Capitolo 41

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Alla fine accettai di partecipare alle gare.

Volevo riprendere del tutto in mano la mia vita, volevo ritornare a lottare e portare a casa qualche soddisfazione.

Andrea non era entusiastissima all'idea, ma non mi aveva fatto assolutamente pesare la cosa, dicendomi che per il momento preferiva non pensarci e godersi il viaggio insieme.

Aveva accettato il fatto che volevo riprendermi una rivincita.

Una rivincita emotiva per lo più.

Perché quando la mia storia con Nora era finita, continuai a lottare, anche se il non averla vicino mi face diventare più cattiva e anche se portavo a casa molte vittorie non mi interessava, quello che in quel periodo mi importava di più era tirare soltanto pugni e calci.

Ero diventata 'un'animale da ring', che non provava più emozioni, che lottava per lottare e non per soddisfazione personale.

In quel periodo Sarah si oppose con tutte le sue forze.

A pensarci bene ho veramente rischiato di far avere un crollo psicologico alla mia amica.

Mi vedeva diversa, mi vedeva incazzata e cercava di aiutarmi, ma io la respingevo.

Non litigavamo, ma fra noi si susseguivano giornate di silenzio.

Proprio per evitare qualche sfuriata.

Un giorno però mi venne a parlare e lì capii che non stavo facendo solo del male a me stessa, ma anche a lei.

Ricordo quando, fuori dall'università, nei primi periodi in cui iniziai ad uscire con Andrea, lei mi disse che era stata male per come avessi fatto del male a me stessa.

È vero, mi trovava spesso in casa con bottiglie di whisky sul tavolo, non uscivo, se non per andare da qualche ragazza del momento o per qualche incontro segreto di boxe.

Poi avevo iniziato a non tornare proprio a casa, a non dormire e a tirare immense ed infinite giornate in giro per locali.

Andavo in università visibilmente stanca, studiavo, mi impegnavo davvero e portavo a casa anche risultati, ma anche questi non mi facevano sentire viva.

Ero diventata un robot.

Avevo il mio obiettivo da perseguire, ma non riuscivo ad andare bene in nessun altra cosa... nella mia vita.

Quel giorno in cui Sarah mi parlò lo ricordo come se fosse stato ieri.

Mi disse di svegliarmi, di rialzarmi e di lottare sul serio, per me stessa e per la mia vita.

Sono le classiche parole che si dicono... è vero. Ma lei non usò il classico tono.

Era arrabbiata, mi aveva anche tirato una sberla, mi aveva sbattuta al muro, aveva fissato i suoi occhi nei miei e poi aveva pianto... aveva pianto come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.

Ed io posso dirlo con certezza, dato che la conosco da sempre.

Mi sentii morire quel giorno, stavo facendo del male ad una delle persone più belle ed importanti che avessi nella mia stupida vita.

"Perché guardi un punto fisso?!" mi chiese Sarah distogliendomi dai miei pensieri, si sedette sul divano vicino a me e mi sorrise, aveva sicuramente capito a cosa pensassi

"Pensavo" sospirai e poi le sorrisi "ti devo molto!"

"Ti manca così tanto la tua ragazza che devi sfogare su di me il tuo romanticismo?!" sdrammatizzó lei e io iniziai a ridere

"Sei una stupida Sah"

"Magari mi devi una birra"

"Forse più di una"

L'inizo della fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora