13. Paperella da bagno.

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«Ricordami perché stamattina non l'ho fatta finita» mugugno addolorata.
Anche i muscoli delle dita mi fanno male.

Il mal di testa trivella le tempie e sto invidiando gli organismi unicellulari: loro sì che non sapranno mai quello che noi esseri sviluppati dobbiamo patire.

«Perché devi lavorare al Flounder»

Il Flounder, vorrei vomitare solo al suo nome.
Dopo che Lucas mi ha riaccompagnato a casa, ho passato le successive ore, fino alle prime luci dell'alba, avvinghiata al water.
Non sapevo che un corpo potesse sopportare una tale tortura.
Mi sono risvegliata con la testa depositata sulle mattonelle gelate della parete.
Mai come stavolta mi sento di aver toccato in fondo. Odoravo di uovo marcio e solo al ricordo tornerei a vomitare.
Poi è apparsa Alice nelle vesti di madrigna cattiva.
Ha misurato, nauseata, il mio stato moribondo e ,senza aggiungere troppi fronzoli, mi ha dato un'ora per prepararmi per il lavoro.
Le scarse abilità di lessico non mi hanno salvato e ora mi trovo nell'ultimo posto dove vorrei essere.
È Hitler al femminile.

«Potevo starmene a dormire» piagnucolio, con la testa protesa sul bancone. Le braccia sorreggono la fronte ed è la cosa che più somiglia ad un letto confortevole.

Alice bofonchia parole a me sconosciute e non ho la forza di chiedere, visto il suo continuo andirivieni iperattivo.
Lei sì che sa come comportarsi ad una festa.

Non ama bere fino a perdere i sensi, e fa bene.
Guarda come mi ritrovo.

«Smettila Mar, sei solo debole. Un'aspirina e ritorni in forze, più che mai»
Non è vero.

«Se non morirò prima» frigno, percependo un conato di vomito salire su.
Oddio, che schifo.

«Sei una femminuccia» mi rimprovera.
Ma io sono una femmina.
Rialzo la testa, scoprendola girata di spalle indaffarata a sostituire le bottiglie vuote con quelle piene.

«Che ti prende stamattina? Sei intrattabile, mi pare di parlare con una Violetta Beauregarde e io non credo di essere clemente come Willy Wonka. Sto male e tu e la tua acidità state intralciando la strada per il patibolo»

Alice non mi risponde.
Abbassa un secondo la testa e poi la rialza di scatto come una molla. Persino i miei occhi hanno avuto un mancamento per il gesto troppo rapido.

«Niente Mar, mi è venuto a trovare Johnny»
Ah adesso si spiega tutto.
Johnny l'ospite indesiderato che una volta al mese a noi donne ci rende delle fragili, ipersensibili donne mestruate.
So bene cosa sta provando, ma questa volta le è presa proprio brutta.

«Potevi dirlo prima, invece di lanciarmi addosso il tuo malumore»

«Io soffro e anche tu devi soffrire»

«Non mi pare una cosa carina da dire»

«Che fine ha fatto la solidarietà femminile? E poi ti ho anticipato quello che ti verrà tra pochi giorni anche a te»

«Oh, ma che gentile» grugnisco.

Ritorno ad autocommiserarmi con la testa sul bancone. Chiudo gli occhi, nella mia testa provo ad immaginare qualcosa di piacevole che mi distragga dal mio malessere.
Tipo cavalcare un'onda.
Non l'ho mai fatto, magari sarebbe straordinario farlo. Io che plano il mare, mentre tutti mi acclamano. Il movimento ondoso del mare mosso, aumenta il mal di testa, facendomi affogare all'istante e addio sogno.

Il campanello del locale avverte l'entrata di qualcuno. Il suono è così aguzzo, sottile che persino le orecchie si rifiutano di sentire.

«Ehy signorine, come state?»
L'allegria in persona procede ostentando usignoli canterini in un'atmosfera grigia.

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