Helen mise piede ad Hogwarts insieme a Bill e altri membri dell'Ordine della Fenice, si trovò catapultata in una battaglia senza nemmeno rendersene effettivamente conto. Uno studente, Draco Malfoy, che lei ricordava bene, aveva usato un armadio svanitore, collegato al negozio Magie Sinister, per far entrare nella scuola dei Mangiamorte. Gli studenti erano in pericolo e il loro compito era quello di difenderli. Helen non avrebbe mai permesso a quegli orribili e spietati mostri di distruggere quel castello, nè tantomeno di sfasciare, sconvolgere la vita di qualcun'altro, così come avevano fatto con la sua, portandole via la madre. Sentiva di avere una grossa responsabilità gravare sulle sue spalle, tuttavia, sapeva in cuor suo di essere pronta a portare questo fardello chiamato "Giustizia". Stare dalla parte di Silente, voltare le spalle all'oscurità, combattere a fianco delle persone che amava; non avrebbe desiderato sorte migliore. Correva tra i corridoi, schivando colpi a destra e a manca, cercava di appellarsi ai riflessi, alle capacità, che aveva imparato ad acquisire durante tutta la sua permanenza nella stessa scuola e che aveva poi affinato in quei mesi di addestramento come Spezzaincantesimi. Si guardò attorno, c'erano quasi tutti: Bill intento a difendersi dai colpi di un Mangiamorte con dei denti affilati, che Helen riconobbe essere Fenrir Greyback, uno spietato lupo mannaro la cui faccia era impressa su tutte le foto segnaletiche. Adeline e Jacob si guardavano le spalle a vicenda, ormai erano una coppia, non solo in battaglia. Parevano anticipare e prevedere l'uno le mosse dell'altro, come se avessero sempre combattuto assieme, fianco a fianco.
Avrebbe voluto averla rincontrata in circostanze diverse; l'accademia degli auror l'aveva cambiata molto, ma non aveva mai visto la sua migliore amica così felice, al pari di quando aveva rivisto suo fratello dopo quasi un anno; poteva solo immaginare la gioia dello stringersi, del non essersi persi, d'altronde anche lei, provava esattamente le stesse sensazioni con Charlie. Questi stava affrontando, affiancato dalla signora Weasley, un altro mago con un naso adunco e dei capelli corti e neri, che sentì chiamare da Molly, Amycus Carrow. Una strega bassa, con una capigliatura folta e intricata, stava salendo le scale in direzione della Torre di Astronomia, divertendosi, intanto, a distruggere tutto ciò che incontrava lungo il suo cammino.
Helen decise di seguirla, doveva cercare di fermarla, o quanto meno rallentarla. Impugnó la sua bacchetta e si fece coraggio, conosceva differenti diversivi per bloccare la sua avanzata, sperava di guadagnare tempo, distrarla, in modo tale che non avesse potuto nuocere ad alcuno studente; era di questo che Helen si preoccupava. Sapeva fin troppo bene cosa volesse dire perdere qualcuno per mano di un Mangiamorte.
«Dove credi di andare, lurida biscia»
Helen s'irrigidí di colpo. Aveva riconosciuto la voce, la conosceva fin troppo bene, tagliente e appuntita come la lama di un coltello. Si voltó, ritrovandosi Erika Raylee alla sinistra, mentre avanzava lentamente in sua direzione, rigirandosi la bacchetta tra le mani. Un ghigno stampato in volto le conferiva un aspetto ancora più odioso del normale.
«Ciao Erika» disse, stringendo la presa attorno alla propria bacchetta. Si stava preparando ad uno scontro, era inevitabile che si verificasse. Sarebbe stato diverso dai soliti duelli scolastici, la Raylee non avrebbe avuto nessuno a imporle limiti, d'altronde, neanche quelli l'avevano fermata quel giorno alla Riserva; se non fosse stato per Charlie, Helen avrebbe riportato danni davvero gravi, permanenti, forse incurabili. Notó quanto fosse cambiata, anche fisicamente. Indossava un pantalone nero, con una maglia del medesimo colore; i suoi capelli erano cresciuti rispetto a come li ricordava, li teneva raccolti in una coda, che lasciava scoperto il viso spigoloso della mora. Sembrava essere ancora più alta, forse anche a causa degli stivali che portava.
«INCENDIO!»
Erika continuó ad avvicinarsi, puntando la bacchetta contro di lei, mentre una scia di fiamme e calore divampava da quest'ultima.
Helen parava e scansava i colpi, indietreggiando, fino a toccare il muro con le spalle. La Raylee rise.
«Sei sempre stata debole, Clark» sputó lei, con il solito disprezzo che le apparteneva.
Continuava a proteggersi, guardandosi attorno, in cerca di una via di fuga. Vide poi, tra le macerie delle pareti colpite prima dall strega con i capelli neri, un masso di modeste dimensioni. Lo sollevó, lanciandolo contro la Raylee, che per scansarlo, abbandonó per un attimo Helen, la quale trovó il tempo necessario per recuperare spazio.
«Depulso!» esclamó, approfittando del momento di distrazione di Erika, la quale, rinsaví immediatamente, pronunciando un 'Protego' e ridendo sonoramente, subito dopo.
«Tutto qui, moscerino? Questo ti hanno insegnato alla Gringott? Che delusione» la scherní la mora.
Helen sentiva la rabbia ribollirle dentro e questo le fece perdere la lucidità necessaria da non riuscire a difendersi dallo 'Stupeficium' scagliatole contro dalla Raylee. Quando il lampo rosso la investì, lei sentì qualcosa attutire il colpo, facendola semplicemente indietreggiare di qualche metro, piú che scagliarla al suolo, priva di sensi, come avrebbe immaginato.
