappeto con due grossi pelosi gatti bianchi.
Ti sta sfuggendo di mano la situazione, cara Alice.
Un piccolo brivido sale su facendomi sussultare quando sento gli occhi delle stampe fissarmi insistentemente. Martha sono finti non ti possono vedere.
Ne siamo certi?

Il mio lato felino è morto l'unica volta con cui ho avuto a che fare con un gatto. Ne ero uscita con un enorme graffio sulla fronte per cui ero andata in ospedale e un ematoma sul braccio. Zia Trash si starà chiedendo ancora come sia possibile che abbia molestato la sua Penelope. Se solo lei sapesse che quella gatta è posseduta.
L'amica di Satana.

Ma quella è un'altra storia.
Gatti a parte, posso ritenermi fortunata che non ci sia nessuna bestiola pelosa in giro per casa. La nostra, sarebbe stata un'ottima convivenza.

«Ti piace?» Mi chiede Alice ferma al centro della camera proseguendo ad esaminarla insieme a me. Una normale stanza, ordinata e pulita cosa che ben presto sarebbe divenuta una discarica.

«Perfetta.» Esulto euforica rapita da un dettaglio da non sottovalutare. Lascio cadere la borsa a terra, per correre verso la porta finestra. Con uno slancio mi affaccio al balcone tenendomi al ferro battuto della ringhiera. Chiudo gli occhi e li riapro immediatamente percependo un brivido di adrenalina quando vedo l'altitudine e lo spazio immenso che si erge di fronte.

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