58.Dictum Factum.

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Mi sveglio di soprassalto e sobbalzo.
Il petto si alza e abbassa velocemente.
Il corpo è sudato, sento la maglia del pigiama appiccicarsi al petto e la bocca impastata.

«...è soltanto un incubo» sussurro tra me e me.

Mi rendo conto che stavo singhiozzando nel sonno.
I singulti non hanno intenzione di fermarsi, le lacrime cominciano a rigarmi il viso, finché non apro gli occhi.
Ho la gola serrata.
Dischiudo gli occhi cercando di darmi una regolata, e con le mani tremanti mi pulisco il viso.
È dall'età delle elementari che non ho incubi, ma ora...
Tutto è cambiato.
Le scene sono sfocate, ma sono così realistiche che mi è impossibile placare le palpitazioni.
Sono seduta sul mio divano, noto che addosso ho una coperta di pile che mi copre per metà, aggrotto le sopracciglia non ricordandomi di averla utilizzata.

Chi è stato?

Piano piano le immagini vissute prima che mi addormentassi cominciano a farsi largo nella mia mente.
L'ultima cosa che rammento è il nostro litigio.
Il bacio.
I suoi occhi disperati.
Il suo sprezzo.
Gesù.
Mi passo una mano tra i capelli e i miei occhi continuano a vagare per la stanza deserta alla ricerca di non so cosa.
I primi raggi di sole filtrano nella sala.
Non so neanche che ore siano.
Mi stiracchio massaggiandomi il collo indolenzito, sfregandomi gli occhi con i pugni.
Ad un certo punto ho una strana sensazione che manchi qualcosa.

Una volta in piedi giungo in cucina, poi al piano di sopra.
La camera di Dylan è vuota.
Il bagno anche.
Non c'è nessuno.
Lucas non c'è.
Il respiro è pesantissimo, come se ormai non ce la facessi più.
Il mio cuore sembra una furia nel petto come se faticasse a metabolizzare la cruda verità.
Il battito aumenta all'improvviso, ed è una straziante agonia.
Ho aspettato tutta la notte sveglia che rincasasse.
La mia rabbia è diminuita nell'esatto momento in cui ha varcato la soglia, forse perché mi aspettavo che ritornasse tra le mie braccia.
Mi aspettavo che venisse o volevo
che venisse?

Dove sei Lucas? sussurro inquieta proseguendo a girare in tondo sui miei passi.
Dove può essere andato?
Diamine, potrei impazzire.
Non abbiamo mai litigato in quella maniera.
Ancora la gola mi brucia per le troppe urla.
La rabbia che gli trapelava dagli occhi non la scorderò mai, mi ha annientata.
Le mie parole non sono state da meno.
Lo hanno colpito nel profondo.
Gli ho fatto del male.
Gli ho ripetuto che quel bacio non ha significato nulla per me, non ho mai pensato di ferirlo, ma sono riuscita ugualmente a farlo.
E mi odio per questo.
Gliel'ho tenuto nascosto per lui, per noi.
Non proverò mai per Bart o per qualsiasi altro uomo, neanche un quarto di quello che provo per lui, ciò nonostante sono riuscita ad ottenere quello che non avrei mai voluto.
Il suo dispiacere è il mio.
Mi rifiuto di dargli fiducia.
Qualcuno può biasimarmi?

La testa mi fa così male e la sento così pesante, che riesco solo a sentire un forte dolore dietro alla nuca per lo stress accumulato.
Lucas.
Ho un brutto presentimento, anzi, un orribile presentimento.
Se la vita mi ha insegnato qualcosa, è ad apprezzare quello che si ha.
Dai qualcosa per scontato e poi svanisce ancora prima che ti accorga che fosse tua.
Mia nonna materna, persona singolare come d'altronde tutte le donne della mia famiglia, un giorno mi disse: «Vivi ogni giorno al suo massimo, Mar. Apprezza la vita a pieno»

E l'ho fatto.
Lo faccio ancora.
Vivo il momento.
Me lo godo.
Faccio il pieno di vita e a quel paese il resto.
È semplice, davvero.
Solo che ora vivere l'attimo sta diventando sempre più difficile.
È tutta colpa di Lucas.
Mi ha legata a lui e ora non riesco a pensare più lucidamente senza riferirmi a lui.
Questa storia mi sta sfuggendo di mano.

Ritorno nella sala, i miei occhi girovagano alla ricerca di un segnale, uno solo che mi metta il cuore in pace.
Sono al centro della stanza, guardo il comodino da caffè di fronte al divano e c'è un piccolo pezzo di carta che attira la mia attenzione.
Lo prendo tra le mani e lo inizio a leggere.

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