Chapter 1

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Era un giorno freddo d'inverno, uno di quei giorni in cui preferisci indossare un maglione di lana e bere una tazza di thè davanti ad un fuoco caldo. Ma quello era un anno differente, un anno pieno di tristezza, un anno in cui il tuo cuore è spezzato e per unirlo bisogna trovare il vero amore, credevo.

Era il 24 Dicembre, la Vigilia di Natale.

Tutto era così monotono da un anno. Lo stesso giorno di un anno fa, morì la mia migliore amica, Ariel. Era tutto per me.

Eravamo una cosa unica ormai. Parlavamo di qualunque cosa, sempre insieme, dalla nascita.

Ariel era il mio appoggio, la mia roccia. È sempre stata una ragazza ottimista, con una forza impressionante; non fisica, ma morale: a ogni caduta, d'amore, d'amicizia, discussioni in famiglia; riusciva sempre a rialzarsi. Ero quasi gelosa perché io ogni volta che ero triste, cadevo pressoché in depressione. Non riuscivo mai a rialzarmi con le mie forze, avevo bisogno sempre di lei. E adesso che non c'era più, avevo giurato davanti alla sua tomba che sarei scappata da tutto questo dolore che mi intrappola come solo sanno fanno le sabbie mobili.

Sono andata alla sua messa e mentre il prete faceva la Predica, io e le altre ragazze, intonammo le note della sua canzone preferita: Because Of You.

Cantavo con le lacrime agli occhi, quella canzone rappresentava tutto per me: prima di andarsene mi aveva lasciato in mano un Cd che avrebbe tanto voluto darmi il giorno del mio compleanno, un mese e cinque giorni dopo.

Quando inserì il Cd nel computer, partì quella canzone e scorrevano sullo schermo le nostre foto da quando eravamo piccole fino ad allora. Sempre abbracciate, sorridenti e ridevamo fino ad avere le lacrime. Ma adesso le lacrime che scendevano sul mio volto, non erano di gioia, ma di un vuoto incolmabile.

Tornata a casa, dopo la messa mi infilai sotto le coperte e le strinsi a me quando mi vennero in mente le sue parole "Hannah,saremo sempre amiche, te lo prometto. Anche se io dovessi trasferirmi da mio padre, tu rimarrai per sempre la mia unica sorellina, chiaro?"

Nella mia mente persisteva la sua dolce voce, quella voce che amava cantare a squarciagola sul balcone a tutte le ore e che mi faceva ridere come non mai. Ma adesso dovevo farmi forza, così mi alzai, andai nella cabina armadio e indossai un paio di jeans e una felpa calda. Mi misi un filo di trucco, mi pettinai ed uscii di casa per andare in centro per comprare qualche regalo di Natale per la mia famiglia dato che non lo avevo ancora fatto.

Entrai in un negozio carinissimo, si sentiva odore di fragole, come quello che si sentiva a casa di mia madre quando ancora abitavo con lei.

Era pieno di oggettini per la casa. Decisi di comprare qualcosa di unico.
Mia mamma amava la neve, così decisi di prenderle una di quelle palle di vetro che se scuoti, si vede la neve tutt'intorno. Era enorme, al suo interno feci togliere il coniglietto bianco e decisi di far metterci al suo posto una nostra foto.

Mentre ammiravo quell'uomo dalle mani d'oro che inseriva la foto, qualcuno mi spinse così forte da far cadere me e la palla di vetro sul pavimento e si ruppe.

Caddi goffamente e inizió a farmi male il polso, mi voltai più arrabbiata che mai verso quel mentecatto che aveva fatto quel disastro.

Lo guardai.

Era un ragazzo bello come il sole, con gli occhi blu come il mare. Era fantasticamente fantastico.

Mi ero talmente persa in tanta bellezza che non spiaccicai parola, fino a quando non rinizió a farmi male il polso. "Aia cavolo" esclamai guardandomi il polso. Lui frettoloso mi prese la mano e inizió ad accarezzarla dicendo:" Sarà una distorsione, scusami, sono un disastro!"

Io lo guardai e gli risposi "Ma no tranquillo, non lo hai fatto apposta, certo avresti dovuto stare un po' più attento, ma vedrai che dopo una bendatura passerà e sarà come nuovo" sorrisi.

