Anche qui, sempre

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Anna's pov:

«questo allora? Come ti sembra?»

«non so, è un appartamento minuscolo»

«Niccolò siamo in due non in dieci, non ti serve una villa a cinque piani!»

«lo so, però questa qua non mi convince, ecco»

Sospirai arresa e spinsi ancora una volta in lontananza l'ennesimo catalogo che l'agente immobiliare ci aveva proposto, era almeno il quinto che sfogliavamo.
Al quanto pare non sono le donne quelle difficili, Niccolò era in pratica indeciso su qualsiasi appartamento gli si parasse davanti.
Io decisi di lasciar scegliere a lui, infondo la casa era pur sempre sua.
Erano passati circa due mesi da quando Niccolò mi informò della sua proposta lavorativa, ci trovavamo quindi nel bel mezzo del caldo, metà agosto.
Ero andata diverse volte nel locale in cui lavorava, e si, si stava davvero bene come lui mi raccontava ogni volta che tornava da una serata passata lì a dare spettacolo della sua voce.
Io me ne stavo ad uno dei tanti tavoli con Priscilla, ma per lo più occupavo il mio tempo a sentire le canzoni che il mio ragazzo cantava, semplici cover, ma con la sua splendida voce sembravano poesia.
Quella mattina però, mi svegliò contento al massimo, continuava a scuotermi tra le lenzuola e lasciava baci sul mio viso sperando che aprissi gli occhi al più presto.
Al quanto pare i genitori di Niccolò erano d'accordo con la sua scelta di andare ad abitare altrove, dopotutto ad un mese dai suoi diciannove anni doveva pur responsabilizzarsi.
Io invece che avevo a stento sedici anni, mi sentivo maledettamente una bambina mentre lui mi annunciava contento che quel giorno stesso avremmo scelto la nostra casa.
Lui continuava a chiamarla così, nonostante io avrei fatto il nulla per renderla mia, ma al quanto pare a lui bastava avermi lì.

«le va di guardare qualche appartamento dentro dei condomini magari? I palazzi che le ho mostrato arrivano massimo al secondo piano, da come lascia intendere le piacerebbe una casa più isolata, più tranquilla..» propose il ragazzo che c'era dall'altro lato della scrivania.

Niccolò annuì e guardò con attenzione tutti gli appartamenti che gli capitavano davanti, erano tutti già ben arredati e mancavano solo gli oggetti personali, infondo non avevamo chissà quale età per avere buon gusto nella scelta dei mobili partendo da zero, una casa già arredata sarebbe stata meglio.
Osservò per svariati minuti ancora quelle pagine, finché finalmente spuntò un mezzo sorriso sul suo volto.

«questa qui?» propose porgendomi il catalogo.

Era un appartamento al quinto piano, anche l'ultimo del palazzo.
Non era chissà quanto grande, neanche troppo piccolo, quegli spazi sembravano essere perfetti per non farti sentire spaesato e neanche chiuso in una piccola gabbia.
I colori dominanti della casa erano il beige e il bianco, due colori semplici e che non andavano chissà quanto nell'occhio.
La cucina era divisa dal salone con una semplice arcata, c'era una camera da letto matrimoniale abbastanza spaziosa e con un enorme letto dalla tastiera bianca dai mille particolari.
Per il resto c'erano altre due stanze, un bagno e un'altra piccola camera con un letto a una piazza, avessimo avuto trent'anni sarebbe sicuramente stata la camera per un bambino, ma in quel momento era l'ultimo dei nostri pensieri.

«si, direi che è perfetta» dissi lasciando che Niccolò sorridesse contento e posasse ancora lo sguardo su quello che sentivo sarebbe stato il nostro rifugio dal mondo.

-

«Si mamma, hai controllato venticinque volte tutto l'appartamento, non ho scordato a casa niente e c'è tutto: i cinque servizi di piatti, posate e bicchieri che mi hai obbligato a portare, qualsiasi tipo di indumento che non sapevo neanche di avere, lenzuola, piumoni, asciugamani e non morirò di fame, hai fatto una spesa per un uomo che sta per andare in guerra» sentii dire con tono abbastanza scocciato dal mio ragazzo.

La madre di Niccolò era stata in pratica due giorni interi per aiutarci a sistemare qualsiasi cosa avesse bisogno suo figlio, avevamo anche assistito a qualche lacrima sul suo viso mentre l'aiutavo a cambiare il lenzuolo e le federe dei cuscini, al quanto pare le doleva accettare che "il suo bambino" fosse cresciuto.

«promettimi che farai il bravo, ricordati che ci metto cinque minuti a piedi per tirarti una ciabatta dietro!
Ah e non far uscire di testa quella santa ragazza, non so come abbia fatto ad accettare di abitare solo con te!»

«ho capito, ho capito, ciao mà»

Pochi secondi dopo la porta principale si chiuse, tutto era sistemato e ancora non riuscivo a crederci.
Raggiunsi Niccolò in cucina e lo abbracciai da dietro, quello era il primo istante in cui ci ritrovavamo da soli nella sua nuova casa, o nostra più o meno.

«amore mio» disse allungando la lettera finale e rigirandosi tra le mie braccia.

Mi prese il viso con una mano e fece scontrare le nostre labbra, dando vita ad uno di quei piccoli baci che riescono a scaldarti il cuore con poco.

«sembri un bambino la mattina di Natale» gli dissi senza neanche badare alle mie parole, anche se non avrei potuto dire nulla di più vero.

«si, perché tu sei qua con me, solo con me anzi» mi rispose facendo scontrare la punta del suo naso col mio.

«io sono sempre con te, anche quando siamo a duecento chilometri di distanza.
Io sono qui» Pronunciai prendendogli una mano e portandola sulla parte sinistra del suo petto.

«anche qui, sempre» aggiunse lui indicandosi la testa, io quindi sorrisi intenerita e non potetti fare a meno che alzarmi sulle punte e baciare con delicatezza le sue labbra.

Quel momento romantico venne interrotto appena sentii un pizzicotto sul mio gluteo, al che cacciai un urletto dallo spavento e mi allontanai di poco dalle sue labbra.

«che c'è?» mi chiede tenendo ancora la mano ferma nel punto in cui aveva deciso di darmi quel pizzicotto fastidioso.

«c'è che con questa testa bacata pensi solo ad una cosa!» dissi puntandogli un dito contro e assottigliando gli occhi.

«a te» rispose però facendo spallucce e tornando a baciarmi.

«poi ci sono diversi collegamenti che associo a te nella mia testa, ma questo è un altro conto» aggiunse sorridendo amaramente sulle mie labbra.

Io gli assestai un piccolo pungnetto sul sull'addome, prima di esser presa di peso per le cosce ed essere scortata in camera.

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