L'hai capito, vero?

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Riccardo si sedette accanto a me.
«Basta piangere.» disse mettendo una mano sulla sua coscia.
«È che va tutto male! Io cerco di non pensarci per stare meno male e quando sono al massimo della spensieratezza loro lo tirano fuori!» affermai senza fiato.
Lo guardai e piansi ancora più forte.
Lo strinsi a me e lui fece lo stesso.
«Ti prego riko, tu non andartene. Sei tutto quello che mi è rimasto!»
«Non me ne vado Fede, non me ne andrò mai. Sai cosa provo per te e quanto tu sia importante per me.» affermò lui dandomi tanti baci sulla fronte.
Cosa provava per me? Ci guardammo negli occhi: morivamo dalla voglia di baciarci ma non lo facevamo, nessuno dei due aveva coraggio. Poco dopo mi prese la mano e la fissò.
«Smettila di piangere e torturarti!» disse lui iniziando a piangere.
«Sciogliti i capelli. Se vuoi ballare allora alzati e balla. Trova ragioni per ridere perché è così che mi piace vederti. Crea qualcosa di bello. Parla. Non scusarti più per la tua magia e smetti di nascondere la tua luce. Amati. Perdonati se è questo che ti opprime! Ignora ciò che la gente pensa di te. Perché alla fine sarai tu a dover rispondere per tutte le cose che non hai detto, le persone che non hai amato, le cose che hai fatto e i luoghi dove non sei andata. Viviti Federica!» disse facendosi gonfiare sempre la vena
Ero rimasta colpita dalle sue parole.
Aveva ragione, completamente in tutto!
Annuì e lui mi asciugò le lacrime con i pollici.
«Non mi piace vederti così! Sei così bella quando ridi. Hai degli occhi in cui ci si perde dentro.» disse guardandomi intensamente.
Sorrisi e arrossì lievemente.
«Andiamo a tavola, vieni.» disse alzandosi e tirandomi su.
Ci prendemmo per mano e ce le stringemmo forti.
Andammo a tavolo e ci sedemmo.
«Federica scusami!» disse mia madre mortificata.
«Lascia stare mamma, tutto ok.» dissi sospirando.
Ricominciammo a mangiare e la serata trascorse tranquillamente.
Verso mezzanotte uscimmo dal ristorante e io andai di nuovo in moto con Riko.
Lo strinsi forte come se fosse l'unica cosa al mondo per me, anche perché era proprio così.
Mi sembrava di aver conosciuto la felicità solo dopo averlo incontrato. Non avevo mai pensato prima che anche io potessi essere felice.
Una felicità che Riccardo mi aveva portato in dono come se fosse la cosa più semplice del mondo. E fidatevi, una persona così è rara. Vi auguro a tutti di trovarla.
Una volta arrivati, scesi dalla moto per salutare Raffaella e Stefano.
Quando tornai alla moto Riki non c'era più.
Se n'era andato via senza salutarmi nonostante tutte le parole che mi aveva detto qualche ora prima.
Ci ero rimasta molto male ma dopotutto ero abituata a questo dispiacere.
Entrai in casa, diedi la buonanotte ai miei genitori e a mia sorella, e poi salì in camera e mi chiusi dentro come facevo ogni sera.
Appena entrai decisi di non accendere la luce.
Mi tolsi subito il vestito rimanendo in reggiseno, mutande e collant.
D'un tratto però vidi un'ombra e, terrorizzata, accesi subito la luce trovando Riccardo tutto rosso.
«Che cosa ci fai qui!» dissi cercando di coprirmi.
«Parla piano! Ho detto ai miei genitori che dormivo da Andreas.» affermò togliendosi le scarpe.
«Allora perché sei qui?» gli chiesi preoccupata.
«Perché forse dormo da te? Non ti lascio sola stanotte. Mi sentirei una merda.» disse sorridendomi.
Si tolse la maglia facendomi arrossire pesantemente.
Che caldo che faceva!
Se ne accorse allora si avvicinò.
Tolse il vestito che stavo usando per coprirmi e mise le mani sulla mia vita stringendomi a sé.
«Federica Carta, l'hai capito che ti amo, vero?»

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