8. Cheescake al limone.

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Corro.
Il fiato corto, ma trotto veloce come farebbe Felix nel bel mezzo di una gara.
Salgo rapida le scale, e a causa del polso fasciato sono meno stabile del solito.

Se non cado ora non casco più.

Arrivo in cima, mi sistemo i capelli e gli occhiali da sole che ho indossato per un fattore puramente tecnico. Nascondo pugni violacei che contornano i miei occhi e non credo di essere un bel vedere.

Durante la mia ripresa, in cui affanno come un bisonte affamato, noto che di Lucas non c'è traccia.
Forse non si è alzato questa mattina.

Chi devo ringraziare?
Marte, Venere o Plutone?

Quel breve momento tra me e Lucas in riva al mare, mi ha messo addosso una strana agitazione.
Alle prime luci dell'alba ho chiuso gli occhi e per colpa di pensieri su pensieri che hanno affollato la mia mente, non mi sono svegliata in tempo.
Non so se è stata una mia sensazione, ma dietro a quella piccolissima, quasi impercettibile confessione, ho intravisto di più.
Ha detto troppi pensieri.
Non so ancora spiegarmi il perché, ma li avrei ascoltati molto volentieri.
Magari non tutti.
Se tra questi ci fosse la sua malcelata voglia di strangolarmi, avrei preferito non saperlo.
Eppure, c'è stato un attimo in cui, nonostante il silenzio calato tra noi, stavamo condividendo molto di più.
Boh, sicuramente sono state tutte paranoie nate dalla stanchezza e stress psicologico subito durante il giorno. Una cosa è certa: ero talmente di corsa che non ho potuto leggere l'oroscopo di oggi.

Il rimbombo proveniente dalle scale, mi mette sull'allerta. Si susseguono altrettanti suoni metallici, uno più profondo di vetro, e dulcis in fundo un'imprecazione.

«Che cazzo!»
Allora è qui.

A passo moderato, mi avvicino alla scala che porta dentro la barca, timorosa di scendere, non sapendo a cosa andrei in contro.
Sento il vociferare di Lucas.
Oddio parla da solo.
Probabilmente non gradirebbe la mia presenza lì.
Ho un impeto di insicurezza che mi arresta all'inizio delle scale.
Da quando mi preoccupo di quello che vuole?
Dopo stanotte, ho avuto la percezione che qualcosa potrebbe sbloccarsi tra noi. Non dico di diventare amici del cuore, quanto meno una conversazione più umana. Anche se la maggior pare dei casi dubito che lo sia.

Viene riprodotto un suono costante martellante, per cui adesso la curiosità è tanta.

Scendo lentamente, attenta a non far più danni di quelli che sono solita a fare. È tutto ancora un grande macello. Seguo le tracce di polvere, teli ammucchiati per terra fino a giungere all'origine del mio interesse.
Woow, cioè, pazzesco.

Niente di quello che mi sarei aspettata.

E la mia mente era già proiettata in qualche scenario thriller. Ci sono tavole di legno appoggiate a terra, martelli, cacciaviti di ogni genere, trapano e altri attrezzi che non so identificare. La cosa più bella è il piccolo buco a cui Lucas sta lavorando, che sicuramente sarà destinato a diventare un oblò.

Lucas non si è accorto della mia presenza.
Mi perdo a contemplarlo in quel cumulo di polvere. Ha i capelli neri impolverati di segatura, indossa occhiali protettivi concentrato a portar a termine il suo lavoro in modo professionale. La t-shirt bianca arrotolata sulle spalle per cui i suoi bicipiti si contraggono senza sforzo e si morde il labbro violento.

Caldo, caldo... incendio.
Ho il viso surriscaldato allucinata per la mia reazione.
Però è sexy.
Mar, decenza.

Schiarisco la voce per allontanare il mio momentaneo imbarazzo ed avvisarlo della mia presenza, ma a causa del rumore non mi sente.

«Ehilà» ritento alzando la voce, ma quel fastidioso ronzio mi sovrasta.

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