-Ultimo ballo all'inferno.-

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Le nuvolette di freddo uscirono dalle sue labbra, il respiro ghiacciato a entrare nei polmoni per attaccarsi sulle pareti con una presa dolorosa.
Ad Aaron non importava di indossare solo un maglione largo e leggero, così come i calzoni di una stoffa delicata, e che la sua pelle fosse ormai solcata da brividi continui, il calore abbandonato chissà dove.
Ciò che schiacciava il suo stomaco, era la comprensione di sentire il proprio corpo come se non gli appartenesse, violato e posseduto da un paio di mani ostili, le stesse premute sul suo fianco in un abbraccio pieno di possessività.

«Hai ben studiato il copione, Ron. Non avere paura di fallire» sussurrò dolcemente Steven, prese una ciocca di capelli e gliela posizionò dietro all'orecchio.
Giù nuovi brividi per Aaron, stavolta scaturiti dalla nausea e dal disgusto provato verso se stesso e verso quello che, a breve, sarebbe stato costretto a fare.

Non si sentiva pronto e mai lo sarebbe stato.

Sollevò lo sguardo lucido e supplicante in quello dell'altro e lo vide scuotere il capo e mostrare un sorriso bonario.

«Andiamo, non guardarmi così. Non stai andando a morire, giusto? Le tue lacrime mi fanno male, davvero, però dobbiamo andare avanti. Insieme» disse e lo baciò tenero sulle labbra tremolanti e gelide.

Insieme.
Come poteva credere alle sue frasi?
Aaron si sentì come una marionetta senza fili, ma Steven certo non ne aveva bisogno: le sue minacce del giorno prima erano state sufficienti a piegarlo, a instillare in lui il terrore necessario per indurlo a compiere ogni passo scritto in un copione macabro.

Trattenne il respiro e vide il maggiore allontanarsi da lui e immergersi dentro la folla in attesa nella piazza davanti la scuola.
Qualche tempo prima ad Aaron era parso di aver letto di un ballo organizzato dagli studenti, forse in un foglio appeso in una delle pareti fuori dal cancello, eppure non vi aveva mai fatto veramente caso.
Perché avrebbe dovuto?
Odiava ballare, a maggior ragione se voleva dire farlo in mezzo a così tanti sconosciuti pronti a sballottarlo da una parte all'altra, e colpirlo in modo sconclusionato e volgare.
Un'orda di animali in attesa solo di soddisfare i loro piaceri più oscuri con la scusa di partecipare a un enorme evento pubblico.
E adesso si trovava lì, con una corda al collo immaginaria a tenerlo ancorato ai propri doveri.

«Ehi, Aaron. Non pensavo saresti venuto.»

La voce di Timothy fu per lui un vero colpo da digerire, quasi gli venne da piangere per il calore espresso in quella semplice frase anche un po' banale.
Sorrise e lo abbracciò di getto, un gesto inusuale da parte sua. Difatti, percepì l'amico irrigidirsi sorpreso, tuttavia non si negò e ricambiò.

«Ok, ok... Adesso rischi di strozzarmi» si lamentò il biondo e lo fece tornare al suo posto, pronto a scandagliarlo per cercare qualche segno differente dal solito.

«Scusa» si giustificò Aaron con un mezzo sorriso, e nascose le mani vibranti nelle tasche del pantalone.

Una delle regole dettate da Steven era di sembrare normale, e quello slancio di affetto non rientrava nei suoi consueti atteggiamenti.
In cuor suo pregò di chiudere le palpebre e di riaprirle a fine mattinata, saltando così un lasso di tempo in cui avrebbe dovuto prendere una decisione, la peggiore della sua vita.

Al solo pensiero sentì le lacrime affacciarsi di nuovo, e decise di scostarsi con una semplice scusa e confondersi tra la folla. Ascoltò il proprio nome chiamato dall'amico, tuttavia non arrestò il suo passo e proseguì a spada dritta in mezzo ai corpi in movimento diretti alla palestra laterale, una zona poco usata e in disuso.

Pendevano striscioni colorati, una vasta gamma di strumenti prendeva buona parte del muro di fondo e le pareti rovinate erano state coperte da spessi teli scuri tendenti al porpora.
Un luogo degno dell'inferno, pensò Aaron con gli occhi sbarrati e il respiro trattenuto.
Il fato stava giocando con la sua situazione, mandava segnali preoccupanti e il suo animo non faceva altro che appesantirsi, minuto dopo minuto.
Non sarebbe uscito indenne da quella serata, di questo ne fu certo.

Schiavo del Mio amore MalatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora