-J+C.-

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Jacob soffiò fuori il fumo mentre osservava il cielo plumbeo.
Se ne stava seduto sul muretto a ridosso della strada, le gambe ciondolanti e lo zaino semi vuoto gettato a terra.
Aveva detto a Corey che sarebbe andato a scuola, che avrebbe riportato qualche voto decente a casa.

Mentiva.

La scuola non aveva interesse per lui, così come l'apprendimento. Se avesse minacciato abbastanza uno dei professori, o il preside stesso, di certo sarebbe stato promosso senza problemi.
Si trattava di una strategia infallibile.

Dopotutto, in quella città, non si veniva messi dentro per così poco.
Ghignò. Instillare paura e terrore erano la sua specialità, e nessuno lo aveva mai denunciato per questo.
Lo temevano, la respirava nell'aria quella sorta di servilità ogni volta che passava nei corridoi.

E lo faceva sentire vivo e realizzato. Diamine se si sentiva vivo.

Storse la bocca e buttò fuori un nuovo sbuffo.
Un unico insegnante poteva mettergli i bastoni tra le ruote senza neppure temere le conseguenze: Adam.
Non lo conosceva di persona né sapeva il suo cognome, non era neppure assegnato alla propria classe. Eppure, Jacob sapeva che ogni sua decisione presa era ben più importante del preside, come se l'insegnante si fosse innalzato sopra tutti gli altri.
Comandava la struttura e, dietro a quel sorriso affabile, si nascondeva un attento predatore.

Sospirò. Lo eccitava da morire. Se solo fosse entrato nelle sue grazie, allora sì che gli avrebbe fatto provare con quali metodi si poteva convincere una persona, oltre alle minacce.
Purtroppo, Adam era un tipo pulito, senza macchia sul suo passato.

Lanciò la sigaretta sul marciapiede e saltò giù, afferrando controvoglia lo zaino da una delle bretelle.
Sarebbe tornato a casa e, se Corey si fosse messo a sbraitare, l'avrebbe calmato in qualche modo.
Sperò in una scopata selvaggia al posto di una delle loro solite risse finite con il sangue a colare dal naso e i lividi sulla pelle.
Affrontò la strada, camminò dritto senza mai spostarsi, colpì persino un paio di volte delle persone dal verso contrario, sfoggiando poi il terzo dito della mano con un sorrisetto beffardo.

Creare guai, la sua passione.

Giocò con le chiavi tra le mani, osservando accigliato quelle di casa sua. Gli sembrò fosse passata una vita dall'ultimo pomeriggio trascorso con la propria famiglia.
Lui, Alec e i loro genitori.

Jacob non avrebbe mai voluto andare a scuola. Sapeva non serviva a nulla, soprattutto nella loro città dove andavano avanti con la forza lavoro, non con la mente.

Avrebbe trovato un posto nell'azienda di suo padre, una semplice catena di montaggio dedita a creare oggetti di uso comune.
Un luogo decisamente noioso, ma il livello più alto a cui potevano aspirare.
Il resto delle persone si aggirava per la città elemosinando un posto stabile, mentre lui lo aveva già assicurato.
Le cazzate fatte a scuola restavano una perdita di tempo e denaro, sebbene chiedessero davvero poco per mandare i ragazzi a imparare le nozioni base.

La città di ceto medio, buia e perennemente grigia, si ergeva come una gigantesca industria; quella inferiore assegnata ai campi e ai lavori più stancanti; quella in alto per gli studiosi e le innovazioni.
Una macchina ben oleata che girava senza intoppi e, chi aspirava ad alzare l'asticella delle loro patetiche vite, doveva spaccarsi la schiena e arrampicarsi su quei gradini invisibili.
Jacob non rientrava di certo nell'ultima categoria: la sua strada era segnata da tempo, e non provava interesse nel mischiare le carte in tavola.

Inserì la chiave nella toppa e girò le serratura, aprendo lentamente l'uscio.
Silenzioso, posò lo zaino in terra, pregustando le note della sfuriata del suo coinquilino.
In realtà, Corey assumeva sfumature eccitanti quando sbraitava come imbizzarrito.
Per qualche strano motivo teneva seriamente alla sua educazione, decantando la sua mente come una delle più argute mai incontrate.

Schiavo del Mio amore MalatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora