Capitolo 20

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Un topolino in gabbia, la descrizione perfetta di Celeste davanti ad Alexander che le aveva ordinato di mettersi davanti a lui. Lei aveva resistito, finché lui non aveva tirato fuori una pistola dalla sua custodia. L'avrebbe uccisa?No mai non avrebbe potuto farlo, la sua alleanza sarebbe saltata e lui si sarebbe trovato in guerra, ma questo la ragazza non lo sapeva e quindi ubbidiva.

"Inginocchiati" lei ubbidì e Alexander rise, quella bambina era veramente brava, seguiva tutto quello che lui le diceva, sotto ricatto ovviamente.

"Hai mai toccato un uomo Celeste?"lei arrossi vistosamente, la risposta era no, per come intendeva Alexander, lei non aveva nessuna esperienza in quel campo, ma non glielo disse perché lui lo sapeva già. Lo aveva intuito.

Non si mosse finche Alexander non riparlò, come ogni volta la paura l'aveva già assalita e non sopportava di sentirsi così inferiore davanti a quell'uomo. Ma anche la posizione in cui le aveva ordinato di mettersi, in ginocchio davanti a lui, la faceva sentire molto inferiore davanti al re della mafia.

"Avvicinati Celeste non ti mangio mica" lei lo fece sempre spaventata dalla pistola che era ancora sulla scrivania, poi come un lampo le venne in mente un idea suicida, di cui si sarebbe pentita subito, ma doveva ribellarsi. Così lo guardò di nuovo con quello sguardo minaccioso che non preoccupava minimamente Alexander, lentamente Celeste appoggio le mani sulle gambe dell'uomo. Avanti e indietro le muoveva sulle sue cosce, lui la lascio fare, guardandola nei suoi movimenti. L'innocenza di quella ragazza lo faceva eccitare parecchio e non sopportava questa sensazione, era troppo vulnerabile, solo quel tocco stava risvegliando qualcosa in lui. 

Le mani di Celeste si avvicinavano sempre di più al pacco di Alexander che la fermò, appoggiando le sue mani sopra quelle della ragazza. Lei si blocco all'istante e la mano destra di lui si appoggio sotto il suo mento, per sollevale lo sguardo. Le si avvicinò e raggiunse il suo orecchio. "Guardami" disse solo quello, ma a lei serviva tempo e con un atto di coraggio per la sua libertà baciò il collo dell'uomo. Una, due, tre volte, poi lo inumidì con la lingua e tornò a baciare e succhiare quel lembo di pelle. Con la mano che aveva libera invece toccò la scrivania di mogano, lucida e scura, la mosse alla ricerca disperata della pistola senza guardare cosa stava facendo, ma continuando a baciare l'uomo. La tocco, toccò il metallo freddo dalla pistola, cercò l'impugnatura, ma qualcuno  aveva già occupato quella posizione e la mano calda a differenza del metallo tocco quella di Celeste, per un secondo poi lei la ritirò staccandosi completamente dall'uomo, che punto la pistola su Celeste. 

"Sei stata furba" disse avvicinandosi a lei e ridendo amaramente, stava per essere fregato da una bambina e non poteva sopportarlo "Ma adesso procediamo con le mie regole" si posiziono davanti a lei. "Perché forse non hai ancora capito come funziona qua e forse è meglio se ti do una piccola lezione" la osservava mentre le parlava e si chiedeva come aveva fatto a fare la tentatrice sapeva recitare e aveva riconosciuto una punta di perversione nel suo comportamento, le piaceva quella Celeste.

"Inginocchiati" le disse appoggiandole la pistola sulla nuca, poi continuò "Slacciami la cintura e abbassami i pantaloni, lentamente" lei non osò sollevare il volto, risentiva il freddo della pistola, che adesso le premeva sulla testa, e poi le lacrime iniziarono a scendere copiose offuscandole la vista. Lentamente fece quello che le aveva detto, poggiò le mani sulla cintura di marca dello zar e la slacciò arrossendo vistosamente, poi sbottono i pantaloni e tirò giù la cerniera. Lui era già eccitato solo grazie alle mani inesperte dalla ragazza che non smetteva di piangere. Le mani di lei si spostarono sui fianchi di lui e li tirarono giù i pantaloni neri ed eleganti che lo coprivano. 

