Tu mi ami? Non credo ormai

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Anna's pov:

Ero certa di quello che avevo visto e di quello che avevo davanti, eppure avrei voluto che fosse tutto uno stupidissimo scherzo, che da qualche parte spuntassero i nostri amici e mi urlassero "sorpresa" come se fosse uno scherzo per il mio compleanno.
Sentii lo stomaco contorcersi e non riuscivo neanche a dire una parola, ma cosa dovrei dirgli?
È incredibile come non riesca a parlare ma a piangere, solo che in quel momento lo stavo facendo silenziosamente, come se volessi solo scomparire.
E in effetti io volevo davvero scompare, diventare invisibile e scappare lontano da chiunque.
Mi sentivo fuori posto, ingenua, maledettamente stupida e ferita, assolutamente ferita.
Ero andata lì per scusarmi, sapevo che c'era qualcosa che non andava, ma invece di scannarmi con lui avremmo dovuto parlarne come persone civili.
Certo, anche lui aveva fatto la sua parte per farmi incazzare, ma avrei preferito mille volte essere ignorata che scoprire di un tradimento appena compiuto quasi sotto i miei occhi.
Com'è possibile che io sia ancora viva se il mio cuore si è rotto così tante volte da perderne il conto?
Così tante volte e su tre quarti dalla stessa persona, la quale mi faceva stare nettamente in bilico.
In bilico perché lui era la soluzione ai miei problemi, la cura alla maggior parte delle mie ansie, paure e paranoie, ma era anche la causa per cui i miei sentimenti erano appesi ad un filo molto sottile.
Un filo che però in quel momento aveva ceduto, si era spezzato e forse nessuna magia l'avrebbe ricostruito.

«Anna..» sentii pronunciare mentre lui si avvicinava a me.

Lo guardai e per una volta non avevo paura dei suoi occhi, lui però sembrava averne.
Forse perché vidi il mio sguardo traforargli anche l'anima mentre lo fissai, ma non diedi più di tanto peso a questo pensiero.
Sapevo che i miei occhi si erano già leggermente arrossati, sapevo che le mie guance in quel momento erano totalmente bagnate, ma sapevo anche che ora sul petto avevo un vuoto così grande che ci sarebbe entrata l'intera umanità.
Mi sentivo così, svuotata.
Svuotata perché avevo dato tutta me stessa a lui, avevo concesso a lui ogni concetto di "prima volta" nella mia vita.
Il primo vero bacio, il primo amico maschio, il primo fidanzato...
Lui però aveva deciso di non dare un peso a tutto questo mentre stava con quella ragazza dai capelli neri, ed ecco che mi sentii probabilmente in colpa per tutto.

«voglio andare a casa..» sussurrai con una voce così bassa che mi sentì a mala pena lui.

Sembrava sorpreso dalla mia richiesta, ma cos'avrei dovuto fare?
Sicuramente avrei preteso delle spiegazioni, inutili ovviamente, ma spiegazioni.
Poi dove sarei dovuta andare?
Avevo sedici anni, casa mia si trovava a duecento chilometri di distanza e non conoscevo neanche un bar lì in mezzo.
Quella frase però era l'ennesima dimostrazione del fatto che in confronto a lui fossi maledettamente una bambina.
Una bambina che vuole sua mamma quando si caccia nei guai, che vuole tornare a casa quando non si sente a suo agio in un luogo, e io li in mezzo non ci entravo un bel niente.

-

Eravamo tornati a casa, nel viaggio in macchina stetti tutto il tempo rannicchiata dal lato opposto del sedile, non volevo neanche guardarlo.
Una volta saliti in casa invece, senza neanche degnarlo di uno sguardo mi precipitai in bagno.
Mi guardai per un secondo allo specchio e mi trovai a chiedere a me stessa come mi ero combinata.
Il mio riflesso nello specchio era distrutto, letteralmente.
Non mi era rimasto nulla, assolutamente nulla di mio.
Qualsiasi cosa avessi apparteneva anche a lui, e fino a poche ore fa non era per nulla un problema.
Il mio carattere? Ormai sapeva come giocarselo, si era abituato.
Le mie emozioni? Aveva il controllo totale.
Il mio corpo? Io a stento mi guardavo allo specchio, sarà stato più volte lui a guardarlo e sfiorarlo che io probabilmente.
Cosa mi era rimasto di me? Niente, solo un grandissimo dolore nel petto che non voleva andarsene.
Forse però qualcosa c'era ancora..
Uscii dalla porta e lo raggiunsi in camera, stava seduto con le mani tra i capelli e sembrava volerseli strappare.
L'unica cosa che forse avevo ancora in piccolissime dosi, era l'indifferenza.
Quando qualcuno mi feriva per me diventava inesistente, invisibile, perdeva totalmente il posto che aveva nella mia vita, e se fossi voluta andare avanti allora avrei dovuto usare quel lato del mio carattere anche con Niccolò.
Lo guardai delusa, ferita, amareggiata, forse anche con un pizzico d'odio, per poi aprire l'armadio e tirar fuori le mie cose.

«Anna ti prego..» pronunciò con una voce totalmente inclinata e rotta dal pianto.

«hai qualcosa da dire per caso? Perché non torni in quel locale del cazzo e mi lasci in pace?»

«perché ti amo» sussurrò prendendomi le mani, le quali io lasciai subito andare.

«tu? tu mi ami? Non credo ormai, o almeno non ci credo più»

«no, tu devi credermi, non puoi pensare che non ti ami, ti prego» mi disse tuffandosi tra le mie braccia.

Piangeva nell'incavo del mio collo come un bambino piccolo, aveva le braccia torno alla mia vita e mi stringeva così forte che temevo potesse farmi sregolare a breve.

«non so più niente a questo punto, ma forse una cosa sì.
So solo che ti sei preso tutto di me, qualsiasi cosa, e non dovevi.
Non dovevi perché non sei stato in grado di tenerti tutto questo, quindi non spettava a te.
Non spettava te essere il mio primo ragazzo, non spettava a te qualsiasi passo della mia vita io ti abbia concesso, spettava ad una persona che mi avesse amato davvero, chiunque essa sia, ma ormai ti sei preso quello che volevi.»

«Anna io ti amo, io ti ho sempre amata e continuerò a farlo, non pensarla e non dirla neanche una cosa del genere, perché se tu non ti fossi sentita pronta a stare con me io ti avrei aspettata una vita intera.
Se hai fatto qualsiasi passo vuol dire che lo volevi davvero..»

«si, lo volevo davvero, volevo davvero crescere con te e ricordarmi di quando, pur essendo solo una bambina, io abbia sempre amato solo te, ma non credo di volerlo più adesso»

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