Lo specchio mandò indietro il riflesso di Aaron e la bocca si piegò in una smorfia.
Il suo viso aveva visto giorni migliori. Forse perché non gli era mai capitato di tornare così tardi a casa dopo una serata trascorsa fuori. Ovviamente si era dovuto lavare per togliere di dosso la patina umidiccia di quell'acqua torbida e strofinare bene per cancellare ogni traccia di odore, poi alla fine si era messo a letto stanco, provato dal dolore di nuotare per ore e ore, l'alba a filtrare tra le persiane.Stropicciò gli occhi e rimase con le dita premute sulle palpebre, lo sbadiglio arrivò dal basso e spalancò le labbra senza coprirle.
E se avesse saltato la scuola per tornare a dormire?
Scosse il capo e si sciacquò ancora, le goccioline caddero dal mento e bagnarono il bordo del maglione ben stirato.Ascoltò il suono della caffettiera provenire dalla cucina e mangiò il corridoio in pochi passi, i piedi nudi rabbrividirono sul pavimento.
Osservò il liquido scivolare nella tazza capiente, il vapore si sollevò e allietò le narici con un buon aroma pungente e aggressivo al punto giusto. Una dose di carica per una mattinata complicata.
Lo sguardo vagò oltre il panorama, i pini sfiorati da una brina gelida sembravano rivestiti di un abito perfetto e delicato, i rami rigidi in tutto quel verde.Non avrebbe trovato Aubrey tra le foglie, non di certo così presto, eppure lo immaginò intento a sporgersi oltre il parapetto del suo balcone e a sorridergli con dolcezza.
Sorrise a sua volta, soffiò il caffè e ne bevve un piccolo sorso per non ustionare la lingua.
Si erano separati da poco, tuttavia, sentiva già la mancanza della sua figura, dei suoi tocchi, il solo respiro a contatto con il proprio corpo.
Mai avrebbe pensato di poter provare un simile sentimento nei confronti di qualcuno. Sembrava come se quel ragazzo avesse scavato un tunnel dentro di sé e si fosse seduto in un angolo del cuore con la chiara intenzione di non andare più via.
Udì un bussare alla porta principale e corrugò la fronte, il collo teso in quella direzione.
La mente lì per lì non suggerì nulla, e fu soltanto nel momento in cui socchiuse l'uscio che le parole tornarono prepotenti alla memoria: -Tieniti pronto, andremo in giro.-Si ritrovò a fissare il ghigno sfrontato di Steven, qualche cristallo di ghiaccio sul suo giaccone pesante di un panna chiaro: un colore perfetto per risaltare di più le sue iridi nocciola. «Non sei ancora vestito per uscire?» chiese il ragazzo scansandolo senza tanta gentilezza, intrufolandosi nel calore accennato dentro la casa.
Aaron aprì e chiuse la bocca un paio di volte, poi ritrovò la voce: «Mi stavo preparando per andare a scuola» rispose ascoltandolo ridere piano, uno sbuffo roco in fondo alla gola.
«La scuola può attendere almeno per un giorno», disse Steven posando le dita sulle sue spalle, «oggi sei mio» concluse con un'occhiata misteriosa, le labbra si tesero in un nuovo sorriso.
Come si poteva ribattere davanti a un tale carisma? Aaron proprio non ci riusciva.
Quel ragazzo era in grado di abbatterlo con un'ascia invisibile e piegarlo al suo volere con una semplice frase.«Vuoi un po' di caffè?» propose allora agitando la tazza di ceramica e si infilò nel corridoio, udì i passi dell'amico dietro di sé e immaginò di avere il suo sguardo rovente addosso.
Questo lo fece sentire stranamente nervoso, lo stomaco un groviglio di sentimenti e un lieve fastidio dovuto alla spavalderia mostrata nei suoi confronti.
Steven si lasciò andare a un'esclamazione gioviale quando il suo gusto incontrò quello della bevanda nera.«Dio, questa sì che è una cazzo di roba da bere» si complimentò sorseggiandola con piacere, le dita libere a sfiorare il pianale dell'isola centrale.
Aaron ripose la sua tazza nel lavandino, la sciacquò con cura e prese un bel respiro.
Sorvolare i compiti imposti dalla società per andare chissà dove: le giornate si stavano decisamente ribaltando, e il colpo più grande lo prendeva soprattutto il suo senso del dovere, ridotto in briciole con il passare del tempo.
Se solo una di queste voci fosse giunta alle orecchie della sua famiglia, avrebbe agito in maniera diversa?
In realtà no, e si riscoprì tranquillo, anche un pelo curioso di osservare una tale reazione sul volto di suo padre.

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Schiavo del Mio amore Malato
Tiểu Thuyết ChungQuando qualcosa si rompe, il più delle volte è impossibile riportarlo alla sua forma originale senza intravedere ancora le sottili crepe della colla, una scalfittura nel materiale, un alone di troppo. Aaron Baker lo sa bene, costretto a lasciare gli...