Ero sbalordita nel vedere quella meravigliosa villa.
«Vi piace? Sarà casa nostra!» disse mio padre fermando la macchina nel garage.
«Davvero?» chiese mia sorella sbalordita.
I miei annuirono all'unisono.
«Oh Dio!» disse scendendo dalla macchina e scappando fuori in giardino.
«Sono più che certa che abbia cambiato idea riguardo questo posto!» affermai ridendo e scendendo dalla macchina.
Raggiunsi mia sorella che stava conversando con una famiglia di cinque persone. Tra di loro c'erano due ragazzi più o meno della mia età. Uno dei due alzò lo sguardo sorridendomi e io ricambiai. Quando però anche l'altro ragazzo iniziò a guardarmi sentì una strana sensazione in me. Ero come rapita dai suoi occhi blu. Aveva i capelli color castagna con qualche riflesso biondo, un naso all'insù e una bocca carnosa. Automaticamente mi morsicai le labbra e incominciammo a fissarci.
Nel mentre non mi ero accorta della presenza dei miei genitori che stavano già conversando con quelli che penso che fossero i suoi genitori.
«Salve.» disse mio padre sorridendo.
«Buongiorno e benvenuti.» rispose sorridendo un signore sulla cinquantina.
«Io sono Stefano Marcuzzo e questa è la mia bellissima famiglia. Siamo i vostri vicini. Abbiamo pensato di venire per darvi un benvenuto e magari fare un po' di conoscenza.»
«Noi siamo la famiglia Carta. Io sono Cristiano, lei è mia moglie Maria e loro sono le mie piccoline: Federica e Arianna.» disse mio padre tutto fiero di sé.
Continuavo a sentire addosso lo sguardo di quel ragazzo.
«Lei è mia moglie Raffaella e loro sono i miei magnifici figli: Riccardo, Luca e Francesca.» continuò il signor Marcuzzo.
«Quanti anni hanno?» domandò mio padre incuriosito.
«Riccardo ha 18 anni, Luca 16 e Francesca 10.»
«Fede, perchè non provi a fare amicizia con Luca o Riccardo! Hanno la tua età più o meno. Magari riesci a dimenticare tutto quello che è successo!» disse mio padre sorridendo.
Lo guardai malissimo e lo ghiacciai con lo sguardo.
«Ho detto che non voglio pensarci non che lo voglio sostituire.» dissi con tono acido e infastidito. Guardai tutti e poi andai in casa.
Per me Nico aveva avuto un ruolo importate nella mia vita. È stato tutto per me e pensare che non è più qui mi fa stare malissimo. La sua morte per me è stata la malattia più brutta che potessi avere.
Entrai in casa e mi diressi lungo delle scale abbastanza ripide. Iniziai a percorrerle velocemente fino a trovarmi al piano di sopra.
Andai in una delle due camere singole e decisi che sarebbe diventata mia. Non mi importava di quanto potesse essere bella o brutta, mi importava solo che avesse un bel letto per piangerci sopra.
Appena vidi il materasso del letto mi buttai sopra e incominciai a piangere.
Avevo paura di sporcarlo con il poco mascara che avevo messo la mattina ma improvvisamente, un rumore interruppe i miei pensieri e mi fece voltare di scatto.
Vidi di nuovo quegli occhi azzurri che avevo incontrato pochi minuti prima.
Con voce infastidita e alquanto infuriata dissi
«Sai che vuol dire bussare?»
«Scusami.»
Riccardo, o almeno così ricordavo si chiamasse, prese una sedia e la mise di fronte al mio letto. Si sedette e poi iniziò a giocare con le mani.
«Hai pianto?» mi chiese asciugandomi le lacrime.
«Non ti riguarda.» risposi freddamente dissi sollevandomi e sedendomi davanti a lui.
Odiavo le persone che si facevano gli affari degli altri. Se gli avessi racconto la mia storia, avrebbe provato compassione di me e, sinceramente, volevo tutto ma non quello.
«Posso sapere perché?» chiese sorridendomi.
«Ma che diritto hai per chiedermi certe cose?!» dissi innervosita.
«Beh, penso sia mio diritto sapere perché la ragazza per cui sono rimasto imbambolato pianga.» disse ridendo.
Spalancai gli occhi e scossi la testa ridendo.
«Non ti conosco nemmeno!»
«Sono Riccardo!» disse porgendomi la sua mano. Era ben curata e molto più grande della mia data una differenza abbastanza elevata di statura.
Presi la sua mano e la strinsi.
«Ok, ora ci conosciamo. Mi spieghi perché stai piangendo?» chiese curioso.
«Perché dovrei?» dissi sfidandolo.
«Perché ti ho detto il mio nome. E perché tuo padre mi ha detto quello che hai passato e penso che sia meglio che ti trovi qualcuno con cui sfogarti.»
Mio padre non sapeva mai farsi gli affari suoi!
«Non sai...» mi interruppe.
«Aspetta! Perché non parliamo stasera davanti a una cioccolata calda?» mi chiese inarcando le sopracciglia.
«Ehm...»
«Perfetto! Ti passo a prendere stasera più tardi!» disse lasciando spiazzata.
Si avvicinò a me e mi diede un bacio sulla guancia. Fece un sorriso smagliante e poi uscì dalla stanza.
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You are worth it all
Fanfic[COMPLETATA] Riccardo: "Non c'è bisogno di dediche. Non c'è bisogno di grandi parole, non c'è bisogno di ripeterti in continuazione quanto io ti ami. Lo sai. Lo sai bene. Tu sei uguale a me, io sono uguale a te. Io mi rivedo in te, tu ti rivedi in m...