Toccó il punto esatto in cui la scia luminosa l'aveva colta, stringendo la stoffa tra le mani.
Il mantello scudo.
Fred e George l'avevano, inconsapevolmente, salvata da morte certa. Questo le infuse sicurezza, forza. Raccolse tutta la determinazione e il coraggio che possedeva, rivolgendo la sua bacchetta verso la Raylee. Non le avrebbe permesso di stenderla, nè di trionfare. Era diventata una sporca Mangiamorte, una strega malviagia, non meritava indulgenza da parte sua.
«Expelliarmus!» pronunció l'incantesimo con tutta la potenza che avrebbe potuto mettere nella voce. Vide la bacchetta della mora volarle via dalle mani, con stupore della ragazza, che ora era immobile, dinanzi a lei, con la bocca socchiusa, disarmata.
Helen si camminó verso di lei, tenendo il braccio teso, pronta a riattaccare, se fosse stato necessario.
«Perchè ti sei unita a loro?» chiese, non abbassando la guardia. Non sapeva se si stesse preoccupando per lei o fosse semplice curiosità.
«Io mi schiero sempre dalla parte dei vincenti, sporca traditrice del tuo sangue!» rispose la Raylee sprezzante. Avrebbe voluto colpirla, senza esitazione, senza pietà, come lei avrebbe sicuramente fatto, nel caso i ruoli fossero stati invertiti. Ma era proprio questo il punto: Helen non era Erika, non era una Mangiamorte e mai lo sarebbe stata. Non voleva ribassarsi ai suoi livelli, non era quel tipo di strega.
«Lo vedi questo?» continuó la mora, scoprendosi il braccio, su cui era impresso il Marchio Nero. «Sai cosa significa questo, Clark? Immagino di no, come potresti» sogghignó con astio.
«Questo è il simbolo della cattiveria, della malvagità, della morte!» ribattè lei con la voce leggermente tremante, continuando a stringere la bacchetta, ancora puntata verso la Raylee, trasmettendosi sicurezza.
«Sbagliato» fece un sospiro, come se stesse cercando di mantenere la calma «Questo è il simbolo della purezza, cara la mia signorina sono-disgustosamente-innamorata-del-dragonologista» rise, mentre Helen sentiva di non riuscir più a controllarsi, l'avrebbe schiatantata da un momento all'altro.
«Questo è il simbolo della rinascita, del mondo che costruiremo, senza Babbani o schifosi traditori come te» aggiunse lei, fiera.
Helen stava per ribattere, quando sentí dei passi provenire dal corridoio alle spalle di Erika. Accorse una donna, che afferró la Raylee per un braccio.
«Dobbiamo andare ragazza!» esclamó, con una vena di entusiasmo sulla voce. Non sembrava nè scossa, nè allarmata, non mostrava alcuna preoccupazione e ció fece gelare il sangue ad Helen. Era una Mangiamorte anche lei, lo notó dal marchio che portava sul braccio.
«È morto! SILENTE È MORTO!» continuó, facendosi sfuggire una risata isterica poco dopo.
Helen rabbrividì, si sentì venir meno le gambe, come se il pavimento le fosse crollato sotto i piedi, non reggesse piú il suo peso. Vide la Raylee raccogliere la propria bacchetta, rivolgendosi nuovamente a lei.
«Hai sentito Clark? Ora chi vi proteggerà?»
Helen non riusciva a proferire parola; una serie di pensieri le vorticavano nella mente, formavano turbini. Non riusciva a credere alle proprie orecchie, non poteva essere possibile, stavano mentendo.
Sentì lo stomaco contrarsi e un senso di nausea, accompagnato da una fitta a livello dell'addome.
Erika rideva. Le scaglió contro un altro schiantesimo, che riuscì a parare, non seppe con quale forza, vedendo poi le due donne correre via, percorrendo a grandi passi il corridoio che conduceva all'uscita.
«Helen!» Adeline la raggiunse, poggiandole una mano sulla spalla. Non seppe dire se il richiamo dell'amica fosse stato un urlo disperato o altro, ma non ci fu tempo per chiederselo. Era certa avesse sentito anche lei; era certa sapesse che il loro amato preside fosse morto.
Non era possibile.
La mora la strinse forte, cingendola da dietro.
Poi guardarono negli occhi, entrambe in procinto di scoppiare a piangere, senza proferire parola.
Ogni lettera sembrava essersi fermata alla gola.
Ogni parola si sarebbe tramutata in urlo.
Dal cortile della torre di astronomia, le grida e i lamenti di Hagrid colmavano la notte, disturbavano le stelle, stracciavano il firmamento, riducendolo a pezzi.
Le due ragazze rimasero lì, con le gambe tremanti, ad ascoltare quel lamento straziante, senza avanzare un passo, senza dirsi nulla.
Avrebbero voluto assistere a quella scena per crederci, ma avrebbero voluto evitarlo per sperare fosse tutto un sogno.
Albus Silente ora riposava altrove. Li aveva lasciati anche lui.
Ma chi aveva avuto il coraggio di ucciderlo?
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Omnia Mutantur
Fanfiction[AN HARRY POTTER SPIN-OFF] Tutto cambia, niente muore. (Tratto dal testo) «Di fronte al vero amore dobbiamo essere nudi, cioè sinceri ed autentici, pronti a donarci interamente, affinchè riesca ad emergere la parte migliore di noi.» fece una breve p...