Capitolo 18

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Troppo corto è quello che non smetteva di pensare Celeste, quel vestito era troppo corto per stare vicino a quell'uomo in un auto da soli. Con movimenti frenetici cercava ti tirare sempre più giù il vestito per tentare di coprire un po' di pelle in più senza riuscirci ovviamente. Alexander lo noto e la cosa lo infastidiva, sentiva che lei si stava vergognando di stare vicino a lui e non sapeva se questa cosa li piaceva o no. Poi un pensiero lo pervase come un ragazzo alle prime armi, immagino il momento in cui le avrebbe tolto quel vestito, il reggiseno e le mutandine ammirandola in tutta la sua innocente bellezza. 

Poi torno alla realtà lui non immaginava queste cose lui le faceva e questo per lui era un chiaro segnale di astinenza. Un problema che avrebbe risolto 

"Smettila o lo rovinerai" disse guardando negli occhi quando si girò, sorpresa del fatto che se ne fosse accorto. Come scottate le sue mani lasciarono il vestito e si chiusero a pugno, lui senza rendersi conto mise una mano sopra le sue, come a tenerle ferme. Per fortuna erano arrivati, Markus apri la portiera e fece uscire il suo zar per poi porgere la mano alla ragazza. Lo sguardo dello zar però fece capire a Markus che doveva subito ritirala. Celeste prese la mano di Alexander e scese dalla macchina, mentre con l'altra fece scendere il vestito, beccandosi un'altra occhiataccia. 

L'hotel del nonno, erano fuori dal suo hotel e quella sera quindi avrebbe rivisto suo nonno e la sua famiglia, quelle persone che l'avevano tradita per degli affari. Come si sarebbe comportata davanti a loro, non lo sapeva, cosa avrebbe fatto. Un blocco totale non poteva rivederli non così presto, doveva ancora realizzare il tutto e rivederli l'avrebbe solo fatta stare male. Non poteva.

Rimase immobile davanti alla porta dell'hotel dove intanto Alexander l'aveva condotta. "Che hai adesso?"

"Non posso" le parole di celeste vacillarono veramente non poteva rivedere la famiglia che l'aveva fatta crescere nel bene, che le aveva insegnato l'onesta e la giustizia per tutta la sua infanzia?  

Alexander fece quello che faceva sempre rise di lei, della sua paura del suo carattere debole, non poteva avere al suo fianco una persona debole, la legge del più forte era uno stile di vita per lui. Finche lui resterà il più forte tutto andrà bene, finche si circonderà di persone coraggiose e leali pronte a rischiare la loro vita allora rimarrà il più forte, senza punti deboli da attaccare, senza niente da perdere ma tutto da guadagnare. Lei doveva cambiare doveva adeguarsi al suo nuovo mondo, quello da donna dello zar e non da bambina da accudire.

Le prese il braccio e la condusse all'interno dell'edificio, lei iniziò a piangere per la disperazione e l'ansia di vedere i suoi genitori, ma Alexander non la condusse nella sala grande dove si stava tenendo il banchetto ma in un corridoio secondario. Celeste lo riconobbe e quello che conduceva alle piscine ma sembrava che lui non sapesse dove stessero andando.

Le porte degli spogliatoi erano stranamente aperte e Alexander ci spinse dentro Celeste forse un po' troppo forte perché le fece perdere l'equilibrio e cadere all'indietro. Tentando di aggrapparsi Celeste riuscì a procurarsi un taglio più o meno profondo sul braccio che iniziò a sanguinare. Alexander guardò la ragazza che seduta per terra si mise le mani davanti al viso continuando a piangere senza accorgersi del graffio. Non poteva lasciarla li anche se avrebbe voluto, la sollevo e la fece sedere sulla panchina con la quale si era graffiata, le tolse le mani dalla faccia e le chiese se c'era una cassetta del pronto soccorso. Lei fece di no con la testa, non si ricordava e vide allontanarsi l'uomo. 

Quando torno lei era ancora seduta, aveva preso dei fazzoletti dal bagno, glieli porse e la guardo mentre li posizionava sul taglio. Poi quel pensiero: il punto debole, tutti ce l'hanno, ma lui non poteva.

