Nuovi colpi sulla porta, nocche a battere il legno e una voce dall'altro lato.
Aubrey premette il cuscino con più forza sopra le orecchie.
Non desiderava vedere o sentire nessuno.
Era arrabbiato e triste allo stesso tempo; non era accaduto nulla, e proprio questo gli faceva male.Steven e Aaron.
Dio, il solo ripensare al nome del primo bastava a fargli ribollire il sangue nelle vene.
Non era riuscito a godere del suo pomeriggio con i genitori, troppo impegnato a riportare alla mente le loro due figure vicine.
Aaron indossava una maglia troppo larga per essere la sua e, per quanto Aubrey avesse tentato di far finta di niente e di dare una diversa risposta a quell'immagine, di certo gli abiti appartenevano a Steven.Sbuffò calciando le coperte, liberando le gambe.
Odiava Steven. L'aveva odiato sin dal primo anno, con quel suo fisico scolpito e gli occhi magnetici. Tutti pendevano dalle sue labbra: ragazze; ragazzi; professori.
Cazzo, che diavolo di pozione aveva preso per essere così popolare?
Si trattava dopotutto di uno della città inferiore, non era credibile un tale successo.
Sospirò sedendosi, afferrando il bordo dei calzini per poi rilasciarlo con uno schiocco.E se ad Aaron fosse piaciuto più di lui?
Magari apprezzava il fatto che sapesse parlare meglio, che fosse più robusto e meno biondo.«Aubrey?» Si sentì chiamare ancora, questa volta si trattò della voce di suo padre.
Imbronciò le labbra e tirò su con il naso.
Voleva piangere, ma aveva promesso ai suoi fratelli di non farlo più e le lacrime non sarebbero scese neppure colpendo gli occhi con le dita.
Si grattò la testa e sollevò lo sguardo verso il soffitto.
Doveva picchiare Steven? Forse sarebbe stata quella la soluzione migliore, dopotutto, non aveva paura di farsi male.Il dubbio lo stava logorando.
«L'amore è uno schifo» borbottò raggomitolando le ginocchia al petto, posandoci sopra entrambe le braccia.
«Se non apri subito, butterò giù la porta.»
Jonas si stava arrabbiando. Aubrey era tornato dalla loro uscita e non si era più mosso dalla stanza, chiudendola a chiave, gridando di non essere disturbato.
Con un figlio normale, avrebbe potuto sorvolare sul fatto, alzare le spalle e tornare ai propri affari.
Ma Aubrey non era un figlio normale.
Lui era complicato e un piccolo sasso poteva trasformarsi in un enorme uragano; imprevedibile e letale.Silenzio.
«Dannazione» mormorò togliendosi la sigaretta dalle labbra.
D'improvviso udì la chiave girare nella toppa e la faccia di Aubrey comparve nello spiraglio.
«Che vuoi?», domandò il ragazzo arricciando il naso, «non può stare solo?» aggiunse scocciato.«No, non puoi» disse Jonas aprendo completamente la porta, facendolo indietreggiare fino al letto.
Aubrey sbatté i piedi e sbuffò esagerato. «Sei un palo in culo» lo apostrofò con rabbia, sedendosi tra le coperte.
Jonas storse le labbra. «Cosa ti prende? Quando sei così arrabbiato, vuol dire che è accaduto qualcosa di grave» disse imitando il figlio, ponendosi accanto a lui. «Questo palo in culo vuole darti una mano.» Rise e lo stesso fece il figlio risuonando squillante.«Steven vuoi occhi nuvolosi!» esclamò Aubrey senza neppure farsi pregare, continuando a lagnarsi velocemente, talvolta mangiando qualche parola.
Jonas tentò di stargli dietro ma, alla fine, dovette sollevare una mano e tappargli la bocca, prendendosi indietro un'occhiata burbera e colma d'odio.
«Calmo, ometto. Fammi capire se ho ben compreso le dinamiche degli avvenimenti» disse schiarendosi la gola.«Questo tipo chiamato Steven vuole stare con il tuo amico, e l'hai capito basandoti sul fatto che l'ultimo indossava i vestiti del primo... giusto?» spiegò, per poi prendere una boccata di fumo, rilasciandolo verso l'alto.
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Schiavo del Mio amore Malato
Fiksi UmumQuando qualcosa si rompe, il più delle volte è impossibile riportarlo alla sua forma originale senza intravedere ancora le sottili crepe della colla, una scalfittura nel materiale, un alone di troppo. Aaron Baker lo sa bene, costretto a lasciare gli...