47.Carpe diem.

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Mi sveglio soprassalto.
La luce delle prime ore del mattino filtra dalla portafinestra ed è sufficiente per interrompere il mio sonno.
Ho dormito abbastanza da sentirmi comunque in forma.

Lancio un'occhiata alla sveglia e mi sorprendo nel vedere che mancavano ancora una decina di minuti alle sette.
È già un record per me.

Allungo il braccio sopra la testa sentendo il telefono vibrare, mi metto a sedere per controllare chi è e quando leggo il nome roteo gli occhi al cielo.

Harry.
Cosa vuole da me?

Le sue chiamate si stanno facendo insistenti nell'ultima settimana e mezza e mai ho fatto l'errore di rispondere.
Sono nove giorni che sono rinchiusa in casa a causa dell'influenza e altrettanti nove che non ho contatti con il mondo esterno.
Duecentosedici ore in quarantena a letto.
Stiamo scherzando?

Sbuffo stropicciandomi gli occhi decisa a non rispondere neanche a questa volta.
La mia caviglia?
Beh è guarita ancor prima di fare il primo starnuto, che poi sono divenuti due, tre, quattro... e che ve lo dico a fare.
Rudolph la renna di Babbo Natale in persona.

Il fatto che Harry mi abbia confessato quanto gli manchi non ha giovato. Non ho risposto a nessuna delle ultime venti chiamate.
Sono una persona orrenda?
Può darsi, ma non me la sono sentita.
Eppure sono sorpresa dalla sua tenacia visto e considerato che ancora non ha capito che non avrà nessuna reazione da parte mia se non un grido di frustrazione per aver intasato la mia segreteria telefonica.

Sbircio dalla finestra notando il cielo essere una coltre spessa di nuvole grigie.
Non piove, anche se la sensazione è quella.

Porto le mani in alto e mi stiracchio prima di riflettere.
Mi sento meglio, la febbre è scesa ieri e oggi mi sento in forze.
Con il mio grazioso pigiama a pois, scendo al piano di sotto, in cucina, constatando che della mia amica non c'è traccia.
Stamattina ho una voglia matta di pancake al cioccolato.

Senza pensarci troppo, realizzo l'impasto e con il mestolo tendo una generosa quantità del preparato nella padella calda, e aspetto.
Continuo a sfornarne come se non ci fosse un domani.
Alice ne sarà molto felice, adora quando cucino la colazione, cosa che capita di rado visto che non sempre ho la possibilità di farlo.
La mia amica qualche giorno fa si è tolta il gesso e ha ripreso il comando al Flounder, per fortuna.

«Mmh, cos'è questo bel profumino?» chiede Alice sbucando di soppiatto dietro di me.

«Pancakes con scaglie di cioccolata» rispondo spadellando e stando attenda a non bruciarli.
È uno di quei momenti di estrema delicatezza.
Appena volti le spalli... zan!
Bruciati.

«Uhm, stavo proprio morendo di fame» si massaggia lo stomaco con occhi sognanti.

«Tu hai sempre fame» puntualizzo.

«Questo è vero, ma adesso ho ancora più fame perché la mia amichetta del cuore ha deciso di sfornare dei pancakes! Cosa che fai solo quando sei pensierosa. Qualcosa che affolla la tua mente piccola Mar?» le ultime parole sono quelle che rapiscono la mia attenzione.
Mi volto per guardarla sollevando un sopracciglio.
Ha davvero osato chiamarmi così?

«A forza di stare con Rodas stai iniziando a parlare come lui» ribatto crucciata tornando ai miei pancakes che impiatto.

«Può darsi, ma non deviare il discorso, che succede?» insiste prendendo la forchetta che affonda senza troppi dubbi nel pancake dopo aver spremuto una quantità eccessiva di sciroppo.

Sollevo le spalle sedendomi di fronte alla mia amica che adesso ha preso ad esaminarmi come se fosse un detective.
La verità?
Non lo so neanche io.

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