"Alzati e smettila di piangere, ti sembra che qualunque cosa succeda tu pianga?!" Celeste alzò lo sguardo e i suoi occhi celesti colpirono come lame Alexander, uno sguardo che poteva uccidere. Lei si alzò e si posizionò davanti all'uomo notando la molta differenza, quell'uomo era due volte lei in muscoli. Ma questo non la intimorì. 

"LA SMETTI" gli urlo cercando di darli uno spintone "NON SONO LA TUA SCHIAVA, NON SMETTERO' DI PIANGERE PERCHè TU ME LO ORDINI, bastardo" disse l'ultima parola sottovoce perché Alexander per niente felice stava avanzando verso di lei. Il muro blocco la sua ritirata e lai rimase bloccata tra quell'uomo e il muro. Cosa le era preso non lo sapeva ma adesso quell'adrenalina stava svanendo velocemente. 

"Celeste" solo il suo nome sussurrato davanti al volto la fece tremare, parlava piano e lentamente "sei fortunata" disse prendendole una ciocca di capelli " a essere a casa di paparino" chiuse gli occhi non voleva guardarlo ma fu uno schiaffo a farglieli riaprire " perché se fossimo stati in un altro posto non avrei esitato a" non continuò la frase, non serviva.

Poi di colpo il suo umore cambiò e con un sorriso per niente rassicurante si rivolse di nuovo a lei "Non urli più adesso cos'è ti hanno mangiato la lingua?" 

Celeste non si mosse e non accennò a rispondere, era terrorizzata dalla velocità con cui Alexander aveva cambiato umore, non osava neanche guardarlo negli occhi ma fissava un punto fisso davanti a lei, il nodo della sua cravatta. Lui si abbassò per incontrare il suo sguardo e rise mostrando i suoi denti perfetti e bianchi, rise di lei per l'ennesima volta. Dove era finito tutto il suo coraggio se lo chiedevano entrambi, mentre lei piangeva vergognandosene. 

"Smettila.. di ridermi in faccia" disse con  voce tremante cercando comunque di essere decisa, fallendo miseramente. Lui si allontano di qualche centimetro per poi riavvicinarsi violentemente a lei stringendole con una mano il collo.

"SMETTERLA? Tu stupida ragazzina non mi dici cosa devo fare! Non ne hai il diritto, qui decido io sia per me che per te" lo urlo e le parole colpirono Celeste dritte al petto, poi abbasso la voce "decido io e tu ubbidisci" stringendo più forte la presa sul collo della ragazza che iniziò a tossire e a respirare con una certa difficolta. 

Alexander si rese conto che la ragazza iniziava a non respirare e mollò la presa allontanandosi da lei, che corse nei bagni degli spogliatoi, si chiuse dentro e si guardò allo specchio.

Era ancora rossa in viso e le sembrava di aver visto un fantasma, era scioccata da quell'uomo non poteva diventare sua moglie, non si può avere il terrore del proprio marito. Il mascara le era colato in parte e il correttore se ne era completamente andato, gli occhi rossi e gonfi facevano risaltare il colore celeste dell'iride. 

Era distrutta e doveva ancora rivedere i suoi genitori, ma aveva paura ad uscire da quel bagno.

"Celeste, dobbiamo andare o i tuoi si preoccuperanno" un altra persona sembrava, non era la stessa che prima l'aveva minacciata che l'aveva quasi soffocata, quello non era Alexander. 

"Chi sei?" chiese lei incuriosita da quel comportamento 

"Esci" lei non si fece pregare e girò la chiave aprendo leggermente la porta giusto per scorgere chi fosse l'uomo. Vide Alexander e Markus seduti su una delle panche, lo zar aveva una faccia stanca e annoiata e stava guardando il suo iPhone mentre il sicario la stava guardando.

"Da brava esci da li" continuò Markus mentre lo zar si stava alzando e portando il telefono all'orecchia. Lei usci e rimase ferma vicino alla porta con sguardo basso, era in presenza di non uno ma ben due assassini che la stavano fissando. 

"Bastardo, quel vecchio di merda neanche risponde" esclamo scocciato Alexander 

"Sara' a trombare con qualche ragazzina" rispose neanche tanto scherzando il sicario 

"Dio renditi almeno decente o crederanno che ti ho rapita" questa volta si rivolse a Celeste ignorando Markus, ma lei non si mosse, tutti dovevano vedere come era conciata.

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