Strinse forte le palpebre, e sperò che tutto ciò che lo circondava sparisse.
I suoni, i rumori, le voci.
Giravano in un vortice senza sosta.Riaprì gli occhi e puntò lo sguardo sul tabellone sporco e scrostato, i numeri erano quasi illeggibili e il giallo aveva assunto tonalità grigie.
Si morse le labbra e afferrò saldamente la borsa a tracolla che pendeva dal suo fianco.Aveva paura di ogni persona, nessuno escluso.
Vedeva in loro facce distorte, ghigni maligni, sguardi fugaci alla ricerca di un suo passo falso.
Era la sua mente a proiettare quelle immagini, o almeno tentò di convincersene, fallendo.
Percepì in lontananza il fischio del motore dell'autobus, le ruote cigolavano con insistenza sull'asfalto dissestato.Si passò una mano sulla bocca e fece qualche passo in avanti, avvicinandosi al bordo del marciapiede.
Era il suo mezzo di trasporto; quello che lo avrebbe portato a scuola.
Sentiva il fiato di quelli dietro di lui ed ebbe il sentore di essere attorniato da bestie feroci.
Il tocco di qualcuno sulla spalla per poco non lo fece balzare, a stento contenne un grido.«Occhi nuvolosi.» Il tono era un misto tra il giocoso e l'assonnato.
Aaron si volse a fissare il ragazzo accanto, i suoi capelli biondi erano sparsi sulla testa senza un ordine logico.
Lo stava seguendo. Questa fu l'unica spiegazione che riuscì a fornire a se stesso.
Strinse i denti e impedì al proprio corpo di tremare.
Si trattava pur sempre di un membro della famiglia Baker e non poteva, anzi, non doveva essere così impaurito per ogni novità.Se solo avesse posseduto un briciolo del coraggio di suo padre.
Rifletté meglio. Forse, tra i suoi genitori, era sua madre quella più coraggiosa. Dopotutto, prendeva lei le decisioni più importanti in famiglia.
Aaron si riscosse quando il ragazzo lo sorpassò, salendo i tre gradini dell'autobus in attesa.
Sospirò piano e lo seguì nella calca che spingeva alle sue spalle.Perché non gli era stato fornito un autista? Avrebbe potuto risparmiarsi tutto quel viaggio, così come il rischio di venire derubato, uno dei pericoli ai quali era esposto immergendosi tra quegli sconosciuti.
Si accaparrò un posto accanto al finestrino, cercando di inspirare quanta più aria fresca possibile.
Quegli odori così forti rischiavano di farlo svenire.
La nausea lo assalì e si pentì immediatamente di aver mangiato qualcosa prima di partire, sebbene il suo stomaco fosse stato chiuso dall'agitazione.Aubrey gli si mise accanto e poggiò la spalla contro il finestrino, scrutandolo con i suoi occhi scuri.
«Sei bianco» esordì e sollevò una mano per sfiorargli la guancia.Aaron spalancò gli occhi e mosse il capo indietro. Un gesto stupido, data la presenza di tubi metallici posti in ogni angolo con lo scopo di fornire un sostegno.
Sbatté la testa e strinse i denti per il dolore, imprecando a bassa voce. Il mondo si ribaltò per un attimo, i colori si mischiarono.Tutta colpa di quello sconosciuto. Come poteva prendersi tali libertà?
Aubrey rise, un gracchiare simile a quello di un uccello.
Aaron gli scoccò un'occhiataccia, esibendosi in una smorfia, senza però aggiungere nulla.
L'altro ragazzo sorrise, le rughe d'espressione attorno alla bocca accentuate da quel gesto.«Chi sei l'uomo con i baffi di ieri?» domandò, cambiando discorso.
Aaron alzò lo sguardo e lo indirizzò fuori dal finestrino. Non aveva intenzione di chiacchierare con un tipo di cui non si fidava.
E poi, gli occhi dell'altro lo mettevano in soggezione. Erano così profondi, pieni di qualcosa che non riusciva a decifrare, e questo gli fece paura.
Aubrey non si arrese e proseguì a fargli domande.
Domande alle quali Aaron non rispose e finse di ignorarlo, quando in realtà avrebbe voluto tirare fuori la forza di rispondere.
Ma lui non era così; la sua timidezza lo frenava, sempre e comunque.
Aubrey sbuffò e gli mollò un calcio sulla gamba, un colpo senza forza.
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Schiavo del Mio amore Malato
Ficción GeneralQuando qualcosa si rompe, il più delle volte è impossibile riportarlo alla sua forma originale senza intravedere ancora le sottili crepe della colla, una scalfittura nel materiale, un alone di troppo. Aaron Baker lo sa bene, costretto a lasciare gli...