Mi accompagnó in ospedale e aspettó con me fino a quando non seppe che andava tutto bene.

In sala d'aspetto continuava a scusarsi, non faceva altro. Era molto carino da parte sua dato che aveva distrutto l'unico regalo che avevo deciso di comprare e dopo una bella distorsione al polso!

Dopo il bendaggio, lo salutai diretta verso casa, ma si affrettó per accompagnarmi lui.

In auto ci presentammo finalmente.

Quel bel ragazzo si chiamava Louis Tomlinson, aveva 22 anni e viveva a quattro isolati da casa mia, -a Doncaster- ma io non lo avevo mai visto. E viceversa.

Mi diede il suo numero di telefono in caso fosse peggiorata la situazione con il mio polso ed entrai in casa.

Ero felicissima, avevo le farfalle allo stomaco, mi sentivo con una 16enne che si innamora del primo ragazzino della sua classe, mi sentivo estremamente contenta, ma non ne sapevo bene il motivo.

Dopo quattro giorni, verso le 17:30 del pomeriggio, suonó il campanello di casa. Andai ad aprire e davanti all'uscio c'era Louis.

Lo salutai contenta come avrebbe fatto un cane alla vista del suo padrone tornato dalle vacanze.

Lui in mano aveva un pacchetto rosso e mi disse: "Tieni Hannah, questo è per te".

Mentre lo aprivo mi diceva che era per scusarsi per avermela rotta nel negozio: infatti mi aveva regalato una palla di vetro con la neve e la foto con mia mamma dentro, che era rimasta al negozio. Ero così contenta che gli saltai al collo e lui ricambió con un abbraccio fortissimo. Mi sentivo al sicuro, tre metri sopra il cielo.

Lo invitai ad entrare in casa ma rifiutò per andare a fare una passeggiata insieme a me nel parco a pochi Km da casa mia. Non me lo feci ripetere due volte così andai a prepararmi.

Ero davvero contentissima, non ero mai stata così contenta dopo la morte di Ariel e pensavo di non essere più in grado di sorridere, ma Louis aveva risvegliato il mio cuore dal coma più profondo.

Insieme andammo al parco e ci sedemmo sull'erba. Iniziammo a parlare per conoscerci meglio.

"Allora Hannah cosa fai? Studi o lavori?" Mi disse accarezzandomi la mano sinistra.

Rimasi qualche secondo a fissare quella mano sulla mia e poi risposi "Ho finito di studiare tre mesi fa, mi sono laureata in Scienze delle Comunicazioni, avrei vari sbocchi tra cui diventare giornalista, ma è troppo stancante per me, e stare con i bambini. Amo stare con i bimbi, sin da piccola avrei voluto aprire un asilo tutto mio" iniziai a ridere e aggiunsi "Con questa laurea potrei insegnare ai bambini non vedenti, sordi, sordomuti a comunicare con gli altri. Magari ti sembro pazza, ma amo questo lavoro. E tu invece? Che combini nella tua vita?"

Notai che era incantato dalle mie parole; poi scosse la testa come per distogliersi dalle mie labbra che fissava e poi finalmente rispose:"Wow, è fantastico Hannah! È davvero un bel gesto! Io invece ho lasciato la scuola, ero al terzo anno del Liceo, ma ho capito che la mia strada non era affatto quella, amavo cantare. Sin da piccolo, cantavo, non come le persone normali sotto la doccia ma era proprio il mio passatempo. Quando mi annoiavo prendevo il manico della scopa e lo usavo come asta del microfono. E adesso faccio parte di una band fantastica!"

"Oh wow, grandioso! Anche a me piace cantare, infatti ho frequentato per quattro anni il conservatorio ma poi...." Mi zittii.

Ci fu una lunga pausa imbarazzante.

"Ma poi..?" Louis interruppe il silenzio.

"Ma poi è morta una persona a me cara che veniva con me a canto e da quando è morta, beh le ho promesso che non lo avrei più fatto senza lei. Così non canto più nemmeno sotto la doccia." ripresi il discorso tra le lacrime.

||SPAZIO AUTRICE||

Cosa succederà nel prossimo capitolo? Cosa succederà tra Louis ed Hannah? Votate e commentate se vi interessa che continui la storia :) ciau

What the destiny deserves to us? [LARRY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora