42.Batuffolo di cotone.

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C'è chi nel mondo crede che non ci sia più bellezza.
E allora perché siamo tristi quando l'estate finisce?

Tiro un sospiro, con la testa appoggiata al finestrino.
Mi piace pensare di essere una donna furba.
Perche le donne furbe, di fronte alla scelta tra scrosci perenni
e sole indisturbato, in genere scelgono la seconda.
In genere, appunto.
Invece per me è uguale.
Tutto purché stia bene.

Il viaggio in macchina è stato breve e taciturno.
Non trovavo le parole giuste insomma, dopo quello che è accaduto.
Dio, il mio basso ventre freme al ricordo.
Per fortuna Lucas ha deciso di darci un taglio.
Mi ha concesso spazio, probabilmente percependo la mia insicurezza.
Odio esserlo.
Il mio stomaco è sottosopra per un motivo ben chiaro.
E lui?
Che motivo ha per farmi sentire così?
Un'ombra di delusione passa in volto quando rifletto che con al maggior delle ipotesi sia solo un gioco.
Stato d'animo che viene sostituito in fretta da un sorriso audace.

Una volta a casa mi spoglio di fretta, e nuda, rovisto dentro l'armadio.
È evidente che qualcosa mi sta sfuggendo di mano.
Sono sempre una ragazza semplice.
Qualunque sia il mio destino.

Sia se diventi un'esperta economa o una meticolosa dirigente.
Magari vicino alle mie amate praterie.
Magari no.
Sia se sono moglie o madre.
Sia se arrivano le rate del mutuo e della macchina.
Un portfolio di azioni mi avrebbe assicurato una bella pensione.
Forse avrei goduto di un bellissimo viaggio alle Bahamas.
Ma niente avrebbe cambiato il fatto che sono una ragazza alla mano.

Eppure non so.
Non mi riconosco più.
Dove sei Martha?
Mi sale la nausea.
E se mi stessi adeguando alla massa?
Non ho mai digerito le regole.
Che poi, mi sono sempre chiesta: chi le decide?
Nasciamo senza sapere e poi:
Ehi, benvenuta nell'età adulta!

È così che ho scoperto che la vita è anche peggio.
Amo la libertà di scegliere.
Amo lo scambio di idee.
Ho sempre voluto essere il capo di me stessa.
Ed è da folli.
Lo so, soprattutto di questi tempi.
E per la prima volta nella mia vita penso che potrei farcela.

Abbandono momentaneamente il mio discorso concentrandomi sul vestito che ho in mano.
Dopo averlo indossato mi osservo.
Cielo.
Che ho che non va?

La cosa bella è che qui, nessuno conosce niente di me.
Ancora meglio.
Nessuno sa chi sono veramente.
E il fatto che con Lucas è riuscito a capirlo, mi fa salire l'ansia.
Mi sento capita nella mia pazzia.
Ed è strano, davvero, perché ora è più difficile di prima.
Santo cielo...
Forse, forse apprezzavo di più il mio anonimato.

A Johnstown sono stata, il più delle volte, la strana esuberante che tutti credevano fumasse erba di nascosto.
Una cosa abbastanza ridicola, considerando che nessuno, prima di arrivare all'università, mi aveva mai offerto droghe.
Il mio cervello è sano come un pesce.
Nel bene e nel male.

Invece a Wrightsville non ci sono cerchie chiuse.
Solo un via vai di gente, un chiacchiericcio costante interrotto da sporadiche risate che va avanti senza guardarmi.

Batto le ciglia e solo allora mi accorgo di esser rimasta imbambolata.
Non so neanche cosa sto guardando.
Mi copro e solo dopo acconcio i capelli arricciando qualche ciocca che incornicia il mio viso.
Per questa sera li lascio sciolti.
Il vestito è bianco con le maniche che arrivano poco prima del gomito, mi cade a pennello.
Scelgo tra le scarpe di Alice, le più adatte. Un paio di sandali dello stesso colore, con minuscoli lustrini e un tacco vertiginoso.
Ho il capo chino, concentrata ad allacciare il cinturino, quando una sensazione familiare, s'impadronisce della mia pelle, provocandomi un formicolio.
Qualcosa, o meglio qualcuno, mi fa accelerare il cuore nel petto e seccare la bocca.
Mi sollevo e le gambe si stringono in automatico e cerco di non farmi vedere.
Mi sento una depravata, e questa dipendenza mi fa sprofondare.
Ho bisogno di Lucas con sempre più frequenza e sempre più urgenza.

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