Non lo so, non respira

2.6K 118 12
                                    

Anna's pov

«sei un cretino» mi sforzai a dire cercando di avere un tono di voce normale.

«lo so..» disse lui senza fare obiezione alle mie parole, non che potesse in realtà.

Sospirò e chiuse per qualche secondo gli occhi, prendendo poi il mio viso tra le mani.
Non volevo litigare più di quanto non lo facessimo già, ormai passavamo pochissimo tempo insieme e avevo ben costatato che lo trascorrevamo solo a litigare, come se già non fosse abbastanza.
Nonostante ciò non volevo starmene muta e stare ai suoi giochetti, doveva capire che stava sbagliando.

«non mi hai detto niente quando ti sei fidanzato, ormai la promessa che mi avresti considerato come al solito è andata a puttane, mi tratti come se fossi indifferente a tutto..
A che posto sono scesa nella scala delle persone importanti, niccolò?» chiesi mordendomi il labbro per non piangere davanti ai suoi occhi.

Con i pollici asciugò le lacrime sulle mie guance e le accarezzò subito dopo col suo solito tocco leggero.

«sei sempre la mia bimba preferita» mi rispose accennando un sorriso e dando spettacolo delle sue bellissime fossette ai lati della bocca.

«le bambine hanno bisogno di attenzioni, però» precisai abbassando lo sguardo.

Iniziò a lasciare umidi baci sulle mie guance, poi sulla mia fronte.
Era decisamente una dolcissima tortura, ma non gliel'avrei mai ammesso.
Quei contatti ravvicinati che prima mi sembravano essere quotidianità, per me erano arrivati ad essere momenti rari, e per questo cercavo di godermeli quanto più possibile.
Proprio nel momento in cui mi alzai sulle punte per baciarlo sulla guancia, lui alzò il collo.

«sei troppo alto.» commentai io imbronciandomi.

In effetti non era poi chissà quanto alto, ma io in confronto a lui ero almeno dieci centimetri in meno se non volevo diminuire le dosi, e quindi probabilmente ero l'ultima ad avere voce in capitolo.
Appena si abbassò, approfittai del momento per lasciargli quel maledetto bacio.

«come va a scuola?»mi chiese prendendo la mia mano.

Iniziammo a camminare e gli raccontai qualsiasi cosa importante mi fosse successa negli ultimi tempi, nonostante tutto avevamo parecchio di cui parlare.

«Giacomo mi sta attaccato come una cozza» dissi io sbuffando.

«che vuole mo?»

«continua a cercare di conquistarmi, messaggini dolci e falsi, bel faccino, cazzate così» risposi alzando le spalle.

«tanto sa che sei mia» disse il moro con un sorriso fiero in volto.

Alzai gli occhi al cielo e mi limitai a non controbattere, non sia mai.
Niccolò era sempre così con me, anche se ero solo la sua migliore amica, era maledettamente geloso nei miei confronti.
Chissà però a cosa si riferiva con "Mia"..

-

«Anna, il telefono»

Sfilai il telefono dalla mia tasca e risposi, senza neanche guardare chi mi avesse chiamato.
Non ci misi molto a riconoscere la voce di mia madre, ma non era la stessa voce di sempre.
Potevo confermare che avevo visto mia madre piangere veramente poco nella mia vita, le volte in cui si lasciava sfuggire una lacrima si contavano sulle dita di una mano.
E proprio per questo quando me la ritrovai al cellulare che ripeteva il mio nome strozzato dalle lacrime mentre piangeva, provai una forte ansia nel petto che non riusciva a lasciarmi stare.

«mamma che succede!?» domandai totalmente allarmata.

«zia, tua zia, lei..»

Il suo respiro era totalmente irregolare, si vedeva dal fatto che faticava anche nel concludere una semplicissima frase.

«è? è cosa?» chiesi io bloccandomi di scatto, avevo una brutta sensazione che stava occupando tutto lo spazio che avevo nella mente trasformandolo in paranoie..

«io.. non lo so, non respira»

Erano bastati solo pochissimi secondi, il tempo necessario per pronunciare quelle poche parole, che credetti di essere io quella che non riusciva più a respirare.
Il telefono scivolò dalle mie mani mentre attaccai la telefonata, come se fosse stato automatico.
Sentivo le gambe molli, la gola seccarsi, la vista offuscata e la testa che girava..
Non riuscivo a capire a pieno i miei movimenti, ma sapevo solo che ad un certo punto le gambe non mi ressero più, e probabilmente si sarebbero andate a scontrare con l'asfalto del marciapiede se non avessi avuto Niccolò pronto a reggermi.
Sentii proprio lui che mi stava chiamando, che cercava di reggermi in piedi, ma era l'ultimo dei miei pensieri.
Quel pilastro della mia vita, che era sempre riuscito a tirarmi in piedi, era crollato tirandosi me dietro.
O anzi, magari mi avesse portato con sé.
Nel preciso istante in cui mia madre mi aveva fatto ben capire che mia zia mi aveva lasciato, non era stato il mondo a crollarmi addosso, ero stata io a crollare.
Fino a quel momento, le mie labbra erano rimaste socchiuse per lo shock, mente gli occhi erano sbarrati verso un punto indefinito.
Due braccia mi presero a mò di principessa, poggiandomi su una panchina dei dintorni.
Tutto quello che riuscii a pronunciare fu"zia Eleonora", nulla di più.
Molta gente mi guardava, dubbiosa, in pena, ma nessuno avrebbe mai potuto decifrare il dolore che si era fatto troppo velocemente spazio in me.
Quel dolore atroce che pensavo avrei provato ai miei novant'anni, o forse mai..
Quel dolore era arrivato troppo presto, era arrivato quando avevo una vita davanti da passare con lei, quel dolore aveva preso il suo posto senza pietà.
Quante volte avevamo fantasticato sul mio diciottesimo, quante volte mi aveva detto che il primo fidanzato l'avrebbe conosciuto per prima, quante volte avevo pensato che sarebbe stata lei la testimone del mio matrimonio, che avrebbe stretto tra le sue braccia i miei futuri figli..
Tutta la mia vita davanti si era spenta, era diventata un enorme buco nero con grandi fessure al suo interno.
Così mi sentivo, vuota con squarci così grandi da sanguinare fino allo sfinimento

Vivere Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora