-Dal nero al bianco.-

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Aaron giocherellò con il bordo del foglio, gli occhi fissi sulla scrittura malandata di Aubrey.
Lo stava mettendo alla prova con un test ideato da lui stesso, e sorrise nello scorgere con la coda dell'occhio la bocca storta del biondo, il labbro incastrato tra i denti e il naso arricciato.
Stava faticando. Forse voleva rendere il compito perfetto e prendersi così di rimando tanti complimenti? Probabile.

Dal canto suo lasciò andare un bel sospiro silenzioso, il foglio ancora una volto torturato dalle dita fredde.
Aveva trascorso dei giorni meravigliosi con Steven, unici e indimenticabili: quel ragazzo sembrava essersi schiuso senza bisogno di forzature, la passata nota di rabbia e ostilità del tutto scomparsa.
Annusò la propria maglia e ne percepì ancora il profumo impresso di quando si erano stretti uno all'altro sotto una cascata di neve, i rami del loro albero preferito pieni di piccoli cristalli delicati.

Romantico e perfetto.

Tornò a fissare Aubrey e il sorriso uscì fuori spontaneo, il sentimento caldo e presente dentro al proprio petto arse e lo lasciò senza fiato. Gli piaceva notate la sua dedizione, crogiolarsi al suono delle sue parole e del suo amore sussurrato appena possibile.
Ecco.
Era quello a mancare tra lui e Steven, l'enorme differenza nei semplici dettagli capaci di farlo fremere come un fuscello sottile.
Le iridi scure di Aubrey incrociarono le sue e Aaron si sentì mancare la terra sotto i piedi.

Gli faceva quell'effetto davvero con poco.

Arrossì senza un valido motivo e accennò un sorriso, sfiorò il tavolo con un dito, tracciò l'intera area e raggiunse la pagina del test.
«Finito?» chiese in un sussurro e lo vide scuotere il capo.

«Mi mancavi tu e volevo vederti» rispose il biondo con un sorrisetto, poi gli lanciò un bacio volante e tornò a dedicarsi al compito.

Aaron sospirò, uno sbuffo pieno di troppi sentimenti verso i quali aveva ingaggiato una lotta da molto.
Si mordicchiò l'interno guancia e sporse il corpo in avanti, afferrò il bordo della maglia di Aubrey e se lo portò vicino così da poterlo baciare con lentezza e succhiare quella bocca morbida fino a morderla senza troppa forza.

Quale sfacciataggine la sua.
E se fossero giunti i genitori del suo amico?
Immaginò la scena nell'essere scoperti da figure adulte e si ritrovò a sorridere mentalmente: quel pizzico di brio e adrenalina negli ultimi tempi lo portavano a remare contro i suoi principi morali, stracciando le rigide imposizioni a fatica sopportate da una vita.

L'altro non si fece pregare e ricambiò subito, la lingua a infilarsi tra la fessura dei denti fino a duellare con la sua in uno scambio di saliva. Un bacio per niente casto, e Aaron avvertì da parte di Aubrey un'urgenza diversa dal solito, quasi una sorta di disperazione nascosta tra le righe.
Aveva infatti notato i suoi occhi incupirsi, costellati da un'ombra via via più scura con il trascorrere dei minuti.

Gli balenò nella testa che avesse potuto scoprire il suo doppio gioco con Steven, poi accantonò in fretta quel pensiero: se fosse stato così, di certo glielo avrebbe fatto presente sin da subito. Aubrey non aveva peli sulla lingua e non lo mandava di certo a dire; preferiva agire anziché portare avanti una stupida farsa piena di menzogne.

«Stai bene?» chiese sospettoso, gli occhi a rincorrere quello sguardo sfuggente.

Nascondeva qualcosa.

Dov'era finita la luce, la sola a spezzare l'oscurità di tutti i suoi giorni?
Non fece in tempo a ricevere la risposta, visto che udì i passi di Sarah e Jonas provenire dal corridoio. Il ticchettare di scarpe da donna gli ricordò tanto quello di sua madre e gli procurò un brivido.
Erano entrambi vestiti eleganti, il nero li avvolgeva con estrema tristezza, la stessa sui loro visi.

Schiavo del Mio amore MalatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora