55.Infinite volte.

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Una volta ho letto un articolo secondo il quale dormire tanto allunga la vita.
A questo punto, credo che io vivrò poco visto le ore piccole che faccio.
L'orologio del comodino segna, ben in grande, il numero cinque così rosso, che persino un daltonico riuscirebbe a capire quanto sia assurdo.

Un altro motivo per cui odiare la pesca? La sveglia all'alba.
Bart mi ha mandato un messaggio nel quale mi esortava nel tenermi pronta per le cinque e mezza del mattino.
Ho provato in tutti i modi di tardare la nostra gita all'aria aperta di almeno un'altra ora, ma lui ha esordito con "i pesci sono animali dal sangue freddo, dobbiamo approfittarne della loro inattività!", perciò non ho avuto scampo.

«Prepari una tazza di caffè, per favore?» urlo dal piano superiore per farmi sentire fin in cucina.

Non sento una risposta.
Solo un interminabile silenzio.
Prendo le ultime cose e poi scendo, saltellando gradino dopo gradino con i miei scarponi.
Arrivo in cucina trovando Dylan, nel suo pigiama discutibile di Batman, stramazzato sul tavolo.

«Non farò mai più niente per te! Mai più!» piagnucola con la testa china.

Sorrido ingenuamente.
Gli vado vicino passandogli una mano tra i capelli biondi che accarezzo con premura.

«Dai, non essere nervoso» uso un tono melenso.

«Hai messo la sveglia alle cinque e un quarto, pazza! Io devo andare a lavoro alle nove!» accusa alzando finalmente la testa dal tavolo e mi fulmina con lo sguardo. Noto avere ancora i segni del cuscino disegnati sulle guance.

Che cattiva...

«Lo so. L'ho fatto per un motivo squisitamente pratico» informo andando verso la moka.

«E sarebbe?» si rabbuia.

«La mia sveglia non è affidabile come il tuo urlo» spiego pacata preparando la macchinetta.
Dylan apre la bocca scioccato puntandomi il dito contro.

«La pagherai Martha!»

«Va benissimo, Dy! Vuoi del caffè?» chiedo sviando il discorso.

«Arriverà il giorno in cui ti ripagherò con la stesa moneta!» insiste continuando a minacciarmi.

Rido fin quando il suono del campanello di casa trilla avvisandomi che Bart è qui fuori.

«Bene, sono le cinque e mezzo e non c'è del caffè nel mio sangue!»

Poggio la tazza sul ripiano nervosa, vado di corsa alla porta e quando la apro ecco un esemplare di uomo eccitato da far schifo sebbene l'alba sia ancora sorta.

«Ciao Mar!» mi saluta energico.

Mi squadra velocemente e i suoi occhi sono molto curiosi.

«Ho portato caffè e ciambelle» mi sventola davanti agli occhi un sacchetto bianco. I miei occhi reagiscono come se avessi vinti alla lotteria.

«Dio mio! Grazie al cielo!» lo prendo al volo cercando di contenere la mia foga del momento.

«Da questa parte...» dico contando sul fatto che mi segua. Entrando in cucina troviamo mio fratello ancora in stato comatoso, il quale, sentendoci arrivare, solleva la testa guardando con cipiglio, Bart.

«Levataccia?» chiede il mio amico dispiaciuto.

«Lasciamo perdere... sto per morire» dice tragico inscenando un lamento patetico facendomi sbuffare.

«Non ci far caso, la vena drammatica è di famiglia... comunque questi li possiamo bere in viaggio così non facciamo tardi e-»

Avete mai avuto una canzone fissa in testa?
Certo che sì, capita a tutti.
E forse è una bella canzone, magari anche la vostra preferita.
Ma vi dà comunque fastidio, no?
È scadente, insomma.
Eppure non volete sentirla solo nella vostra testa, la volete alla radio o in un concerto dal vivo.
Così è solo una squallida imitazione.
Un beffardo promemoria: non potete sentire la canzone vera.
Non temete, capirete presto cosa intendo dire perché ecco, sua maestà, comparire al nostro cospetto portandosi dietro sempre quel suo atteggiamento spocchioso davanti a noi. Non si merita la mia completa attenzione tuttavia in quel momento, il mio corpo e la mia mente sono troppo inquieti per starmi a sentire. Troppo in fiamme.

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