"Anche le mutande" lo sguardo di Celeste si sollevo cercando gli occhi di lui, per supplicarlo di non farglielo fare, non li avrebbe fatto quello che voleva. "NO" disse alzandosi di colpo, fregandosene della pistola, iniziò a correre via scordandosi del fatiche Alexander avesse chiuso la porta a chiave. 

Lui con tutta calma si tirò su i pantaloni e allacciò la cintura, avrebbe fatto finire la lezione a una delle sue puttane più tardi, adesso aveva qualcosa altro da fare. La guardò tremante davanti alla porta, le si avvicinò "La lezione non è finita" disse e la strattonò per il braccio la riporto li della sua scrivania, spostò qualche carta che c'era sopra e la sollevò per farla sedere, lui invece si accomodò sulla sua poltrona. Lei si dimeno urlando, finché lui non tirò fuori delle manette. "Cosa fai? Lasciami" lui lo supplico ma era inutile, le legò le mani dietro la schiena. Solo il pianto di lei riecheggiava nella stanza e lui sorrideva, si divertiva a vederla soffrire. Si era seccato di correrli dietro mentre scappava, gli aveva tolto un orgasmo e questo gli aveva dato fastidio.

Le sbottono i pantaloni, tirò giù la zip mentre lei lo pregava di non toccarla e strinse forte le cosce per non permettergli di sfilarle i pantaloni, lui rise, quella ragazzina gli stava dando filo da torcere. La fece scendere, le aveva già tolto le scarpe e con non molta difficoltà le tolse i jeans osservando il pizzo nero la che copriva. Poi prese le forbici, e Celeste si ritrasse automaticamente, ma li la riavvicinò e le taglio la maglia, lasciandola in intimo davanti a lui. 

"Adesso possiamo riprendere da dove mi avevi interrotto" le posò una mano sulla spalla e la costrinse a inginocchiarsi. Si spoglio lui e inizio a massaggiarsi la sua erezione, poi mise una mano dietro la nuca di Celeste e la spinse verso il suo pene, lei tenne chiusa la bocca girandosi dalla parte opposta. "Dillo chi è che comanda Celeste? Dillo" le urlo, lei non accennò subito a risponderli poi lo fece: 

"Tu, tu comandi" rispose stremata e con ancora le mani legate, lui rise si sposto e chiamò Markus. "Fai entrare una delle mie" 

Celeste era ancora per terra quando qualcuno busso e Alexander fece entrare la donna dietro alla porta, che si diresse subito da lui e iniziò a toccarlo e a prenderlo in bocca. Lui chiamò Celeste e ordino di sedersi di nuovo sulla sua scrivania, tra i gemiti, quella puttana era brava. Celeste lo fece subito e la mano di Alexander si posò sulla sua coscia per poi iniziare a giocare con le sue mutande, lei cercò di ritrarsi ma le era impossibile con le mani legate e con gli occhi chiusi per il ribrezzo della scena che si svolgeva davanti a lei. 

Poi Alexander venne e cacciò la puttana ai suoi piedi, si rimise le mutande e si riconcentrò sulla ragazzina, le slegò le mani e la fece scendere. "Ripetimelo Celeste chi comanda qua?" la risposta non tardò "Tu, Alexander" disse senza guardarlo negli occhi, continuando a rivedere la scena di poco prima. 

"Bene, vai adesso" lei cercò di prendere i suoi vestiti ma lui glielo impedì "Vai così, ci vediamo a cena" lei usci rossa in viso, adesso aveva solo del pizzo trasparente che non lasciava niente all'immaginazione. Fuori dallo studio di Alexander tutte le guardie la fissarono con sguardi maliziosi e la paura che qualcuno di loro la potesse toccare la fece correre fino alla sua camera dove si lancio sul letto e dove poté piangere e urlare, per sfogarsi dopo quello che aveva subito.

CelesteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora