48.Nomen Omen.

5.8K 258 20
                                    

È strano il modo in cui la vita spesso ti sorprenda con eventi che avresti potuto benissimo prevedere.
Nel mio caso, per esempio, ho rivelato sinceramente i miei sentimenti spaventando l'unica persona che non avrei voluto allontanare.
Ho cancellato ogni cosa in un battito di ciglia.
E ora?

Adesso dovrò convivere parcheggiata nell'ombra di quell'assaggio di felicità che pensavo di aver trovato negli ultimi mesi, pur di non sentir quello spillo conficcato nel cuore che mi lacera in due.

Molto in ombra, in effetti.

Quel pomeriggio ho marciato per chilometri e chilometri in trans a patto che riuscissi a mettere più rapidamente possibile distanza tra noi.
Non ho provato nulla.
Il nulla.
Solo uno spaventoso e soffocante vuoto e incondizionato amore che mai verrà corrisposto.
Mi sono sentita vuota come un edificio abbandonato.
Non so che fine abbia fatto lui.
Se mi abbia seguito, o abbia riso di me.
In quel momento niente mi avrebbe fermato.

Giunta a casa di Alice, assistendo alla mia condizione pietosa, ho preparato alla rinfusa le mie valige, e dopo avergli spiegato sommariamente cosa è successo, ho deciso di andar via da Wrightsville Beach.
Scelta azzardata?
Chi mai avrebbe potuto saperlo...

Ho viaggiato per più di dieci ore consecutive.
Ho tenuto il pedale di accelerazione interamente calato, sfrecciando nelle strade libere dell'autostrada.
E ogni secondo che passavo ad allontanarmi, la fossa in cui sprofondare diventava una voragine.

Mi sono chiesta se fosse la cosa migliore da fare, ma poi mi sono domandata: cos'altro avrei potuto fare?

Sono rimasta in quella città troppo a lungo fantasticando su qualcosa che era evidente non si sarebbe mai realizzato.
I miei sogni anche stavolta erano fin troppo elevati rispetto alle aspettative.
A pensare che mi aveva supplicato di non lasciarlo andare, non ancora.
Eppure è stato lui ad abbandonare me quando le cose si sono fatte complicate.

Cosa c'è di sbagliato negli uomini?
Vogliono sicurezza e attenzioni e quando glieli dai, si tirano indietro come se avessero toccato fuoco con mano.

Mentirei se dicessi che il mio umore non sia grosso modo somigliante ad una poltiglia di sensazioni opposte.

Io lo amo.
Ma lo odio altrettanto.
Lo odio per quello che mi ha fatto.
Ho pianto.
Ho riso.
Ho pianto.
E poi ho riso ancora.
Sono pazza?
Probabilmente.

Quando ho parcheggiato nel viale sterrato dei miei, con le prime luci dell'alba che fanno sfondo alla casa, ho capito che ormai i giochi erano fatti.

Gioco.

Ironia della sorte, non si può sempre giocare.
Lucas?
Lo avrei dimenticato, presto o tardi.
È ora di aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà.
Una volta per tutte.

Scesa dalla macchina, le oche capeggiate da Guendalina sono apparse attorno a me, Leone il cane fifone mi ha raggiunto mezzo addormentato abbaiando a tutto spiano per la contentezza di vedermi lì.
Almeno qualcuno lo è.

E poi come se mancasse la ciliegina sulla torta, è sbucato mio padre con il fucile pronto a colpire.

«Chi va là?» urla rabbioso.

Sollevo le mani in aria in segno di resa.

«Papà sono io, Martha!» grido per farmi sentire.
Parole che riescono a sorprenderlo e celermente abbassare l'arma.

«Martha!? Che ci fai qui?» chiede sospettoso, «a quest'ora del mattino...» osserva perplesso.

La sua indagine è così corretta che faccio fatica a negarlo.

AIUTAMI STRONZO!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora