-Paura e amore.-

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Aaron si mosse veloce, non vide altro se non la strada davanti ai suoi occhi.
Era bagnata, proprio come i suoi vestiti.
Non gli importava, aveva persino ignorato la fermata dell'autobus, precipitandosi verso casa.
Non conosceva come arrivarci a piedi, tuttavia, non gli interessò.
Doveva mettere quanti più metri tra lui e Aubrey, cosa assai difficile, visto che il biondo non faceva altro che seguirlo.

«La smetti? Torna a casa, Aubrey!» esclamò, agitando le braccia, sentendo le guance andare ancora a fuoco.

Lo aveva baciato. No, cosa stava dicendo?
Si era lasciato baciare, il che suonava completamente diverso.
Aubrey fece una smorfia, grugnendo contrariato.

«Io vado come te» commentò, sollevando le sopracciglia.

Aaron sbuffò, arrossendo di più. Che figura, aveva ragione.

«Occhi nuvolosi, ti fermi adesso?» lo incalzò Aubrey, facendosi più vicino.
Il moro scosse la testa, pigiando la propria borsa contro lo stomaco, come se così facendo fosse stato più al sicuro.
Aveva saltato tutte le lezioni e, molto peggio, si era intrattenuto con un ragazzo in comportamenti poco consoni.
Sapeva che prima o poi la colpa sarebbe riaffiorata dentro di sé. Infatti, puntuale, lo aveva colto nel giro di una manciata di secondi.

Si sentiva male. Non aveva mai provato una nausea più forte di quel momento.
Aubrey sbuffò, abbassando gli occhi sul fondoschiena dell'altro, il pantalone completamente appiccicato alla pelle lo metteva in risalto.
Mi morse le labbra e proseguì con la rincorsa, guardandosi attorno.

«Dove stai andando?» chiese ingenuo, e Aaron rispose con un verso quasi gridato.

«Ho detto di smettere di seguirmi!» Si impuntò, senza però voltarsi.

Si sentiva vulnerabile, esposto a ogni tipo di sguardo. Sembrava come se tutti lo stessero fissando, anche se non li vedeva bene dietro la patina di lacrime.
Aubrey roteò gli occhi e lo prese per mano, strattonandolo nella direzione opposta.
Ignorò le lamentele dell'altro e lo trascinò, guidandolo verso la strada giusta.
La pioggia tornò a ticchettare sull'asfalto, arrivando ben presto a scrosciare con maggiore forza, rimbalzando sui tendoni dei negozi.

Il biondo svoltò in un vicolo: un paio di travi di legno sui tetti poste a collegamento coprivano quel piccolo angolo dall'acqua.
Aaron ansimò poggiando la schiena contro il muro, cercando di tenersi lontano dall'amico, sebbene il poco spazio a disposizione non glielo permettesse.
Si tolse i capelli dalla fronte con un gesto rabbioso.

Ce l'aveva con se stesso.
Cosa gli era venuto in mente? Un ragazzo. Ancora non ci credeva.
Era... disgustoso.

Si accorse solo in quell'istante che Aubrey aveva posato una mano accanto alla sua testa, facendosi pericolosamente vicino.
Il moro mosse le labbra in un tentativo di tirare fuori una protesta, ma le sue parole morirono nella bocca del biondo. Aubrey si schiacciò su di lui e Aaron strabuzzò gli occhi, percependo la pressione di qualcosa di duro contro la propria gamba.
Non era possibile... non poteva essere ciò che pensava.

«Voglio scopare» sussurrò Aubrey, staccandosi dalle sue labbra quel tanto che gli permettesse di parlare.

Aaron si lasciò scappare un verso imbarazzato, agitato e, allo stesso tempo, di inspiegabile eccitazione.
Lo sospinse con le braccia e si liberò da quella presa, lanciandosi nella pioggia, ignorando i richiami dell'altro.
Cosa aveva detto? Non aveva pudore. Parlare a quel modo, e a un ragazzo per di più!
Ebbe la sensazione di essere sporco e violato senza aver neppure fatto qualcosa di male.
Corse, la pioggia a renderlo ancora più bagnato.
Si sarebbe preso un malanno, di questo ne fu certo.

Svoltò un angolo e sbatté contro qualcosa, o meglio, qualcuno. Per poco non finì a terra, ma la persona lo tenne per un braccio, impedendogli di cadere.
Aaron non ebbe fiato, e alzò il volto, abbozzando un sorriso di ringraziamento che però gli morì sulle labbra.

Schiavo del Mio amore MalatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora